Tiziana Marini è nata a Montalcino nel 1965 e vive a Roma. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Solo l’anima vede (Pagine, 2011), Passa il cuore sulla terra (Tracce, 2014, prefazione di Plinio Perilli), Lo scatto della lucertola (La Vita Felice, 2016, prefazione di Sabino Caronia), La farfalla di Rembrandt (Ensemble Edizioni, 2019, prefazione di Plinio Perilli). È presente con i suoi testi in antologie: Il graffio della piuma, poetesse italiane fuori dal coro di Marco Onofrio (Edilet, 2017), Novecento non più – Verso il Realismo Terminale (La Vita Felice, 2016), Il posto delle fragole (LietoColle, 2016), Mia madre era, donne e famiglie del Novecento (prefazione di Elio Pecora e Franco Ferrarotti, Gattomerlino, 2018). È anche pittrice e fotografa. Collabora come redattrice al sito La Consulta delle donne di Wanda Montanelli, scrive inoltre sul blog di poesia, letteratura, cinema e viaggi Icon di Tiziana Marini.

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POESIE

da LA FARFALLA DI REMBRANDT

Ombra bambina
Ti rubo l’ombra
mi va a pennello come un sogno
a peso zero.
Sei l’altra me, quella che un tempo
teneva il ciuccio in tasca
per consolazione.

Noi due guardiamo in alto
come alberi che puntano al cielo
e mettiamo in comune  le stelle
l’indicibile
l’inesplorato.

Al vento degli anni
Al vento degli anni
non perdono la fretta
la lucidità del ricordo
le lune e i soli irripetibili
le finestre rotte.
Quanti di questi anni invecchiati
ho davanti
di che colore sono gli scalini
non lo posso sapere
ma ho tutto a portata di mano
paura e stupore.
Il prato dove gira la tempesta
e si accavalla l’erica
le scarpe lasciate
davanti alla porta
il tumulto della primavera
e subito dopo gli alberi
trascinati dai sogni.

Ora alla loro ombra allungata
mi sovrappongo, meridiana
con tutto il mio sempre.

L’albicocco
Ombreggi ora i miei piccoli giorni
sei foglie inseguite per sempre dal vento
solo quello ti resta, persi i frutti nella terra.
E prima ancora i fiori, luce all’inverno.
Vorrei cambiare il poco tempo in tanto
sentire l’ultimo sguardo e il primo
prolungarsi  nei tuoi rami protesi.
La scoperta dell’amore che non si ripete.

E mi torna indietro il canto delle foglie.

È riavere ciò che ho perso
l’illusione
il rumore del vuoto.

L’equazione della neve

Se questo cuscino fosse fatto del corpo
di mia madre
l’istante pieno e consapevole
di tutte queste assenze
avrebbe un volto, il colore e il peso
della malinconia, quando mi appoggio.

Come un fiocco di gelo alla foglia
come tutta la neve del mondo
agli alberi piegati
ogni cosa a qualcos’altro s’appoggia
nell’equazione della neve.

Qui c’é più vento che altrove, albeggia
rapido il cielo, rischiara finché luce
mi ricopre e la neve si scioglie.
Tu sai cosa vuol dire appoggiarsi.

Il tempo di un pane
È giunto il tempo di lasciare l’ombra
all’abitudine
di rifugiarsi in lei
di allenare le mani alle assenze
alla carezza che trasforma il vuoto in te.

Vai che si fa sera presto
e le spighe durano il tempo di un pane.

Tre mesi
Durano tre mesi
le tracce vive di un gatto
il tempo di una stagione
tra pleniluni e maree
sugli stipiti
nelle coperte
dov’era la ciotola.
E l’uomo dove lascia
tracce chimiche di sé
della sua mano
della sua volontà
o un’ idea che gli sopravviva?
Trattiene la stoffa, una carezza
il bicchiere vuoto, le labbra?
E per quanto tempo?
Voglia d’eternità!

