Sacha Piersanti è nato nel 1993 a Roma, dove vive. Ha pubblicato i libri di poesia Pagine in corpo (Empiria, 2015) e L’uomo è verticale (Empiria, 2018) e il saggio critico Zero, nessuno e centomila. Lo specifico teatrale nell’arte di Renato Zero (Arcana, 2019). Tra il 2017 e il 2019 porta in scena, in collaborazione con l’attore Emanuele Marchetti e un gruppo di giovani artisti, lo spettacolo L’ora dell’Alt, ispirato alla poesia di Giorgio Caproni. Nell’ottobre del 2019 alcune sue poesie appaiono sul 17° numero della rivista L’Intranquille in traduzione francese. Dal 2017 è tra i curatori del progetto “La casa del Poeta” per la riqualificazione e conservazione della celebre casa-baracca del poeta Valentino Zeichen (1938-2016). Attualmente collabora con la rubrica Che teatro fa di Repubblica.it come critico teatrale.

sachapiersanti@hotmail.it

EnglishDeutschFrançais

POESIE

da PAGINE IN CORPO

Ecco
Scrivere poesia è scrivere d’altro.
La sera può dare
più luce del fuoco
se libera e profanata in parola;

ricordare per dimenticare
di averlo fatto.

L’oblio è il modo migliore
– più vitale, vorrei dire –
per fissare la verità,
né realtà né mondo.

In fondo
rivelare vuol dire
coprire di nuovo
e il manto del cielo che fu
è il ciò-che-sarà,
ché l’è muore
per la troppa bramosia di vita.

Ecco: vorrei solo passare,
incendiarti l’anima.
Vorremmo solo dimenticarci
per dire di esserci conosciuti davvero.

Un elicottero
Non provo nessun’emozione col cielo,
nessuna lacrima sfreccia sul viso
se alla fine muore il buono.
Non conosco le stupide lingue
degl’alberi, né riesco a intonarmi
al solfeggio dell’acqua e la Terra
davvero mi sa di terra.
L’unico colpo
che mi scoppia il corpo dentro
è veder rombare
questa spirale divina,
la mia doppia elica
di ogni altro Mestesso.

Demoliscimi piano
Demoliscimi pano
senza ch’io me ne accorga
come a risparmiar sul grano
in giorni di scure vacche magre. Togli
piano granuli di materia grigia inerte
e lasciami lo spasmo del pensiero. Sfila
da sotto la coltre
di quest’Eros sillabato
l’in dal cesto o la elle
dalla palla –
restami, senso, spillato
dentr’ai nervi;
sii clemente o, meglio,
boia illuminato, e se
la lama fende l’aria,
il colpo del bastone sposti accenti:
che il còlto sia sapiente
e il pèsco stilli ami.
Mi basta che tornino i conti
all’umanità, ma sfibrami piano
come a rispettarti pezzo
mio di te.

da L’UOMO È VERTICALE

La fine del mondo
Lo dicevo, agli altri, che non è
la fine del mondo – agli altri
lo dicevo (agli altri) che il cielo
capovolto è come terra
e sulla terra (lo dicevo agli altri)
si cammina meglio.

E fu per questo (agli altri),
perché gli altri
non sapevano né sanno,
gli altri non sapranno
sopportare mai la fitta,
la fitta al collo che fu mia
quando a sguardo spalancato
contorcevo la mia testa
per scalare la bellezza
tua planata sopra i tacchi
e lì ieratica e di ghiaccio
ma unica vivente –
come quando il vento
è solo ed è superstite
a disastro completato.

Ma a che serve ormai la terra
che non si fa spaccare in due
che non genera più vita
né (peggio) morte nuova?

Che ci faccio con i passi
se tu amore, meta mia,
mia metà di me
(tutto quel che sono)
non sei più distante
ma del tutto inesistente?

Fossi lontana prenderei
la vita che mi resta
come un bastone da passeggio
e non smetterei di camminare
nemmeno dopo morto –
fossi morta, amore enorme,
avrei la speranza di scavare
buchi nel cemento
crateri di galassie
buchi nelle vene
crepacci dentro al tuono
e con me vedresti
(tu che non vedresti)
il Tempo disperato
a prestarmi unghie.

Ma se per gli altri vivi
e esisti, sì, per gli altri
agli altri amica e amante
e inesisti solo a me
che solo non esisto
mi stringerò a me stesso
cercando di copiare
il calco del tuo abbraccio.

