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ENZO MAZZA

ENZO MAZZA

Si è spento il 7 febbraio scorso uno dei nostri piú grandi (e meno conosciuti) poeti: Enzo Mazza. Era nato a Roma il 1° gennaio del 1924. Aveva 93 anni. Fine letterato, autore di una splendida traduzione di Catullo per Guanda (1962), ha insegnato a Roma fino a che un incidente automobilistico, nel settembre 1981, non gli ha rapito sedicenne il primogenito Fabio. Ha trascorso una vita intera a scrivere poesie con cui ha dolorosamente affrontato ogni possibile frammento della sofferenza che può infliggere a un nucleo familiare una simile perdita. Ha pubblicato varie raccolte, nella collana/marchio editoriale Biblioteca Cominiana, fondata e diretta insieme a Bino Rebellato: libri quasi introvabili, che non ha mai curato di promuovere adeguatamente (tutti conservati nella Biblioteca di Studi Umanistici dell’Università di Siena). Da dieci anni ormai l’estrema beffa dell’esistenza, con una lunga, invalidante malattia, aveva privato Enzo Mazza della memoria – del ricordo di Fabio, e di tutti gli altri suoi cari. L’editore Aragno ha programmato una integrale delle sue raccolte poetiche, e speriamo che possa uscire entro l’anno. Tutto ciò che ha scritto dopo la morte di suo figlio Fabio mi ha sempre emozionato; la decisione di trasferirsi in campagna, in un casolare vicino a Chiusi, senza contatti con l’esterno, per dedicarsi al ricordo del figlio e alla cura della donna che con lui condivideva – anzi non divideva niente, ché non era cosa da poter dividere – il dolore della perdita di Fabio. In Enzo Mazza la poesia mi è sembrata maestosa, perché diventava l’unico strumento utile alla continuazione dell’esistenza. Perché nessuna religione, nessun miracolo, nessuno strumento di modernissima tecnologia poteva permettere di comunicare con la persona perduta. E la Poesia sì. Così Fabio è vissuto, dal 1981 ad oggi, nella tenace opera del padre, che non lo ha mollato un attimo. Lo ha tenuto a sé e al mondo senza voltarsi indietro… più forte di Orfeo. Un abbraccio bellissimo che non ha permesso alcuna dimenticanza. Un abbraccio che ha sconfitto il tempo. Chi gli ha voluto bene – e siamo in tanti – e ha amato ed ama la sua intensa, composta, commossa poesia, lo pensa ora, finalmente esaudito, con Fabio (da Ultimi frammenti, n. 106): “se hai caro che ti venga accanto, / fammi posto (d’un dito / mi basta lo spessore). / A questo fine sono dimagrito”.

Alessandro Fo

InfoSibari.it

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