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LA SCRITTURA DI VALERIO MELLO

LA SCRITTURA DI VALERIO MELLO

Valerio Mello in Cercando Ulisse (Italic Pequod) cerca sé stesso nel nome di Ulisse, e la sua mente dà forma alle cose in funzione di questo problema speculativo. Il dramma del giovane Mello, un siciliano trapiantato al Nord che non ha tagliato le radici ma di continuo le rafforza nel ricordo di mitiche lontananze, si svolge fatalmente anche sul filo di memorie – sì, ormai memorie – di letteratura contemporanea (cito Quasimodo e il quasimodismo). Impossibile evaderle. Tuttavia «la clemenza dell’incertezza» lo fa consapevole di uno strappo necessario; ed è lì che la parola viene sottratta al tempo per un qualcosa di dolorosamente nuovo. La scrittura di Mello esplode in una cascata di riflessioni e di aggettivi, allorché trovandosi egli davanti a una materia opaca e inerte, sente che in realtà il suo è un problema di capienza spirituale: deve dare ospitalità al tutto nella propria voce, sia che essa palpiti per colori o pietre antiche, sia che raccolga l’eco di un tunnel metropolitano. Vale a dire che la sua poesia è un simulacro composito della vita: nei suoi versi ci sono i «misteri eleusini» trapiantati a Milano, l’orologio della stazione di Agrigento che gli restituisce l’immagine di un tempo, le Feste Delie, i fabbricati di Rogoredo e le cicale di Paros che cantano in più direzioni… Questi isolani che si trascinano appresso millenni di storia (ma ogni luogo ha millenni di storia!) destano l’impressione dell’intemporalità, e Valerio Mello ne è un esempio specifico. «A mille vite legato», dichiara di muoversi «come terra fra le pareti dell’atmosfera», sì che il lettore viene gettato fuori dalle universali apparenze e causalità. In altri termini: il mito, che non è una fonte maturante ma decisamente immobile, respinge ogni fruttificazione, anche dialettica. Il linguaggio si avvolge su sé stesso nella speranza, o nello sforzo, di liberarsi da molti fardelli («le chiome intrecciate di serpi» della Gorgone) e risplendere nell’uso proprio delle parole, portate al livello della poesia razionale – per usare un termine esagerato, caro a Pasolini. Mello è senza dubbio poeta. In attesa di espressioni che troverà nel tempo, fisicamente già pronte per virtù vitale.

Curzia Ferrari

Studi Cattolici

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