Leonardo Sinisgalli è nato a Montemurro, in Lucania, nel 1908 ed è scomparso nel 1981 a Roma, dove viveva. Laureato in ingegneria, ha lavorato per le grandi industrie come Olivetti e Pirelli. Ha fondato la rivista Civiltà delle macchine (1953-79). Le sue raccolte di versi: Poesie (1938), Campi Elisi (1939), Vidi le Muse (1943), La vigna vecchia (1952), L’età della luna (1962), Il passero e il lebbroso (1970), Mosche in bottiglia (1975), Dimenticatoio (1978), L’ellisse.Poesie 1932-1972 (Mondadori, a cura di G. Pontiggia, 1974). In prosa è autore di Fiori pari fiori dispari (1945) e Belliboschi (1949), poi riuniti in Prose di memoria e d’invenzione (1964), I martedì colorati (1967), Il tempietto (1971), Furor mathematicus (1967), Calcoli e fandonie (1970).

https://it.wikipedia.org/wiki/Leonardo_Sinisgalli

http://www.treccani.it/enciclopedia/leonardo-sinisgalli/

 

POESIE

Grattacielo
Quando rincasavo a sera
c’erano due lumi rossi
agli angoli dello sterrato,
in quel fossato è nato
il grattacielo di Milano,
un piccolo segno di vittoria
per noi apostoli di canoni nuovi
del nuovo vangelo,
me lo trovo impagliato
di fronte all’Albergo Doria
come se io l’avessi innaffiato.
Mi fa ombra sul viso
all’angolo del marciapiede,
dove la fioraia contadina
portava un tempo edelweiss
e narcisi.

16 Settembre 1943
Mia madre diceva il 16 settembre,
poco prima di morire sulla mezzanotte,
che una pulce la pungeva sulla schiena
una pulce pesante come un cavallo.
Una zampa oscura la premeva sul letto.
Mia madre doveva sudare per resistere,
e spirare bocconi, senza aver trovato la forza
di dire una preghiera.
Sono tornati i fiori sulla loggia,
più nessuno li ha innaffiati.
Hanno rimesso i ferri ai puledri
e i giorni si sono consumati.
La brutta bestia miagola ancora
tra le crepe della vecchia casa.
Una sera del mese di agosto
noi stavamo sul terrazzo
a guardare in cielo l’immenso vespaio.
Il vento di agosto che distoglie la pula
dal grano e dà l’ebbrezza ai trebbiatori
incappucciati sulle aie,
e fa splendere le pale sulla paglia,
schiariva ai nostri occhi la speranza
di una pace sudata. Mio padre
si addormentò sulla sedia
al soffio di quell’aria serena.
Mia madre parlò a me che fumavo:
“L’acqua torbida” disse “scorre avanti
all’acqua sincera, il fiume
trascina la verità”.

San Babila
Trascina il vento della sera
attaccate agli ombrelli a colore
le piccole fioraie
che strillano gaie nelle maglie.
Come rondini alle grondaie
resteranno sospese nell’aria
le venditrici di dalie
ora che il vento della sera
gonfia gli ombrelli a mongolfiera.

La vigna vecchia
Mi sono seduto per terra
accanto al pagliaio della vigna vecchia.
I fanciulli strappano le noci
dai rami, le schiacciano tra due pietre.
lo mi concio le mani di acido verde,
mi godo l’aria dal fondo degli alberi.

La civetta della neve
Vengono anch’essi a scaldarsi
accanto al camino vecchi Dei.
Viene intirizzita a chiederci asilo
la civetta della neve.

La tegola è tiepida
La tegola è tiepida,
la creta è dolce.
Per questo va e viene tutti gli anni
la rondine chiostraiola.

Stelle vespertine
O eternamente avverse
e a me sempre dilette
stelle vespertine,
vivide luci su opposti poli!
Vi guardo dall’alto della vigna
nel quieto firmamento
splendere sopra le case del mio borgo
stelle nemiche, stelle
in opposizione.
Mi calma il vostro scintillio, stelle
della promessa e dell’addio.

La più bell’aria
La più bell’aria dell’anno
nel più bel sito,
sull’erba che recinge gli Elisi.
Per una visita ai morti
si è mossa tutta la tribù:
le sorelle saracine, le rosse nipoti.
Trascinammo gatti e cipolle
davanti alla cappella dove giace
la spoglia di mia madre.
Ci sdraiammo come a mensa
intorno al suo corpo disseccato.
Chi prega e chi mangia e chi ti piange
madre. Chi cinge di fiori freschi
il tuo letto di cenere.

Versi per l’anno nuovo
Spazza il vento faville
di focaracci sulla neve.
La candela mattutina smoccola
sui quaderni. Mi torna il piacere
degli inverni di paese, mi spingo
a spiare un lembo d’aurora tra le stecche.
La vita s’infervora agli angoli morti,
si accumula nei giorni spenti.
Di soprassalto mi chiama uno squittio
tra gli arbusti della collina, un tralcio
sibila all’aria di dicembre.
Avanti giorno io scendo
dalla mia stradina cieca.

Pianto antico
I vecchi hanno il pianto facile.
In pieno meriggio
in un nascondiglio della casa vuota
scoppiano in lacrime seduti.
Li coglie di sorpresa
una disperazione infinita.
Portano alle labbra uno spicchio
secco di pera, la polpa
di un fico cotto sulle tegole.
Anche un sorso d’acqua
può spegnere una crisi
e la visita di una lumachina.

Ex-voto
I vecchi non sanno a chi parlare
dei figli lontani,
si sfogano coi poveri
che vanno e vengono per casa.
Mia nonna consegna ogni domenica
una puparella di pane
a ciascuna delle sue fide mendiche.
Nomina Caietano
Iacinto Romualdo Peppe
Antonio: li vede sempre in pericolo
tra i coccodrilli del Maddalena.
Le visitatrici si portano via le sue lacrime
e una fetta di lardo.

A casa mia
A casa mia si parla
con le mosche si vive
in compagnia delle mosche
d’inverno e d’estate
dov’è la mosca
come sta la mosca
è sparita la mosca
si grida quando ritorna.