È passata ormai una stagione
e noi vestiti d’autunno
del suo tempo
del suo colore
dal fiato l’ultima stella doniamo al fiume.
Foglia a foglia
riempiamo per noi il suo letto.
Non è forse il letto il posto più comodo
per morire?

Traccia a  traccia
ci avviciniamo alla sera
alla fortuna di esserci ancora
alla nostra vigilia.

Il cielo spacca d’azzurro
Questo sole alle otto di Santo Stefano
fatica ad uscire
eppure il cielo spacca d’azzurro.
Affrettarsi.
Chiedere alla poesia di decifrare
la storia di un’affermazione.
Intuire una mancanza in uno sguardo
e soppesare le sfumature dell’amore
o l’ampiezza dell’angolo
che ci divide
a lenire il dolore di uno sbaglio
ciò che Tucidite
raccontò per filo e per segno.

Soffia sul mio fiato
dividilo  in mille respiri interi
tra i profumi della credenza.
Ho paura di non aver fatto tutto
il possibile, oggi, ieri.
Affrettarsi allora
sapendo prima che è l’ultimo giorno.

Le labbra sulla fronte
Dove sono le labbra
che sentivano la fronte che scottava?
Le tue, le mie
al leggero appoggiarsi
disciolte
come un nodo troppo stretto
in gola.
Non so se il ricordo ha un limite
se é più profondo del silenzio
fra l’ultimo squillo
e la risposta.
Non so se poi la vita
é tutto questo male
che ci accade
questo aspettare
al filo, muti
una fronte calda da baciare.

Inediti

Il ritorno di Merope alle Pleiadi
Non è affatto vero che dopo
è solo buio.
Le ombre hanno la luce dei giorni
passati
ed ogni cosa va al suo posto.
Torneranno i baci.

È il ritorno di Merope alle Pleiadi
della tua mano sulla mia testa
che ora compie il gesto intero
della carezza
del grembiule a quadri e ciliegie
che dal cassetto vola alla tua vita
e alla mia
per il pranzo della domenica.

In questa parte di tempesta
oggi che sono tutti figli miei
sono com’eri
quando mi sembravi vecchia.

Demetra
È tutto a posto, sono ancora io
che cucino per voi nei giorni di festa
e spando il profumo nel dormiveglia.
Sarà cotto, sarà giusto di sale
è presto, è  tardi
è poco, è troppo
di più, di meno
per la paura di non ricambiare
abbastanza
la vostra presenza.

Ma c’è traffico, dite al telefono
e l’ansia del campanello quando arrivate.
Esiste ancora il tempo?
Per Demetra, esiste ancora?

Uno sguardo allo specchio
alle voci che riconosco
a me che vi aspetto
amandovi
in cima alle scale.

TRADUZIONI

da LO SCATTO DELLA LUCERTOLA

We were the sea
That day we were the sea
and the sound of wings
lyric and abstract voices
that led us to the colours
to the cold of breeze.

‘’Don’t you hear the steps
of return, while we go?
You recognize them.’’
I said
and you ‘’How long is death in life?’’.

It was winter, freezing cold
and we met when the words
left the eyes.
It was like being born from water
again.

The last ray
Surviving
although of glass, the last ray
so glorious before the night
you will see  what I’ve seen
in that light from sea to inland .
The same sky, the same loneliness
that we felt just born.
Tenaciously  everything remain
become incarnate with the colour
of inclined and imperfect cypresses.

Flying with the straight neck
Flying with the straight neck,
vertical to the world
and obedient
I’ve closed my eyes
with pain
to tighten the night
and so strong
to see in my dark
the stars
just in case.

da SOLO L’ANIMA VEDE

Memory
My memory collects
balls of grass.
Drops filter
and seas overflow.
I start getting
in a bottle
some bubbles of youth.

Shape of father
One day
I took your sweater
and your tie.
I put them on the bed
as you were wearing them
lying.
I curled myself  up
in your shape
and cried
in the hug of your
empty sleeves.
Father like a kite.