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A PROPOSITO DELL’ALBERO DI SATO

A PROPOSITO DELL’ALBERO DI SATO

Giovanni Sato, La versione dell’albero (Biblioteca dei Leoni, nota di Paolo Ruffilli). Fin dall’esordio con Intonazioni nel già lontano 1995, il percorso di Sato poeta (ma è anche un eccellente fotografo, come dimostra l’immagine di copertina, The tree’s version) riserva sempre delle sorprese, e non perché, come in taluni, vi siano elementi per così dire bizzarri, ma anzitutto per un progetto che si va definendo nel tempo secondo una logica che unisce al rigore formale la libertà di una fantasia che nessuno potrebbe, a priori, prevedere. In particolare, i soggetti di suono, luce, rosa, per arrivare alle metamorfosi del cuore, sino a questa versione di notevole originalità e di penetrante analisi – ma la parola è inadeguata – di un tema che altri hanno seguito ma nessuno è riuscito a svolgere con una dovizia di idee supportate da una fervida eppur logica immaginazione. Perché l’albero, preso nel suo insieme, possiede senz’altro una estesa simbologia, che va dall’asse del mondo alla valenza mistica, non disattesa nemmeno dalle recenti indagini in tal senso. Non sappiamo se questi sono i presupposti che hanno ispirato il poeta, ma la quantità di invenzioni è tale che ogni singolo tratto ne viene compreso e sviluppato con quell’intelligenza creativa che rinnova ogni volta il paesaggio poetico. L’albero è inteso nella sua entità fisica, che significa, in determinati casi, la durata, la forza vitale dell’essere, il suo riprodursi e resistere, quasi il preludio di una eternità che ancora non è stata raggiunta, ma non è improbabile. Gli esempi che potremmo produrre in pratica non  si contano. Scrive il poeta: “Come si muovono gli alberi!” — quello che sembra un ossimoro viene tradotto nella realtà attraverso una sapiente intuizione, ossia che “ogni ramo ha una sua via”. Proviamo ad approfondire il concetto: nell’uomo tutto è in funzione di un insieme, nell’albero invece ogni parte è dotata di una specie di autonomia, che certo non rifiuta l’insieme, ma lo coordina in un modo suo proprio. Ed è la crescita un’origine del movimento, mentre l’uomo che appare mobile rimane invece nel suo immoto stare: simile convinzione dimostra che se la ragione è costruttiva, la capacità fantastica scardina talune certezze che derivano dal nostro non saper vedere oltre o dentro. In una poetica di questo tipo è evidente che la metafora arricchisce un contesto già per sua natura fertile. Ecco che “La pioggia è il sonno dell’aria” — si potrebbe mai concepire una simile distanza dal punto d’inizio? La parola crea dimensioni inesplorate e ci pone davanti figure che sorgono come d’incanto, elevandoci dalla piatta realtà a un livello dove solo la poesia può giungere. Un’altra metafora, o meglio frase nata da un principio visionario, è “e l’amore che scivola fra erbe rare”. Se proviamo a interpretare il verso, si vedrà che sorge da un sentimento universale, l’amore, assunto nella sua accezione primaria, un sostantivo astratto allorché si riferisce in generale, ma concreto se riguarda una persona, e tuttavia i grammatici differiscono nelle loro catalogazioni; fatto sta che l’amore astrazione scivola fra erbe rare – e l’aggettivo non è casuale – che sono concrete ma perdono di concretezza a causa della loro rarità. Tuttavia l’organizzazione dei testi non inficia il valore puramente estetico che ne risulta, vale a dire che la poesia in gran parte anche nel presente viene intesa come trasformazione di una essenziale materia linguistica in materiali plasmati in forme inedite e in sensi che sovente sfuggono alla normale percezione, e di percezione è necessario parlare quando la scrittura adempie alle sue caratteristiche che il poeta vi impone. A volte si ha l’impressione che la creazione del linguaggio dipenda più da un’idea originaria anziché da un dato successivamente elaborato. Quanto esposto è solo una piccola frazione del lessico costruito con una non comune sensibilità per le parole, se le parole diventano cose e viceversa. La compattezza testuale del libro è rappresentata in primo luogo dal tema centrale, l’albero, da cui discendono le deduzioni ancorché fondate sopra la sostanza e tradotte nella cifra stilistica peculiare: è l’estro, la variatio che domina l’intreccio delle differenti fasi riportate a un denominatore comune.

Luciano Nanni

 

 

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