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IL CONFINE DI BRUNO BALZAN

 

IL CONFINE DI BRUNO BALZAN

“Siamo il nostro mistero che la ragione non comprende…il senso nascosto che ci ricollega al nostro giusto”: negazione ermetica dell’essere in Voci di confine (Biblioteca dei Leoni) segna la poesia di Bruno Balzan, che in tali versi posti a sigillo dell’opera ne esprime l’essenza più intima e veritiera. Tramite strofe strettamente inter-connesse in una rete lessicale e contenutistica ben definita, l’autore ci conduce alla ricerca dell’etica di un corpo che sfugge a sé stesso, estraniandosi nel nulla assoluto (“Questo corpo ha tutta l’aria di uno straniero che vuole impadronirsi della mia presenza”). Neppure la Morte, fedele serva dell’anima, riesce a districare quel filo montaliano che non tiene, perché nel momento in cui credi / d’osservarla…ti ha / già persa e dimenticata…”. È sul valico della dicotomia tra la Vita, “strana recita” da insaporire, e l’Epilogo, dove “l’orizzonte chiude il suo cerchio”, che si gioca la dialettica delle rime di Bruno Balzan, anelanti in modo prolisso, astratto e vorace, al superamento di un limite che “vuol essere trasceso / travalicato / spiritualizzato…” Ma l’impresa sembra fallire. I continui puntini di sospensione, vero leitmotiv del libello, mettono a nudo la crisi intellettuale del poeta, portavoce di una “povera parola denudata / del falso e del vero”, incapace e inerme di fronte alla descrizione della perdita d’identità. Dunque, nulla è, neppure è la maschera pirandelliana, a colmare il vuoto dell’ombra che ci sorregge: “qual è la faccia della / mia verità?… (…)  la faccia con la quale / vivere e…con la quale / poter serenamente morire?!”. Nonostante tutto. La ricerca prolissa del senso non implode, e l’attesa (vana) di un resoconto che dia certezze è sempre lì a portata di mente: “ognuno aspetta / l’essere che non è…che / l’incerto diventi sicuro…”. Siamo nudi interiormente, oltre la pura collocazione spazio-tempo nella quale l’ “ipseità cosciente” non esce dal labirinto della sua circolarità: “spazio e tempo…/ tempo e spazio… / dove l’angolo di confine?”. Queste voci, lì sul limitare dei dubbi, offrono al lettore spunti forse eccessivamente nichilisti, ma tesi a percepire la labilità dell’Io, la mancata concretezza che però permette, secondo Bruno Balzan, di trascinare “un’illusione oltre le / Colonne d’Ercole”.

Deborah Benigni

Literary.it

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