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IL PAESAGGIO IN CAMILLO PENNATI

IL PAESAGGIO IN CAMILLO PENNATI

C’è un movimento di contiguità e di traducibilità tra il «linguaggio delle cose» e il «linguaggio degli uomini», è questo l’assunto base della poetica di Camillo Pennati, a cui il poeta è sempre rimasto fedele. La forma-poesia in Pennati diventa un luogo di mediazione tra il linguaggio delle «cose» e il linguaggio poetico, un processo: le lingue divengono, divergono, si trasformano e infine tacciono. Così anche i linguaggi poetici divengono, divergono e si trasformano, e questo divenire non è soltanto un moltiplicarsi della confusione, infinito diversificarsi; proprio questo continuo differenziarsi nasconde l’aspirazione a pervenire alla originaria creatività della parola. È questa intenzione è presente in modo peculiare nello spazio recintato e coltivato della poesia di Camillo Pennati, la quale non sorge per un «pubblico» dato e immediato, essenziale in essa non è la comunicazione di qualcosa di preciso e di circoscrivibile. Nel disordinato arbitrio che domina la vita delle lingue, la poesia di Pennati vuole essere il luogo in cui la lingua si manifesta, si riflette, esprime la sua innata creatività e la sua trasparenza. Ma questa intenzione è offuscata e celata dalla «boscaglia del senso». Il bosco del senso è un labirinto, propriamente il labirinto del linguaggio, dove tutte le vie sono egualmente percorribili, nessuna esclusa, e il «paesaggio» è quello che racchiude per Pennati la più alta manifestazione di intenzionalità e di possibilità espressive (si veda Paesaggi del silenzio con figura, Interlinea). Il «linguaggio delle cose» reclama il «linguaggio degli uomini», essi sono per Pennati due vasi comunicanti che comunicano ciò che è non-comunicabile, è questo il paradosso della poesia di Camillo Pennati. Potremmo dire, parafrasando Barthes, che il «paesaggio» di Pennati racchiude la più alta percentuale di «geologia esistenziale», di significati e di significanti nascosti. Ecco la vera ragione della «ossessione» di Camillo Pennati per il paesaggio, il suo unico tema, anzi, il tema monocratico per eccellenza.

Giorgio Linguaglossa

L’ombra delle parole

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