Marco Ignazio de Santis è nato nel 1951 a Molfetta (Bari), dove vive. Si è laureato in lettere all’Università di Bari. Ha pubblicato di poesia: Uomini di sempre (Lacaita, 1984, Premio Saba), Libro mastro (Levante, 1991), Jesen u srcu (L’autunno nel cuore, Naučna Knijga, Belgrado, 1992), Lettere dagli argonauti (La Vallisa, 2007, Premio Canepa), Dal santuario (Helicon, 2014), Ritorno di fiamma. Poesie umoristiche e satiriche (Genesi, 2016). Di narrativa: «Vaghe stelle» e altri racconti (Genesi, 2012, Premio speciale della critica “Thesaurus”). Di saggistica: Periferia centrale (Levante, 1990), La poesia in Puglia (Forum, 1994, con D. Giancane), Un amico di Garibaldi: Eliodoro Spech, cantante, patriota e soldato (Inprinting, 2011, Premio Firenze-Fiorino d’oro), La luce del mondo (antologia dei poeti “La Vallisa”, Tabula Fati, Chieti, 2012), W Salvemini. Le elezioni politiche del 1913 nei collegi di Molfetta e Bitonto (Aracne, 2013). Per la saggistica nel 1986 ha ottenuto il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio. Dal 1989 al 1998 ha collaborato alle pagine culturali dei quotidiani “Giornale di Brescia”, “Prealpina”, “Gazzetta di Mantova”, “Gazzetta di Parma”, “L’Arena”, “Corriere del Ticino”, “Il Dovere” di Bellinzona, “Quotidiano” di Lecce, “La Provincia”, “Libertà”, “Messaggero Veneto”. Suoi articoli, racconti e poesie sono stati tradotti in serbo, croato, spagnolo, albanese, sloveno, francese, inglese, polacco e latino.

marcoignazio.desantis@gmail.com

http://www.marco-desantis.it

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POESIE

da DAL SANTUARIO

HORAE SUBSICIVAE
È l’aurora primordiale
che incendia l’orizzonte,
mentre lascio gli studi
ed esco alla campagna.

Mi bagno all’aria del mattino
in questi calmi ritagli di tempo.
Ora più nulla m’impaùra,
nemmeno la pena più segreta.

Di niente più m’importa,
solo bearmi al tuo sorriso,
ora che il volto torna a gioire
e a sbocciare come fa la rosa.

NEL GHETTO
Sale il profumo resinoso
dall’arca di gôpher
dei miei sogni.

Vira la nave di bordo
nel ghetto degli esclusi
senza luna e senza patria.

E vedo noi
tutti qui,
piccoli borghesi massificati,
schiacciati sul margine
dal Moloc che divora
i libri stampati alla macchia
e ci condanna al non esistere.

Ma vado avanti ugualmente,
provo rotte inusitate,
abbozzo strategie di difesa,
mentre sto qui che scrivo
in labile atarassia,
quieto, assurdamente quieto,
senza ripensamenti.

GLI ULTIMI
Ora non serve più
la tenera prole dei versi.
È parso vano
deragliare dalla norma,
è stato vano
scardinare gli innesti.

Lenta, inesorabile,
la marea ci sospinge
verso la plaga degl’ìnferi,
verso una landa di nessuno,
dove gli ultimi non
saranno mai i primi,
ma soltanto gli ultimi,
i perdenti.

IL SOGNO DI AMLETO
Povera Ofelia,
ti ho vista cogliere fiori
in riva allo stagno,
esiliata dalla follia del mondo.

Povera Ofelia,
ti ho vista scivolare addormentata
su uno specchio d’acqua,
inghirlandata di rose,
bella oltre ogni dire.

Povera Ofelia,
ti ho vista navigare resupina
verso la foce di tutte le terre,
verso la fine del dolore.

Dormi, ora,
principessa soave dei miei sogni:
ti sono compagne le ninfee
e dolcemente gli zèfiri ti cullano
nella sorgiva amniotica,
mentre pietosa
la nostalgia del silenzio
ti sospinge nella quiete eternale
del grembo materno.

da LIBRO MASTRO

UN GRIDO MUTO E LOGORE PAROLE
A Daniele Giancane
Quest’oscuro destino terrestre
non riscattano parole d’occasione
o atti vani e gesti d’impotenza.
Il sangue gronda dai giornali
e tutta la storia è cronaca mortale.
In fondo chi siamo e dove andiamo,
che cambierà quaggiù
se un giorno non ci saremo?
La vita scorre come cieca lava
e l’entropia corrode l’universo;
la gioia ha volto di Chimera
e franano i sogni
dal crinale dell’Utopia.
Perciò non chiedermi, compagno,
rami d’ulivo o colombe;
soltanto questo ho da offrirti:
un grido muto e logore parole.

IL SENSO DELLE COSE
Ad Ada De Judicibus
Io non so a che vertigini d’estasi
la tua mente in voli si perde
quando dai vetri scruti
nel tuo orto conchiuso
e freme nelle foglie
il respiro della terra
o i fiori si schiudono
in raggiere di letizia;
ma fra calestri di pena
forse la tua anima s’incaglia
quando senza perché resta il dolore
e i giorni in fuga
amara nostalgia si fanno
e le feste notturne
desolate cabirie.
Anche me attarda il senso delle cose;
ma sbatte l’uscio ed io risposta non trovo
ora che il tempo ingialla il pergolato
e scende l’autunno nel cuore.

EREDITÀ
Scrivo versi
su fogli riciclati,
roba inutile,
che non serve a niente,
ma non fa male,
non ammazza nessuno.