E no che non è la fine
del mondo quella fine
– la fine di un amore.

——Ma se il nostro muore
——non ci sarà più mondo
——che possa poi amare.

Lineare B
Non perdermi, rimani,
altro me che fra millenni
mi troverai informe
e forse poco attuale
ma sempre verticale

——ma in lineare B.

Non mi capirai
ma giuralo per me,
altro me che ci sarai,
giuralo che anch’io,
altro te che sarò stato,
son passato tra i rottami
del tuo mondo che il tuo mondo
avrà ricostruito.

Saremo faccia a faccia
in spigoli di specchi
saremo l’uno all’altro
dizionario e testo a fronte.

Quasi una dedica
(Padre, vorrei essere tuo padre
per non esserci per non
volerti come figlio – padre
vorrei essere mio figlio
per capire dove non sono figlio
per conoscerci figliopadre
in uno che sia armonia: nessuno.
Padre vorrei essere tuo padre
perché anche tu scoprissi
la potenza che mi hai dato
nel non essermi padre,
perché tu figlio mio non voluto
capissi quanto l’odio,
che adesso è puro suono,
mi fu padre e spinta al farmi
padre d’ogni umano.)

Anche le calamite dal frigo cadranno
Anche le calamite dal frigo cadranno
quando avaro di terra il magnete
si lascerà attraversare da dio.

È forza che aggrega parola
falce che asciuga, l’azione.

Accumuliamo ricordi promesse lettere inviti
piogge bicchieri cincin e cinture
c’intarsiamo d’intonaci

intrappolati

in qualcosa che dovrà venire.

Ma non è adesso il domani di ieri?
Stiamo tutti sempre tutti
continuamente tutti e sempre
per morire, e io ti amo
mio limite santo
di cellule e cellulosa mio d’io,
che senza te davvero
non saprei come fare
a essere umano e d’amore.

L’origine
Quando accosto la mano all’idea
che mi sgomita embrione in un punto
tra il cervello e la lingua non so,
(la bracco e ci combatto
si di batte lei per giorni
poi s’arrende e si fa frase)
sento addosso il peso umano
di chi scrisse e s’insemprò.

————Ci vedo

in file sparse trascinati tutti
quanti da quel primo
innumerabile mistero,
cieco forse o forse schiavo
che disse Ira quasi arreso: ma
quando la paura viene a farsi donna
mi ricordo di quell’Andra
da cui nacque’l mondo
e nascerai.

A P. B. Shelley
Penso di averti respirato
nell’aria satura del rifresco
di pesce e di poesia
quando eterno da vent’anni
con gli occhi già salati
ho preso a sorsi il mare ligure.
Cercavo il plettro del poeta
trovando pure il verso violinista
e solo adesso, quasi a svista,
so che c’eri stato: ma amore,
l’amore non è forse
questo sapersi dentro al sangue
senza mai essersi incontrati?
Non è forse avere l’iride
del colore della tua bocca
senza averla mai vissuta?

E cos’è quest’inatteso riscoprirti
cenere parlante all’improvviso
se non il segno che la morte
vince solo chi non muore?

Interferenza
Piersanti sii più serio
che so che tu lo sai
che l’uomo nacque umano
scoprendo il fratricidio
sentendo dentro dio.

Fu sul filo della lama
che tracciò la propria linea,
scannò pure la terra
perché sgorgasse vita.

Dàtti pace, zitto, lascia
e guarda cosa sei:
un niente che ha nel nome
sangue: l’ascia che userai.

E l’attraverseremo insieme
E l’attraverseremo insieme
un giorno non segnato
sul calendario: l’ottavo
della settimana, il varco
che ora ci spaventa,
passeremo
tra le ali della folla
che ora ci sta addosso
senza mai toccarci.
Impareremo a essere noi due,
in due soltanto senza
il mio bisogno d’estirparmi
da te che imparerai,
in due soltanto senza
il tuo bisogno di cercarti.

Ci ritroveremo
a chiederci com’era
contare il tempo,
affrettarci a computare
il peso dell’anima e del corpo,
la smetteremo
quel giorno, il trentadue
del mese tredicesimo,
di scalfire bordi
attorno all’esistenza,
di sarchiare il cielo
perché si faccia chiaro,
di tracciare linee
d’umana comprensione.

