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“MANCANZE” DI ALESSANDRO FO

“MANCANZE” DI ALESSANDRO FO

Nello sguardo di un suo personaggio (e nella propria scrittura) Antonio Pizzuto vedeva «qualcosa prossima alla preghiera, che dei voli è l’estremo». Me ne son ricordato scorrendo Mancanze (Einaudi), con il quale Alessandro Fo festeggia le nozze d’argento con la poesia (il suo esordio risale infatti al 1989, sotto le insegne dell’indimenticabile Vanni Scheiwiller, con la breve silloge Le cose parlano, ospite di 7 poeti del premio Montale), suggellato dall’ascensione di un palloncino «fatto a coniglio blu». Il tema della preghiera riconduce alla fase ‘religiosa’ della poesia dell’autore, annunciata nella sezione conclusiva del gemello Corpuscolo (Einaudi, 2004), quel Libro d’oro che ora costituisce, con incremento di undici ‘pezzi’, l’anta sinistra di un trittico completato al centro dal quadro musicale e modicamente profano di Il tono blu (variazioni Chopin) e a destra dalle variegate Figure d’angeli (il collegamento Continua a leggere →

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LE POESIE DI MARCO TORNAR

LE POESIE DI MARCO TORNAR

La pubblicazione del volume Poesie Edite (1980-1992) di Marco Tornar presso le Edizioni Tabula Fati intende recuperare e riproporre la produzione dell’autore precedente a La scelta, silloge che — edita nel 1996 da Jaca Book nella collana “I Poeti” — costituì per il poeta pescarese una sorta di consacrazione ufficiale, sancendone definitivamente l’inclusione nel novero delle più importanti voci poetiche della sua generazione. Marco Tornar, nato nel 1960, era stato poeta precocissimo: la prima plaquette di versi, Il segreto, è del 1981, e addirittura le sue prime pubblicazioni (come Enrico Carlo Ciancetta, il suo nome all’anagrafe) risalgono a quando aveva diciotto anni, quindi al 1978 — l’anno de La parola innamorata, l’antologia feltrinelliana che in qualche modo definì una nuova Continua a leggere →

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ANTICLIMAX DI LUCA CANALI

ANTICLIMAX DI LUCA CANALI

Ricordi a brandelli e ossessione di esistere. Nel duplice dramma Luca Canali ha sempre convissuto con la propria esaltante consapevolezza di essere un testimone in perenne viaggio. Capace di attraversare la violenza brutale del mondo contemporaneo e di descrivere da sapiente navigatore anche l’universo degli antichi Romani. Imbattendosi costantemente nel mostro orrendo della morte da sconfiggere o narcotizzare tramite una lucida autoironia. Con questa visione materialistica del procedere Luca Canali, classe 1925, giunge ora con leggerezza di scrittura alla silloge Anticlimax (Biblioteca dei Leoni, pp. 96, € 12) nel quotidiano tentativo di trovare un equilibrio fra realtà alienante e lucida follia. Traccia dopo traccia Luca Canali descrive le diverse trasformazioni, condannato a dolore, angoscia, infelicità, deperibile essenza, universale corruzione, decomposizione imminente. Non a caso il titolo stesso del Continua a leggere →

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ALBERTO MARIO MORICONI L’INCENDIARIO

ALBERTO MARIO MORICONI L’INCENDIARIO

È stato definito «il poeta più originale del nostro secondo Novecento» (Cesare Segre), che «sfugge a ogni possibilità di inquadramento nel panorama della poesia novecentesca» (Elio Gioanola), la cui «sperimentazione di grande originalità nel panorama del nostro Novecento non ha molti esempi che le si possano avvicinare» (Giorgio Patrizi) e il cui linguaggio «ridefinisce i confini del genere “poesia”» (Niva Lorenzini). Alberto Mario Moriconi, che è scomparso nel 2010 a novanta anni, ci ha lasciato in eredità un’esperienza straordinaria e inimitabile di poesia che mescola la più viscerale stratificazione colta a umori solfurei nella formula di una luciferina energia intellettuale di matrice illuministica. Un procedere ironico che si può vedere nelle righe che dedica alla sua vita di poeta (in Vita becera del poeta, da Un carico di mercurio): “Meno / la vita becera / del poeta, / mi tengo il ceffone / o mal lo Continua a leggere →

