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IL ‘FANTASISTA’ DI JACOBELLIS

IL ‘FANTASISTA’ DI JACOBELLIS

Il fantasista del mare (Biblioteca dei Leoni), nuova raccolta poetica di Gianfranco Jacobellis, a tre anni di distanza da Il cielo della mente (2019), è un viaggio attraverso il tempo, alla ricerca di una verità sempre agognata e mai davvero raggiunta. Il pesce Picasso in copertina, disegno a smalti dell’autore, è il simbolo di un uomo vagante negli abissi della mente, attraverso sentieri quasi onirici che esula da qualsiasi prigione, fisica o intellettuale. È il fantasista del mare, che “misura il tempo / contando le onde / pensa alle nuvole / come a sculture d’aria / libero nel suo vivere / da inesistente / ama la libertà / che non conosce orizzonti”. La vita quotidiana, nel suo susseguirsi di luci ed ombre, pensieri mortali ed immortali, dovrebbe essere, secondo l’autore, basata comunque e dovunque su una coerenza di fondo, in linea con una personalità autentica. Scrive Jacobellis: “resto me stesso / sia nell’essere / che nel divenire”. Nonostante non sia la morale a guidare l’esistenza ed a deciderne il percorso o il declino, essa è indiscutibilmente “patrimonio personale” importante, che nulla può contro le sliding doors che il nostro essere si trova a dover oltrepassare. “La struttura della vita / è costruita / dalla volontà / e dalle interferenze del caso”, che diventa sovente ‘sovrano del futuro’. Questo non deve però scoraggiare il lettore, che è necessario sia sempre pronto a cogliere la bellezza ed il valore di ogni singolo istante, seguendo quella luce ‘che somiglia al faro’ e non permettendo al vuoto e ‘all’abisso più profondo e buio’ di avere la meglio. Nonostante la ‘poetica del dolore’ domini e mini talvolta gli splendidi versi del poeta, per sua natura incline alla comprensione più intima del medesimo (forse per il suo ruolo professionale votato alla medicina), si scorge, proprio nelle difficoltà di un buio senza fine, un valido strumento per apprendere (da) se stessi. “Le parole ignote / ed i suoni dal vuoto / ti aiutano a completarti / facendo emergere per necessità / la parte di te stesso / che non conosci”: mai perdere di vista i mostri che non sappiamo…potrebbero aprire la strada ad un cammino di luce. Ergo, mai fuggire da se stessi: bisogna (ri)trovarsi, per godere della ‘luce di una favola’. Parole lievi, eteree, dotate di una saggezza filosofica che distingue le false illusioni da tutto ciò che resta.  Lo stile, colloquiale e confortante, è ricco di un lessico astratto, talvolta impalpabile e surreale, che lascia spazio ad una più accurata riflessione in seconda lettura. Dopo aver avuto il piacere e l’onore di recensire Parusia, raccolta poetica del 2016, confermo la straordinaria dinamica intellettuale che ispira l’esperienza creativa dello scrittore, degna di onorificenza.

Deborah Benigni

Literary.it

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