Linda Mavian è nata nel 1951 da famiglia di origine armena a Venezia, dove vive. Si è laureata in Storia dell’Arte Contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Ca’ Foscari e si è perfezionata in Storia dell’Arte presso l’Università di Padova. Ha pubblicato di poesia: Dattiloscritto d’acqua (Edizioni del Leone, 1994, prefazione di F. Zambon), Città leggera (Marsilio, 1999), Aliante del mattino (con immagini di G. Sartorelli, LietoColle, 2008), Dove la città diviene cielo (con immagini di G. Sartorelli, prefazione di T. Toniato, Supernova, 2011), I rimanenti mari (prefazione di T. Toniato, Campanotto Editore, 2014); Solo una volta Sempre, in “Zeta. Rivista internazionale di poesia e ricerche”, anno XLIII, n.4 dic. 2020, p. 22-25. È suo il testo della composizione Flashback, del maestro Claudio Ambrosini per flauto, soprano, violoncello, nel novembre 2016 presentata a Stoccarda. Nel marzo 2019, nell’ambito della settimana Le Printemps des Poètes, ha partecipato a Lione a un incontro con gli studenti dell’Università Lyon III, che, sotto la guida di Marie Viallon e di Laurent Baccali, hanno tradotto in francese le sue due raccolte di poesie Aliante del mattino e I rimanenti mari. Ha partecipato all’Università di Trento, l’8 giugno 2021, al Seminario Semper 20-21. Armenia: una patria poetica, incontro con Antonia Arslan, Paola Mildonian e Linda Mavian. È tradotta in spagnolo, francese, armeno, cinese e inserita in raccolte antologiche italiane e straniere. Tra i contributi inerenti ai beni culturali e al paesaggio si segnalano: Catalogo dei periodici delle biblioteche di Venezia, (Regione del Veneto, 1984), Atlante dei centri storici del Veneto. Provincia di Padova (Regione del Veneto, Italia Nostra, 1988), Archeologia industriale nel Veneto (Regione del Veneto, Silvana editoriale, Amilcare Pizzi Editore, 1990); Ruolo della mitologia nella percezione della natura e nell’organizzazione delle sue risorse. Luoghi mitici o illustri (in Paesaggio mediterraneo, Electa, 1992), Interventi di restauro architettonico nella Venezia dell’Ottocento: il Fondo archivistico Prefettura dell’Adriatico (in Università di Venezia, Quaderno di Venezia Arti, Viella, 1990), Ville venete: bibliografia (IRVV, Marsilio, 2001), I parchi del Veneto. La tutela e la gestione del paesaggio (Regione del Veneto, 2003), Le ville venete e il filo di Arianna della fortuna critica. Atti del Convegno di Studi Palazzi e dimore storiche in età barocca (in “Arte Lombarda”, n. 143 – 2005/1; n. 144 – 2005/2), Architettura e Urbanistica, in G. Distefano, Atlante storico di Venezia, Supernova, 2007), Il sistema delle fortificazioni dei litorali (a cura di G. Caniato, L. Mavian, I. Operti, Regione del Veneto, 2012); The experience of Venetia on the historic cultural identity of the territory, The Spatial dimension of human rights: for a new culture of the territory. Proceedings, Council of Europe, 2009. La méthaphore de l’hypertexte et la perception des paysages contemporains. Actes, Council of Europe, 2006.

lindamavian1@gmail.com

POESIE

da DATTILOSCRITTO D’ACQUA

messaggi non recapitati
si scrive si cancella
la pagina rimane bianca
le parole navigano sul tavolo
fuse con la gomma grigia

in un nuovo diverso amalgama
di sillabe e pensieri
dispersi
in sintonia
con polvere di
onde radio non ascoltate

*
fragile convinzione
ho guardato a lungo il cielo
per questo penso di avere gli occhi azzurri

da CITTÀ LEGGERA

detto diversamente
la luce tagliente si dissolve rapida in una
pozzanghera di dolcezza
senso di pace
era vuoto fra le parentesi tonde
quello spazio quel tempo sono confluiti
in margini più ampi
in galassie dai bordi fluorescenti
a cui una sarta forse cuce un vestito spagnolo

*
inatteso
dopo lunga clausura
di nuovo il vento
leggermente
mi concede il suo perdono

*
con provviste minime
noi viaggiatori di paesaggi
veloci come un battito di ciglia
di colonne sonore private di nenie locali
di canti modulati su accordi ancestrali
in fotogrammi d’ombra di
radici strappate subliminali

da ALIANTE DEL MATTINO

ero solo imbastita
aria pura
la notizia mi venne riferita
mio dolce miele
dove andrò colerò come clessidra
era una rete che non tenevi fra le dita
oh mio perduto jack di cuori
colerò in un giardino all’italiana
in profumo di ghiaia
in un letto di fiori

*
due volte noi pensavamo al sole
c’era qualcosa in comune
il colore di fondo
due giorni splendenti sperduti
un simbolo per traversare il ruscello
senza le valigie smarrite
non si possono richiedere
alla vita dell’hotel precedente
un sogno mi cola come acqua su corteccia
di foresta pluviale
come pioggia su vetro trasversale
fuori cadono le foglie lentamente
in un souvenir di vetro rotondo
intrecciare i miei vestiti
di foglie di capanna
in un verde enclave
di infanzia ancestrale
lungo fiumi
assimilare il vento sull’ultimo ponte della nave
tutta questa pioggia sul fondo della canoa
vorrei uscire ora
tutta questa pioggia mi
mi confonde a un passato remoto
a qualcosa ora chiusa
come ambienti di casa
di prospettive da cambiare
ma sono abitacoli ventricoli di cuore
è la mia casula capanna mantello
forse ho solo quello
è intrinseco a tessuto interno
è bagnato da marea di mare
e tutto questo neon non è di luce eguale
mi ricordo un letto in cui dormivo
un sogno che facevo
se questo significa esistere o resistere
non è per me molto diverso

