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IL CANZONIERE DELL’ANGELO DI SATO

IL CANZONIERE DELL’ANGELO DI SATO

Da sempre gli angeli hanno rappresentato un legame profondo ed irrinunciabile tra il cielo e la terra e ad essi si sono ispirate le religioni e la letteratura di ogni tempo. All’inizio del volume, intitolato Il canzoniere dell’angelo (Biblioteca dei Leoni), Giovanni Sato riporta alcune delle principali citazioni poetiche riguardanti queste figure alate. Di particolare rilievo per la comprensione della raccolta appaiono i versi di Rainer Maria Rilke, che nel XVII sonetto ad Orfeo scrive. “Ci sono alberi a cui volano angeli / e occulti giardinieri lentamente li coltivano così / che stranamente a noi portano tutto senza appartenerci?”. Dal grande autore boemo forse trova ispirazione la poetica di Giovanni Sato, da sempre protesa alla ricerca del noumeno, dell’essenza della realtà. Già, infatti, nella raccolta Senhal e la rosa, pubblicato nel 2020 per la Biblioteca dei Leoni, la rosa, diveniva il mezzo per raggiungere l’amore e la bellezza: “Pura bellezza / è il silenzioso fiore / e nulla dilegua del suo amplesso cuore”. Il canzoniere dell’angelo è composto da centosessanta testi, senza titolo, che si susseguono uniti da un unico argomento e da un’intensa musicalità, resa dal sapiente intreccio di rime ed assonanze: “Lumina flessa / rinomina risfoglia / foglia che pecchia / riflessa a sogno d’acqua”. Il genere canzoniere d’altronde nasce nella letteratura romanza, quale raccolta di rime spesso destinate al canto o alla musica. Ulteriore nota stilistica dell’autore è il frequente ricorso a neologismi ed anche all’utilizzo d’una terminologia derivante dal lessico scientifico. Certamente l’angelo di Sato, pur rappresentando la creatura in cui si realizza la trasformazione del visibile in invisibile,  non ha la tremenda bellezza degli angeli rilkiani, che sono segno di distanza, di separazione dall’uomo, perché, se fermassero la loro attenzione su di noi, la nostra stessa esistenza si dissolverebbe di fronte alla luce della loro bellezza, riflesso del Lumen del Principio: “Gli Angeli sono tremendi. Eppure, ahimè, io invoco voi, uccelli d’anima che quasi fate morire, / pur sapendovi”; nella poesia dell’autore padovano ciò che caratterizza maggiormente gli angeli è invece la loro terrestrità: sono figure sospese che appaiono e svaniscono fra gli alberi, anch’essi angeli, in quanto mettono in comunicazione i tre livelli del cosmo: “Gli angeli-albero toccano l’alto / medium source / risorsa infinita per l’immobilità”. Un’ampia simbologia si è sviluppata nei riguardi delle piante arboree, viste quali universi viventi in continua rigenerazione; inoltre, nella tradizione ebraica e cristiana, vengono a rappresentare la vita dello spirito. Scrive il poeta: “E tu albero / che al mezzo delle luci / trattieni l’angelo / con tutte le sue ali // Dai nuovo corso / così al moto delle foglie, / tu radice / di tutte le mattine.” Un aspetto fondamentale della poetica dell’autore è la meditazione, che apre a visioni rivolte ad un oltre, altrimenti inviolabile: “le visioni non sempre hanno gli occhi, / ma nel pulviscolo che nasce fra i raggi / l’a dell’aria trova la libertà”. Una meditazione che affonda le sue radici nella filosofia heideggeriana, a cui ci riportano i seguenti versi: “Dell’Essente Ente di tutte le sabbie / che portano i segni del passato”. Nell’introduzione alla metafisica Martin Heidegger indica l’impensabilità e la necessità di ripensare il Niente fuori dalla “logica di identità-non contraddizione” e perviene al Niente originario, quale Essere che è essenzialmente altro dall’ente. Come Heidegger, il quale  amava fare lunghe passeggiate tra i boschi e i sentieri della Foresta Nera, l’autore s’inoltra nel folto della foresta dei pensieri, in un errante viaggio senza meta, per aprirsi ad improvvise illuminazioni: “L’immagine corretta dell’esistere / il velo luneo lungo / l’arginato contemplato, / il luogo amato, / il luogo dell’amata / il fiato-accordo // il velo del ricordo”. Chi sia l’angelo di terra non risulta chiaro, spesso l’autore ricorre alla a minuscola in contrapposizione ad una A maiuscola, che richiama l’alfa greca, che indica l’origine d’ogni cosa. Forse è il momento divino che vibra in noi, che sa condurci, se l’ascoltiamo, al bene, ad un oltre di luce: “Ed è pura gioia / stare con te nell’ora, / angelo del dire, / del fare e del pensare.” Ed oltre “Attendo il segno / per conoscere il limpido / segreto del tuo volo”. Di certo la figura materna, ci dice il poeta, appartiene alla schiera degli angeli, anzi è il primo fra questi: “La madre è il primo angelo / da quando gli occhi / ci fanno vedere il mondo” ed oltre “e sempre lo sarà / anche se la notte / le chiuderà gli occhi.” Il Canzonieri dell’angelo, rivela l’animo del poeta, la sua Weltanschauung rivolta nella speculazione e alla costante ricerca di Dio, inoltre testimonia la sua particolare sensibilità, nei confronti della natura, delle sue vibrazioni segrete, vissute, in una sorta di panteistica visione, quali fonti di rivelazione: “Sul ramo spento l’angelo è una gemma / ed io rincorro il riflesso del suo viso / e ha l’ali avvolte l’angelo riverso // dove le vite attendono la luce. / Sul ramo spento l’angelo è una gemma / pietra ritmata d’anima che cerca.” Ed il suo cammino spirituale alla ricerca del bene, di cui gli angeli sono i messaggeri e soprattutto del Primum Movens, “il la / della scintilla / d’ogni creatura”, che ovunque si manifesta, anche in un semplice germoglio, nonostante l’uomo sovente non sappia riconoscerlo: “Voi / anime del mondo / non sprecate il soffio / che nell’aria colma i mattini: / dare un senso al Volo / che da ramo quasi spoglio /procede il vostro cammino”.

Raffaella Bettiol

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