Patrizia Garofalo è nata a Camerino nel 1949. È vissuta a Ferrara, dove è scomparsa nel 2017. I suoi libri di versi: Ipotesi di donna (Corbo, 1986, prefazione di Giorgio Caproni, testo sceneggiato per il teatro e rappresentato alla Polivalente di Ferrara e a Macerata), Le bambole non si pettinano (Corbo, 1992, prefazione di Franco Patruno), Terra di Nomadi (Poesia Contemporanea,1996), Mare d’anime (Schifanoia, 2003, prefazione di Paolo Ruffilli), Dare voce al silenzio (Il Foglio, 2007, prefazione di Attilio Mauro Caproni), Il Dio dell’impossibile (Il Foglio, 2009, prefazione di William Navarrete), Girasoli di mare (Blu di Prussia, 2016). Ha scritto sui siti on line Lankelot, Poetilandia e Tellusfolio.

 

 

POESIE

E venni a patti con il dolore
E venni a patti con il dolore
disorientato ospite
lo ebbi più volte a cena

lo abbracciai
tra i baffi di un medico
morte rapida di una bambola
occhi impossibili al pianto
nell’addio ad un cane

avrei attraversato secoli
smagrita dal cercare
appassionata fotografa di vita
mi firmai sempre
“angelo sbagliato con ali di terra”
tutto desiderai
tranne la dimenticanza.

Eravamo con voi di notte
Eravamo con voi di notte
sui tetti.
Sparavate alla bocca
schizzavano mani
che volevano proteggere
almeno il cuore
perché morisse intero.
Sentivamo caricare armi
in una roulette russa
che non era russa
ma sapeva di gulag.
Eravamo con voi
quando luridi di sangue
ve lo pulivate anche dalle pupille.
Eravamo con voi e
siamo rimasti fino a quando
non vi abbiamo visto
chiudere gli occhi
di un vecchio
come fosse stato vostro padre.

La tua voce sopra l’orrore
“La nostra terra è impastata
più di morti che di vivi”
la tua voce sopra l’orrore
dipinge di versi sentieri
indica la strada del rifugio.
E la luce che colora i tuoi tramonti
addolcisce il sole cocente
e la deriva dei naufraghi,
corpi sventrati dagli uomini
che li vollero servi
di regalità spodestate.
Avverto una velatura pesante
scendermi negli occhi.
Mi appare lontano oggi
il declinare sentimenti d’amore
resto appesa al tuo dirmi del mondo.

Se non custodissimo quel segreto
Se non custodissimo quel segreto
sarebbe vano il viaggio
scommessa risolta
realtà svelata
dubbio divelto alla radice.
I bonsai sono aborti di piante
nani che piangono alla mensa dei buffoni.
Deserto è la parola svelata
anche quella di Dio.

Parlavi di matrimonio
Sarà faticoso trascinare
nuvole basse
a sfiorare il mare
spianare le onde
dimentiche di vele
appesantiti sudari
di abissi colmi fino all’orlo
la riva è il perimetro
del nostro dirci
nelle lenzuola d’acqua
annebbiate dalla sera…
parlavi di matrimonio
tra stelle e cielo,
tra cielo e terra,
tra stelle e stelle
tra cielo e cielo
questa sera annotta prima
almeno sembra
affidiamo al silenzio
un supplemento d’anima.

Obliqua traiettoria
Obliqua traiettoria
di mare e pietà
di misericordia ed indifferenza
ripescata dagli abissi
una nuvola scura aggancia il cielo
celata all’alba
ogni notte annega
nei confidenti fondali delle maree
docile all’acqua
battuta dai marosi
briciola di pietra
simulacro di cristallo
specchia
nostalgie di partenze
in arrossati tramonti.

Torno nello spazio dei tuoi occhi
Tutto ormai
rotola a fondovalle
nell’eco che rimanda
ornati telai di mani operose
madie profumate di pane e fango
alzatine con fiori dipinti
– di semprevivi parlavi –
lavatoi di madonne
cieca di nascita io,
luogo e semine e mèssi
orlate di papaveri
nodi rossi ai capelli
come per un ballo
intorno allo spiazzo, nell’aia,
dietro il fienile
alloggiano la luna le ombre
oscillano e riportano canzoni
senza note pietose
arcane zolle di terra
in cecità del dire
occidente è il luogo dove muore il sole?
Ditelo voi ancora radici
erbose irrorate d’acqua terrigne
uniche superstiti al passo di allora
orfane tra breve inermi.
Ora è tempo buio claudicante
come e dove senza il quando
ho interrato un ramo
tremante di poche foglie.

Taciti si parlano gli astri
Taciti si parlano gli astri
e nel silenzio commuovono le anime,
così dicevi Madre,
da quando gli uomini non scrivono più sogni
le notti hanno brillato
lontane
inquiete
vacillanti.
Eppure una breve luce s’è fermata
sull’insensato sbarramento
ha brillato
ha sostato
come un acchiappa sogni
sul giaciglio di un bambino.
Nelle tenebre rischiarate
l’umanità tutta
imparerà a piangere

Nell’impura liquidità
Nell’impura liquidità diventa assenza
la parola in fioritura
negato al segno abitare il corpo

si scompare per troppa luce
la nostalgia trasporta
oltre il riparo
quel che resta e che non è mai stato.

Tutto converso in bene
“Tutto converso in bene” – mi dici –
tutto, ti rispondo, tranne l’ansia
dell’abbraccio,
averlo cercato io,
per prima fingendo di sfiorarti
e aver pensato di averlo ricevuto per
strapparmi dalle labbra sorrisi
e speranze.
Stesa sulla battigia a gambe larghe
verso il mare, partorivo nell’acqua
due gabbiani
presto restituiti al volo.
Aspettavo l’azzurro che lavasse
il mio corpo cresciuto nel bene
dei sogni.
Mantenni salino il corpo,
pregai senza staccare la pancia dalla terra
aspettai l’amore da dare
con cicatrici a forma di fiore.
Sì, tutto converso in bene, come dici.

Sfiorerai
Sfiorerai
ciglia d’antilope
di velluto al tatto
…sempre
occhi liquorosi
di tramonti senza orizzonti

colorati cristalli di sabbia
iridescenti lacrime
cospargono deserti
feriscono lo sguardo
accompagnano l’andare errante
liberi dalle reti del tempo

avrà il sapore del mare
anche la melma del fosso
andrai nel mondo
con i miei occhi
perle senza vivaio
da custodire in acqua.

Cantilene e nenie
Cantilene e nenie
stasera tornano
trascinano un passato innocente
e sonni dimenticati
non le ho mai sentite
le ho cantate tanto tempo fa
ma non le ricordo.
Il vento
ha sbagliato finestra.

Le parole si divincolano
Uncinate dalla scure
le parole si divincolano.
Cercano respiro
a terra
e
rantolano.

È una pace che non verrà
Desideri smarriti naufragano
dentro un gorgo d’odio
Si addensa fitta nebbia
tra corpi lacerati.
Le stelle barcollano,
qualcuno inciampa
cade. Colpisce
per troppa luce.

Desideri
…e dell’immagine
i riflessi sull’asfalto bagnato
specchi concavi
pozze di luce
lungo la strada che apre alle mura
fortilizi di paura
bastioni-riparo
la solitudine non si contiene
tracima
fiume in piena
raccogliamo conchiglie
frantumi di bagliori
donati dalle stelle.

Eppure mi hai svegliato
Mi hai svegliato
nell’alba liquida
dei sogni prima della parola.
quando di essa s’accende il desiderio
e nel timore che finisca
si tace sorridendo.