Sarà la ricorrenza
di nessuna ricorrenza,
quando capiremo
che inventiamo la memoria
per non volerci anomalie
intermittenti nella storia.

Confronto
Sacha caro, sì d’accordo
ma permetti una domanda
(siamo in tanta confidenza che
non esisto quasi senza te):
scoperchiata la tempesta
qual è insomma la proposta?

——-Scendere dal treno!

E vagare senza meta?
L’uomo è verticale, sì, ma mica scemo!

——-La meta non è altro
——-che il passo dopo il passo,
——-il punto da colpire
——-un buco pendolare:
——-quella da seguire
——-è la stella bipolare.

TRADUZIONI

Inglese

1
The End of the World
I used to say to others, that it isn’t
the end of the world — to others
I used to say (to others) the sky
overturned is like soil
and on soil (I used to say to others)
walking comes easier.

And therefore (to others),
for others
didn’t know, don’t know
others will never know
how to stand the pangs
in my neck, these pangs I felt
when I, broad-eyed,
was writhing my head
to climb your beauty
glided over heels
and there, icy and solemn
but the only living one —
as when the wind
is lonely and has survived
in the aftermath of a storm.

But soil is useless
if it can’t be cracked
if it can’t give birth
nor (worse) grant you death.

My steps are in vain
if you, my love, my aim
my main half of me
(everything I am)
are no longer distant
but totally inexistent.

Were you away, I’d take
the rest of my life
as a cane and never stop
walking even after death —
were you dead, boundless love,
I could hope to dig
holes in the earth,
caves in the cosmos,
holes in my veins,
chasms in the thunder
and with me you’d see
(you who wouldn’t see)
Time desperately
lending me its nails.

But if for others you live
and exist, yes, for others
to others friend and lover
and you inexist only to me
who alone I don’t exist
I will hold myself so tight
as to try and mould
the shape of your embrace.

And no, it is not the end
of the world that end
— the end of love.

——–But if ours falls
——–there’ll be no world
——–that could then love.

2
Mother-slave who ruminates despair
Mother-slave who ruminates despair
what were you thinking as a child
what do you say, at night, to the child
that you were surely when I was
project not intended, plan
unplanned: shadow
and feeble footprint in the guts?

Slave-mother who chews on misadventures
what were you thinking as a girl
what do you say to the girl
that you never were because woman
wanted upper hand
when the man had the arrogant
predictability of male
and you who drooped
on a sense of duty
– by nature your duty –
left to him, the illiterate
of respect, the privilege
of guiding every step
you took, you’ll take
you’d have taken and would take?

Servant-mother who cannot
articulate but laments
expert in the washing
of floors and dishes
why didn’t you accept
my guidance to wash
your conscience ungloved
at the end of the holy
marital murder?

Killing the woman
going by your name —
it wasn’t less criminal.

3
Linear B
Don’t lose me, stay,
other me who’ll find me
in thousands of years
——–shapeless
and perhaps untimely
but always vertical

but in linear B.

You won’t get me
but please, swear it
— other me who’ll be there —
swear that I did it
— other you who I’ll have been —
I walked past the wrecks
of your world that your world
will have rebuilt.

We’ll be face to face
as fragments of reflections
we’ll be to one another
dictionary, bilingual text.

4
In the highest degree of risk
In the highest degree of risk
we discover that trusting
has much greater weight
than all that mistrust.

I’ve seen women and men
strolling with a smile
past the beastly guys
armed with their guns
but totally unsuspected
of any flick of folly —

——–no one even has
——–the most typical of doubts,
——–that: what’s he gonna do?

Clearly, grey-green stains aren’t stains to be afraid of.

But then each time we cross
the street doesn’t it mean
gifting to a stranger
our living, our death scene?
(Translations By Augusto Cerruti)

Tedesco

Also
Dichten heißt anders gewichten.
Der Abend kann heller
leuchten als Flammen
muss nur frei und zum Wort gewendet sein;

erinnern um zu vergessen
was wir taten.
Vergessen ist die beste Art
– lebendiger sozusagen –
um Wahres festzuhalten
weder Welt noch Wirklichkeit.

Im Grunde heißt enthüllen
wiederverdecken
und der Mantel des Himmels, der war
ist, was sein wird
damit das ist
am übermüßigen Drang zu leben stirbt.