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I CIELI DI CLAUDIO DAMIANI

I CIELI DI CLAUDIO DAMIANI

 

Leggo da tanti anni i versi di Claudio Damiani, che ha da poco pubblicato, in omaggio a Beppe Salvia, giovane poeta precocemente scomparso più di trent’anni fa, Cieli celesti (Fazi Editore, pp. 163, 18 euro), e ogni volta sono sorpreso dalla loro tenera freschezza, e autosufficienza, come quella, evangelica, dei gigli nei campi. Resta in testa un’armonia del creato che gli arcigni maestri del recente passato ci avevano fatto dimenticare, come se fosse perduta. Si può scrivere una poesia sui gatti che ti guardano mangiare e ti capiscono nel profondo più dei filosofi che ti vorrebbero interpretare? Sì, è possibile. Come anche scriverne un’altra sugli alberi che non possono parlare ma sanno tante cose che noi neppure immaginiamo. E un’altra ancora sul «chiacchiericcio concitato» degli uccelli che d’autunno si radunano e si preparano per partire. Il Soratte oraziano, nel suo riferimento assoluto quasi fuori dal tempo, è sempre Continua a leggere →

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LE RAGIONI DELL’ARTE SECONDO VITTORIO COZZOLI

LE RAGIONI DELL’ARTE SECONDO VITTORIO COZZOLI

Nella bandella che firma in seconda di copertina, Paolo Ruffili parla di Dunque, l’Arte che vuole? (Biblioteca dei Leoni) come di “una novità assoluta nel panorama della poesia contemporanea”. Definizione che mi convince, sì, ma solo a metà, perché a dirla com’è, non è solo quest’ultimo nato di Vittorio Cozzoli a essere una novità assoluta nel panorama della poesia contemporanea, ma l’opera intera di Vittorio Cozzoli, o perlomeno la più recente: diciamo quella che s’incontra leggendo le maggiori prove pubblicate nell’ultimo decennio da questo outsider della bassa cremonese che da più di quarant’anni, in realtà, beve e assimila visioni da linfe che risulterebbero urticanti a quasi tutti i poeti “laureati” o à la page, lavorando a una sua idea inattuale del “fare poesia”, nell’ombra della società letterata, in quieta, fidente attesa del giudizio dei tempi lunghi o ultimi, che è quello che conta per lui e dovrebbe Continua a leggere →

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LA POESIA DELLA SETTIMANA

Valentino Zeichen

MI RIPETO …

La chiave gira nella toppa
simile a un apriscatole e
scoperchia la latta.
È l’amica che apre
e mi sorprende a letto
con un’altra donna.
Guarda e sì ritrae
come in presenza
d’un cibo avariato.
Piange e richiude
la porta metallica.
Mi ripeto…
il mio Cuore è sempre stato
come la porta girevole
d’un albergo a ore
dove si poteva entrare
e pernottare a piacere
ri-uscire in incognito
e senza rimpianti.
Ora
vorresti istallare
una porta nel vuoto
e mettere una serratura
di marca all’aria?

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LA POESIA DI PASQUALE DI PALMO

LA POESIA DI PASQUALE DI PALMO

A dieci anni di distanza dal precedente Marine e altri sortilegi, Pasquale Di Palmo pubblica una nuova, compiuta raccolta con un titolo che difficilmente potrebbe dirne meglio il tema e la scansione, la compresenza delle figure rappresentate e l’inevitabile rilievo di una centralità: “Trittico del distacco” (Passigli, prefazione di Giancarlo Pontiggia, postfazione di Maurizio Casagrande,). Centrale è il luogo doloroso dove il padre del poeta vive il declino della sua vita, la perdita della memoria, del corpo e dello spirito: una via crucis che lo sguardo del figlio segue attraverso le sue stazioni con occhio lucido e pietoso, con tenerezza e malinconia. Ed è una malinconia che si lega a un senso acuto del tempo e a un ordine delle cose che prevede “sommersi e salvati”, e la scrittura di Di Palmo si sofferma essenziale su chi non ha più voce, o ne conserva una parvenza ormai inabile, così come conserviamo un corpo che gli anni corrompono. Essenziale, e si vorrebbe dire antiletteraria (da parte di un raffinatissimo cultore delle avanguardie letterarie del Novecento, soprattutto francesi, come Pasquale Di Palmo), se questo termine non Continua a leggere →