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GIORGIO BARBERI SQUAROTTI

GIORGIO BARBERI SQUAROTTI

La morte di Giorgio Barberi Squarotti ha sorpreso, ma non tanto. Si sapeva che aveva già raggiunto il limiate estremo (aveva 87 anni). Si sapeva però che non voleva andarsene, che aveva ancora tante cose da dire, tanti sogni da fare, tanti desideri di parlare e scrivere. Come aveva sempre fatto. Aveva attraversato la citrica letteraria, l’insegnamento della letteratura italiana, aveva scritto libri di storia letteraria, di critica militante. Ma ciò in cui si identificava maggiormente era la poesia, la sua poesia. Ha pubblicato decine di raccolte poetiche: Dialogo infinito (Genesi).  Il 9 aprile 2017 è morto. L’evento è stato liquidato presto e in modo anche un po’ banale su qualche pagina di quotidiani. Come ormai avviene regolarmente, il lavoro vero di una persona, fatto durante tutta una vita, non viene più analizzato, non viene più nemmeno apprezzato. Barberi Squarotti ha avuto un grande torto o, se si vuole, ha fatto un grande errore: e cioè, in qualsiasi situazione si trovasse, nell’ambito delle diverse attività come letterato, è stato sempre molto generoso verso chiunque gli chiedeva qualcosa, un intervento critico, una presentazione, una prefazione. Spesso ho sentito apprezzamenti su di lui non lusinghieri: scrive troppo; pubblica troppo; è un critico bravo, ma pedante; e poi tutte quelle raccolte di poesie! (con il non detto che non fossero di grande valore!).  Giudizi superficiali, spesso anche supponenti. In realtà, a Barberi Squarotti molti poeti, molti critici, devono moltissimo. Attraverso le sue interpretazioni, o attraverso la sua guida pedagogica, molti illustri di oggi gli devono un grazie. Ma pochi se ne sono ricordati.

Ottavio Rossani

Poesia.Corriere.IT

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