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LIGHT ROOM DI SUSANNA PIANO

LIGHT ROOM DI SUSANNA PIANO

Il “libro” che le poesie di Susanna Piano in Light Room (Aragno Editore) disegnano è un percorso inusuale, originalissimo, all’insegna del sistema metrico decimale Dewey e alle sue classi fondamentali come criterio organizzatore del proprio sapere. Il procedimento nel caso particolare è un passaggio che a sviluppo, in successione consecutiva da testo a testo, muove dal sensibile all’io meditante, in una chiave di decifrazione e secondo una prospettiva e un metodo, in questo inseguimento del senso profondo della realtà, che implicano soprattutto l’uso della ragione, sia pure accettandone i limiti di salti e di svagatezze, in una serie di piccoli quadri luminosi ricondotti a un insieme di luogo circoscritto, come appunto recita il titolo della raccolta. E dunque su una linea di logos meditato, che non si risparmia la denuncia dei ripensamenti e delle contraddizioni e capace, intanto, di non escludere affatto la voce interiore più immediata e di aderire fino in fondo alla misteriosa esperienza del vivere senza rinunciare alle memorie e alle prospettive future, affidandosi in piena consapevolezza alle potenzialità della poesia conoscendone le intermittenze (“La fiducia nella poesia / di giorno, spesso, mi abbandona. // Il silenzioso palpito della notte la ritrova”). Una fluidità di coscienza oltre che di immaginazione visiva caratterizza le poesie di Susanna Piano, in un continuo alternato che dilata le immagini in cale e pause di ritmo, per poi rimetterle in movimento al passo veloce della sua musica. E la chiave di volta di questa intensa poesia che si sforza di cancellare l’ombra che ci avvolge sono certe oscillazioni debordanti, a segnare le quali intervengono iterazioni e divaricazioni, assonanze ed accordi (“così inevitabile, / così naturale, / questo incontro tra terra e mare”, “naturalmente sarà / stelo o fiore / realizzando / il suo seme interiore”…). Sono per Susanna Piano le intenzioni di principio a cui corrisponde lo sforzo appunto esistenzialmente ripagato del conoscere se stessi fin dove si possa e si riesca, al di là di tutto e nonostante tutto, perché è l’unica cosa che alla fine conta nella vita. Tale percorso di autoconoscenza si traduce poeticamente in una lingua intarsiata, specchio di quella condizione psicologica che di continuo si divarica nel groviglio del pensiero, che è il groviglio stesso dell’esistenza, in cui si agitano tutti i motivi e tutte le occasioni.

Paolo Ruffilli

Literary.it

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