Rattoppo ancora
crestomazie dell’anima,
nobili aggrumi,
aristocratici deliri.
Ma più non guardo
fiori e maggesi.
Ora contemplo
mari di liquami,
campi plastificati,
scorie,
acide piogge
e nubi radioattive.

Da oggi svendo
biodegradati pensieri,
liofilizzate speranze
e asfittiche illusioni:
do il vuoto a perdere
delle rimaste utopie.

Figli miei, che mondo
vi sarà consegnato?

da UOMINI DI SEMPRE

QUARTIERE NOTTURNO
E scende il rezzo più cupo,
e la città, sorpresa dalla notte,
mostra un pallore di luci
che tutto imbeve di stasi.
Stupìti, i birilli d’ombra
fissano gli edifici marziani
nella vallata di cemento e d’asfalto
dove canticchia l’ubriaco.

TRADUZIONI

HORAE SUBSICIVAE
It is the primordial dawn
that ignites the horizon,
as I leave my studies
and go out to the fields.

I am moistened by the morning air
in these calm spare moments.
Now nothing can frighten me,
not even the most secret sorrow.

Nothing matters to me any longer,
I only wish to delight in your smile,
now that the face rejoices
and blossoms again as does a rose.
(translation by Monica Ann De Bari and Fiona Grace Peterson)

IN THE GHETTO
The resinous scent rises
from the ark of gôpher
of my dreams.

The boat tacks
to the ghetto of outcast
with no moon and no homeland.

And I see us
all here,
lower middle classes, assimilated,
crushed on the margin
by the Moloch which devours
the books printed at the maquis
and condemns us to a dashed existence.

But I press on regardless,
trying unusual routes,
drafting defence strategies,
while I stay here, writing
in a labile ataraxia,
calm, absurdly calm,
with no regrets.
(translation by Monica Ann De Bari and Fiona Grace Peterson)

THE LAST
The tender offspring of verse
is no longer of any use.
To go off the norm
has appeared useless,
to unhinge the couplings
has been vain.

Slow, relentless,
the tide drives us
towards the region of hell,
towards a nobody’s wasteland,
where the last
will never be the first,
but just the last,
the losers.
(translation by Francesca Biagi)

HAMLET’S DREAM
Poor Ophelia,
I saw you picking flowers
by the pond
banished by the madness of the world.

Poor Ophelia,
I saw you gliding asleep
on the water,
wreathed with roses,
unspeakably beautiful.

Poor Ophelia,
I saw you sailing supine
towards the mouth of all lands,
towords the end of sorrow.

Sleep now,
gentle princess of my dreams:
water lilies are your companions
and gentle breezes cradle you
in the amniotic font,
while nostalgia for
silence pitifully
drives you into the eternal peace
of a mother’s womb.
(translation by Francesca Biagi)

UN CRI MUET ET DES MOTS CONSUMÉS
Ce sombre destin de la terre
ne délivrent pas des mots d’occasion
ou des vains actes et gestes d’impuissance.
Le sang dégoutte des journaux
et toute l’histoire c’est une chronique mortelle.
Au fonde, qui sommes-nous et où allons-nous,
qu’est-ce qui va changer ici-bas
si nous n’y serons plus un jour?
La vie s’écoule comme lave aveugle
et l’entropie ronge l’univers;
la joie a le visage d’une Chimère
et les rêves s’éboulent
du penchant de l’Utopie.
Donc, mon ami, ne me demande pas
des rameaux d’olivier ni colombes;
je peux t’offrir seulement celui-ci:
un cri muet et des mots consumés.
(traduction de Valeria de Santis)

EL SENTIDO DE LAS COSAS
Yo no sé en qué vértigos de éxtasis
se pierde tu mente volando,
cuando escrutas desde la ventana
tu concluído huerto,
y tiembla en las hojas
el respirar de la tierra,
o las flores se abren
en irradiaciónes de júbilo;
sino – entre marjales de pena
se engolfa tu alma,
cuando, inexplicado, permanece el dolor,
y los días en fuga
se vuelven una amarga nostalgía,
y las fiestas nocturnas,
desoladas locuras.
También a mí me intriga el sentido de las cosas;
pero se abre la puerta, y ya no hallo respuesta,
ahora que el tiempo hace amarillear el parrón,
y el otoño desciende sobre el corazón.
(traducción de Raúl Alfonso Simón Eléxpuru)

NOĆNI KVART
Spušta se senka sve tamnija,
i grad, noć ga iznenadila,
javlja se bledim svetlima
koja sve natapaju mrtvilom.
Začuᵭeni, čunjevi senki
obeležavaju stajalište zgrada
u dolini betona i asfalta
tamo gde pevuši pijanica.
(prijevod: Dragan Mraović)

TRASHËGIM
Në fletë të ricikluara
gjëra krejt pa vlerë
që kujt s’i hyjnë në punë
e keq s’i bëjnë askujt
dhe as nuk vrasin kend
unë vargje nis e shkruaj.

Frymëzueset antologji
si dhe fisniket plagë
kllapitë aristokrate
s’bëj vec i arnoj.
As lule dhe as ara
sytë s’më shohin më.
Një der ujrash të zeza,
fusha plastmas veshur,
skorie,
rreshje pafund acidesh,
radioaktivet re
tani rri e sodis.

Mendime të degraduara
e të dobta shpresa
si dhe të humburat iluzione
për një hicgjë do shes:
të gjorave utopi
hicin do t’u fal.

C’butë botë do ju lemë vallë
o bijt e mij të shtrenjtë?
(përkthimi: Besnik Sopoti)