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PER ROSSANA OMBRES

PER ROSSANA OMBRES

Rossana Ombres (1931-2009). Scrittrice, giornalista, critico letterario de La Stampa, e soprattutto poetessa, è stata la prima donna a vincere il Viareggio per la poesia, nel 1974, con Bestiario d’amore. Ha esordito, ancora universitaria, nel 1955 con Orizzonte anche tu (Vallecchi), a cui si sono aggiunte Le ciminiere di Casale (Feltrinelli, 1962), e L’ipotesi di Agar (Einaudi, 1968). È presente nelle antologie di Biancamaria Frabotta, Pansa (con una breve ma importante introduzione di Sanguineti), Porta, Doplicher; è stata tradotta in numerosi paesi. L’ipotesi di Agar è costituito di testi pensati per la rappresentazione, esempio di “poesia-teatro” –tanto da esserci dei brani “d’appoggio per una eventuale messinscena”– testi essenzialmente femminili, scritti dalla parte delle, e per le, donne. Poesie sorrette, ognuna, da un colore come il bianco e l’oro della bambina e della madre o il nero dell’uomo, il rosso sanguigno del cibo e del mestruo. Componimenti fisici, “palpabili”, permeati di pulsioni erotiche, provenienti dal mondo dell’infanzia. Anche quando viene descritto il coito l’autrice ricorre al lessico dei bambini, agli oggetti/giocattolo come l’aquilone o le coccarde. La dimensione magica del mondo femminile si scontra con quella austera, di potere, dell’uomo ovvero con la Chiesa e i suoi innumerevoli Vescovi. In Travaglio sentimentale dell’ostrica di fumo, le espressioni iterate, l’ossessione racchiusa nei versi ipermetrici permettono l’esorcismo del male (l’elemento maschile manifestato dalla tarantola, simbolo dei genitali, è comunque non eliminabile, anzi essenziale), del dolore sempre esposto in primo piano. La ripetizione quasi telegrafica, lo stile che procede per scarti, porta la voce estenuata della donna al soffocamento del rapporto amoroso e del mondo: si raggiunge l’orgasmo. Il Bestiario sorprende non tanto per la singolarità dei componimenti presenti nel libro, bensì per l’atmosfera demonica, surreale, atavica che lo avvolge (e vide bene Porta l’assonanza con la pittura di Bosch). Si potrebbe definire canzoniere d’amore se non fosse per quel titolo dato all’opera che disorienta e conduce a una classificazione, certo amorosa, ma pure ferale, da zoo degli orrori, visitata da ombre. Ancora una volta figure centrali, abitatrici di una natura notturna, sono i corpi deformati delle donne e non ha importanza se il ventre gravido sia quello di Maria o quello sterile, puro?, di Lilit, capace, come un organismo asessuato, di procreare “dolci angeliche creature / dalle ali di scarafaggio”, certamente più simpatica di Eva, la quale non riesce ad emettere suono, sfornita, qual è, di voce. La Ombres inventa personaggi come gli straordinari Scarabangeli o osa prendere per i fondelli il mito di Orfeo bambino –protagonista, anche, di un poemetto uscito nell’ “Almanacco dello Specchio”, nel 1975– e del “suo biscotto votivo in forma di donnina”. Poeta colto, coltissimo, mescola Freud, la mistica ebraica, le fiabe popolari e crea con questo suo lavoro una sua personalissima cantica infernale, in cui tutto viene amplificato con ironia e situazioni grottesche. I testi nascono per attrito, scontro fra la ratio e la psiche, e il duello riproposto non comporta, di necessità, la sopraffazione di uno dei due contendenti ovvero il poeta riesce a costituire una perenne tensione, un precario equilibrio fra il sogno e l’incubo che si vive nel quotidiano. Il lettore viene sorpreso dall’affabulazione, dall’incanto del mostruoso, e straniato si ritrova, in un altrove, in una terra di nessuno e di tutti, ad ascoltare un canto privo di disperazione, intonato da un poeta che come pochi altri, a mio avviso, ha saputo porci di fronte al dramma del Novecento, ai suoi orrori, alla desolazione. Anche se da lontano, come se il pensiero della morte – in vita – non potesse più intaccarla, la Ombres, come per un suo personaggio, “non vorrebbe che la lotta avesse fine / senza un segno senza una ferita”. Negli ultimi decenni, si è dedicata alla narrativa con la pubblicazione di romanzi, anche se non ha mai abbandonato la poesia. Mi auguro, davvero di tutto cuore, che possa uscire presto una sua nuova raccolta, o almeno, piccolo dono, si proponga un’antologia dei lavori –oggi – introvabili. Poche cose sono necessarie nella vita, la sorpresa della lettura è una di queste.

Andrea Breda Minello

Nazione indiana

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