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LILIA SLOMP: A PASSO SVELTO

LILIA SLOMP: A PASSO SVELTO

Pass dopo pass di Lilia Slomp (Biblioteca dei Leoni). A passo svelto va la poesia-bambina col suo grembiule a quadretti, tra radure di boschi e splendidi roseti. Di ricordo in ricordo sale ”nelle radici del cuore” e il suo dialetto le indica la strada per far scaturire i colori. Ben vengano le stagioni a richiamare la memoria dei passi  fatti in fretta con la piccola mano stretta a riscaldarsi in  quella del suo ”re”. Sono favole le poesie di Lilia Slomp Ferrari, immagini di sole che all’improvviso rivelano nel bosco un usignolo che canta e il trillo si ripete all’infinito confondendosi col garrire delle rondini o con lo scorrere chiacchierino d’un torrente. Di sasso in sasso, quanti passi ha percorso quel paio di stivaletti di montagna che sono lì a monito sulla copertina dell’ultima deliziosa silloge di Lilia? Testimoni dei viaggi, delle avventure del cuore, delle fatiche, dei naufragi; scarponcini laceri e sporchi, appena dismessi ma non abbandonati, pronti all’occorrenza per una salvifica missione. E come una campana che rintocca e segna l’ora dello scorrere della vita, il verso che martella il suo dialetto in veste nuziale d’endecasillabo perfetto, sa entrarti nell’anima e commuoverti con un dolce avvertimento fatto di ninnananna, filastrocche, la nonna che cantava accanto al fuoco, il filo del rocchetto ingarbugliato, e cantilene di bimba sulle ginocchia del padre o sulla canna della sua bicicletta… E lì si va nell’affetto senza fine di quella stretta alla sua maglia calda, al filo di lana che la porta al grembo dell’amore. Andar per mano “al passo di una canzone la piuma sul cappello, graffio di pensieri…” e ciò che vale e resta è che “abbiamo intinto pennelli dentro emozioni. “E al padre, al padre guida, che insegna, ama, protegge, un padre che canta, fischietta, gioca, un padre sempre presente, a lui e per lui è anche questa dedica: “Adesso lo so che sono quella che sono, / solo per te, solo perché tu c’eri / col tuo fazzoletto a quadri di passione”(Ti, la ninanana). Mancanze profonde, dolorose assenze, in questi passi lievi che brigano col passato per rendere leggero il fardello dei giorni e morbida la corsa nei vasti prati, e tra le strade perse “dove il macinare dei passi ha perduto la voglia di giocare” e dove “la contentezza che spettinava i giorni” è sparita nel vento “pazzo dentro lo struggimento”, ci si accorge del tempo perduto quando “la gente raccoglie a sé il mozzicone / di lapis consumato in quello ieri / che trema come faro nella notte” (Ombrie). Ma anche “quando il fiato è già una nostalgia / e il tempo urla le stagioni che muoiono”, e anche quando già “la suola delle scarpe è bucata”, pass dopo pass te rivi a la contrada. Tu arrivi alla contrada. Ed anche se quell’andare è “sempre più piano dietro la carretta // dei giorni che pesano gobbi sulla scala, / imprigioniamo il sole nel berretto / il sole che ci stordisce, zaino in spalla […] E c’è un quaderno ancora da sfogliare I prima di quella pagina strappata” (Quel nar). “Ho l’anima ancora rampichina”, grida una Lilia Slomp non più bambina: “Lasciatemi una croda, un estro di stella alpina / (…) Bramo ancora una briciola nascosta / mentre il pugno piano, piano mi si serra”(Prima de l’ultim zich). È l’impotenza di non poter tornare a ieri, che le fa stringere il pugno; è il sentire cosi forte la passione che dentro  ancora  ruggisce e non poterla  più esprimere,  né  ritrovare:  nessun  verso è tale da dare lo splendore sufficiente all’estasi d’un amore. Ma la folgorazione resta ed è ferita aperta il dolore che non tace, anzi grida “quei baci persi nell’erica / il loro sapore che ci fa compagnia / che ci addolcisce  i giorni sopra il magone.” Grida il desiderio ancora “di un’occhiata malandrina,  di  un  brivido  rubato”  “e quella voglia matta di baciarti (…) e  di giocare  a rimpiattino  coi peccati”; e nonostante che “il tempo delle mattane” è già finito, “è una frenesia che ci assassina / quella voglia di baci, di passione / di ardimento (…) / scommessa coi peccati, delusioni / di  paradiso  sui  nostri  giorni filastrocche, illusioni  /  di  paradiso  sui  nostri  giorni  filastrocche, bruciati. / L’inferno che ci attende sul portone”(Ilusion). Un amore potente, diffuso, felpato, vissuto e sognato, che stordisce ed inebria fino a far male, aleggia tra i versi di Lilia Slomp Ferrari come sul meraviglioso roseto che lei coltiva nella sua casa di Trento: poesie d’essenza di rose, distillato d’amore per gli affetti semplici, per la propria terra, per la Bellezza del Creato.

Francesca Di Castro

Literary.it

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