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BERTOLANI: POETA DEFILATO

 

BERTOLANI: POETA DEFILATO

Paolo Lagazzi dedica un’ampia raccolta di scritti critici all’opera in versi e in prosa di un poeta defilato e marginale come Paolo Bertolani: Quella ricchezza detta povertà (CartaCanta Editore), un felicissimo “ritratto del poeta, dello scrittore e dell’uomo” nel confronto con la terra d’origine, con il suo paese (La Serra di Lerici) e con la sua gente. Lagazzi si era occupato in varie occasioni dei libri di Bertolani, ma qui aggiunge pagine fondamentali agli scritti recuperati nel tempo e, in particolare, la sezione “Lettere, biglietti, cartoline in versi”, un interessantissimo “commento in bilico tra osservazioni testuali e considerazioni personali” dentro i rapporti di profonda amicizia che hanno legato Lagazzi, Bertolani e Bertolucci. Bertolani prediligeva l’uso del dialetto della sua terra e gli si riconosce il dono di saper trasformare in poesia anche gli oggetti e le situazioni quotidiane più semplici e di saper dare dignità ad una cultura povera, materiale, evocativa, contadina, legando il suo cammino poetico ai sentieri della vita e della memoria e a quei valori sociali e umani un tempo trasmessi in modo orale. La sua poetica dà vita ad una lirica ancorata ai temi eterni dell’esistenza, al fluire delle stagioni e della vita degli uomini, al confronto con la morte, attraverso quel suo dialetto della Serra che per lui costituiva l’unica lingua naturale, madre dell’espressione. Di lui Attilio Bertolucci ha detto: “è stato capace di scrivere con un livello raro di integrità e forza; in tempi di crisi del linguaggio poetico che ci ha coinvolto tutti, ha fatalmente scoperto l’erba miracolosa necessaria e che non voglio chiamare medicina. Si trattava della sua lingua materna, quella usata tutti i giorni, ma recuperata andando alle sue origini più remote, ma fatta rivivere da una mente sensibile, capace di arricchirla con esperienze linguistiche fuori del tempo e dello spazio”. E Lagazzi sottolinea: “Bertolani sa accendere la sua lingua coniugando i battiti del proprio cuore, fraternamente, con tutti i volti dell’esistenza: con la pena e la pazienza degli uomini e degli animali, con le scorze delle piante e le rughe della terra, col bene e col male, con la realtà e le illusioni, con la fuga inesorabile dei giorni e il loro resistere nella pozza di luce dei sogni, della pietà, della poesia”.

Paolo Ruffilli

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