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SINISGALLI: TRA DOLORE E PIETÀ

SINISGALLI: TRA DOLORE E PIETÀ

La collocazione di Leonardo Sinisgalli (Tutte le poesie, Mondadori) è quella della poesia degli anni trenta, fra Ungaretti e l’ermetismo. C’è del vero in questa indicazione, soprattutto se la sfruttiamo nel senso giusto: quello della sua particolare presenza o meglio della sua natura di isolato. Sinisgalli non è uno scrittore di professione, viene dagli studi scientifici, ha prediletto per un tempo lo studio della matematica. Qualcosa di questa sua educazione è rintracciabile nel tessuto stesso della sua poesia che, ora a distanza di tempo, sappiamo che è stata sviluppata fra impressioni, chiarezza e un certo gusto ultimo della contemplazione morale dell’esistenza. Se accettiamo questo arco di soluzioni vediamo che al primo lettore per sensazioni della realtà segue un poeta che insegue un discorso molto più ampio e disteso e alla fine troviamo una sorta di giudice costretto a muoversi tra dolore e pietà, fra condanna e pazienza. Il lucano Sinisgalli ha saputo alla fine saldare in un complesso giuoco di riflessi della memoria il suo bisogno tutto moderno di vivere nella città e il segreto richiamo, il costante riferimento alla sua terra d’origine. Spesso questa poesia sembra proporre una svolta nella prosa ma è una pura illusione, Sinisgalli ha tenuto con mano ferma la sua pronuncia delle cose e non è mai uscito dall’autentica ragion di poesia.

Carlo Bo

lapresenzadierato

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