Also wollte ich bloß vorübergehen
sie anzünden, deine Seele.
Wollten wir einander bloß vergessen
um uns wirklich gekannt zu haben.
(Trad. Georg Holländer)

Francese

Mère serve qui rumines le désespoir
Mère serve qui rumines le désespoir
que pensais-tu fillette
que dis-tu de nuit à la fillette
que tu fus certes quand je fus
projet non déclaré, plan
non planifié : ombre
et empreinte bâclée dans les viscères ?

Serve mère qui mâches malchances
que pensais-tu jeune fille
que dis-tu à la jeune fille
que tu ne fus pas parce que femme
voulut le dessus
quand l’homme eut
l’arrogante prévisibilité
de mâle et toi vautrée
sur le sens du devoir
par nature ton devoir
tu lui laissas à lui, l’analphabète
du respect le privilège
de conduire chaque pas
que tu fis, que tu feras
que tu aurais fait et que tu ferais ?

Mère esclave qui ne sais
articuler qu’un lamento
experte à laver
vaisselle et planchers
pourquoi n’as-tu pas adopté
la conduite que je t’ai indiquée
pour laver sans gants
la conscience après le saint
homicide conjugal ?

Tuer la femme
avec ton propre nom
ne fut pas moins criminel.

Et nous le traverserons ensemble
Et nous le traverserons ensemble
un jour non marqué
sur le calendrier : le huitième
de la semaine, l’accès
qui maintenant nous fait peur,
nous passerons
entre les ailes de la foule
qui maintenant nous talonne
sans jamais nous atteindre.
Nous apprendrons à être nous deux,
à deux seulement sans
mon besoin de m’extirper
de toi qui apprendras,
à deux seulement sans
ton besoin de te chercher.

Nous nous retrouverons
à nous demander comment c’était
de compter le temps,
à nous hâter de calculer
le poids de l’âme et du corps,
nous en finirons
ce jour-là, le trente-deux
du treizième mois,
d’érafler les bords
autour de l’existence,
de sarcler le ciel
pour qu’il se fasse clair,
de tracer des lignes
d’humaine compréhension.

Ce sera la récurrence
d’aucune récurrence,
quand nous comprendrons
que nous inventons la mémoire
pour ne pas y vouloir d’anomalies
intermittentes dans l’histoire.

Linéaire B
Ne me perds pas, reste,
autre moi qui dans des millénaires
me trouveras informe
et sans doute peu actuel
mais toujours vertical

——mais en linéaire B.

Tu ne me comprendras pas
mais jure-le pour moi,
autre moi qui seras là,
jure-le que moi aussi,
autre toi que j’aurai été,
je suis passé à travers les débris
de ton monde que ton monde
aura reconstruits.

Nous serons face à face
en angles de miroirs
nous serons l’un à l’autre
dictionnaire et texte bilingue.

Même les magnets du frigo tomberont
Même les magnets du frigo tomberont
quand avare de terre l’aimant
se laissera traverser par dieu.

C’est la force qui agrège le mot
la faux qui essuie, l’action.

Nous accumulons souvenirs promesses lettres invitations
pluies verres toasts et ceintures
nous parant de crépis

pris au piège

dans quelque chose à venir.

Mais ce n’est pas maintenant le lendemain d’hier ?
Nous sommes tous toujours tous
continuellement tous et toujours
à mourir, et moi je t’aime
ma sainte limite
de cellules et cellulose mon moi à moi,
car sans toi vraiment
je ne saurais comment faire
pour être humain avec amour.

L’engin
“Commence par lui donner de la stabilité, une base
de jambes et pour éviter les accidents
deux bras qui rattrapent un faux pas.
Unis les bouts entre eux
avec du fil de nerf et des faisceaux
de muscles – en guise d’amorce
à la torsion (tu vois
comme quand tu dois démarrer
une voiture volée ?).
Mets-y à circuler dedans
un peu de sang et différents fluides
qui réagissent à l’étincelle
de la volonté (je te conseille
de la saboter, celle-là : tu vois
comme quand tu dois faire mourir
quelqu’un dans sa voiture ?).
Cache bien le tout avec la voix,
fais en sorte qu’il connaisse
les feintes du langage.
Il manque un dernier élément que moi seul je sais :
mais si je te le disais, alors toi aussi tu serais Dieu. ”
(Trad. Benoît Gréan)