*
transfert
linee parallele
prospettiva di viali di periferia
en train de
transiberiana capelli di steppa
la casa ha il pavimento
in terra battuta in terra beata
è fuori luogo intransitiva
scala invisibile di incertezza
rettangolo di finestra cosa rara
cosa fai
i quadrati gialli delle finestre stabili
sugli Urali
tu puoi pensa
nuvola è un gomitolo
sulla spiaggia una sciarpa
di vento mi avvolge il collo
decido di avere freddo

da DOVE LA CITTÀ DIVIENE CIELO

regalarti fragole
nutrirti di acqua e di vento
avere ancora giorni tempo

*
ride silenziosa
non devo risolvere tutto
anch’io sorrido allora

*
bagliore arancione
molto tenue però
quasi un pallore
poi mi trovai nel tuo spazio ti curai
le tue giornate splendevano
in un cesto di bastoncini di shanghai
nel disadorno giardino della scuola
queste sono le usanze dei paesi interiori
così si intreccia un nastro ai capelli
ci si siede di fronte

*
verde
la emme è più presente
la enne è già trasparente
votata a trascolorare
in lontananza
ad annullarsi in enne di niente

*
dall’inglese
confondo parola e mondo

*
se io avessi detto
“bello dolce radioso”
le parole che conoscevo

*
la mia casa era di rami e di foglie
si vedeva il cielo
il sonno dei raccoglitori
leggero

*
era un calmo pomeriggio e il suo lucore
restava sospeso sulle rotte della casa d’acqua
senza ormeggio e motore
sul prato millenario e il suo torpore
dormo sul bagaglio a mano
nella sala di transito di aeroporti uguali
insieme agli altri
li ricordo tutti li ho dimenticati
assonnata senza difese felice di tornare

da I RIMANENTI MARI

tutto il campo sarà rilevato
così potremo parlarci sempre
le colture torneranno selvatiche
non potremo farci niente

*
alcuni a conclusione del giorno
sceglievano un cielo arancione
imprimevano un sussurro sulla pista di registrazione
una promessa disarmante anche con un altro nome

*
forse mi dedicherai qualche giorno
della tua eternità
non servirà il dono dell’ubiquità
per dialogare insieme
sarà un dolce mattino infinito
un piccolo ritorno
senza folla o freddo intorno
saremo in una stanza d’aeroporto
mi dirai cos’era scritto nel diario di bordo

*
nella foto un maglioncino
a punto riso
molto grazioso
rimasto non so dove
la casa nel frattempo ha cambiato destino
i suoi cassetti si sono smaterializzati in una banca dati
in un mito di fondazione
cd rom bohémien fase di sonno rem

*
trasferire sogni
senza diritti d’autore

*
avevo immaginato
oltre le finestre un piccolo mare
calmo come uno stagno
di luce verticale
tra le alture d’erba
in cui mi potevo bagnare

*
verso tutte le mie terre ferme
le mie isole sorridenti
il mio amore a frammenti

da SOLO UNA VOLTASEMPRE

aiuole con i semi delle vocali
monte ventoso
paris texas
non ti voltare per trovare
le strade deserte
le città duplicate
e tutti gli altri nomi

*
da ripetere durante il giorno
e nel lago del tempo
nelle dosi  necessarie scordate
all’inizio vivendo
e di quando in quando
non temere eravamo tutti sconosciuti
ma sapevamo in fondo
in un pensiero non formulato
inconsapevole
che ci saremmo sciolti con dolcezza uguale
neve nel mare

*
non ricordo il titolo o la regia
alcune scene di crudeltà abituale
poi la voce narrante due amanti
una sequenza ricorrente
il film non era su Pelléas et Mélisande
ma per me è rimasto tale
come per loro il mistero
e quella possibilità rassicurante
che fosse sufficiente stare vicini
senza sfiorarsi o parlare

*
nav nave
carte geografiche dai colori chiari
freddi vicino ai poli
con nomi di città di mari
la mia shokenav  (.)
è un guscio di noce
con cui gioco nell’acqua del lavandino
fra oceani schiumosi in cui decifrare
una rotta un destino

(.) nave, in armeno

*
Eurialo e Niso
ero fra le frecce schivate e l’aria
rarefatta nella foresta infinita
in gioco la vita
cadevano le foglie e noi
con loro nella notte
per amicizia per amore
tornai indietro al passato remoto
non c’era verso
era necessità fato destino
non potevo fare nulla di diverso

*
quello che ci univa
era la forma delle dita
un tratto che viene da lontano
dal mito dalla narrazione antica simbolo di sintonia
giunge inattesa con l’alito del vento
che a volte ci conduce sogni in cui siamo felici
con l’ansia che termineranno
dove camminiamo tenendoci per mano

*
alfabeti dimenticati
ne rimane un riverbero sonoro
come ero erano loro
campi elisi sorrisi
riflessi di narcisi
strade polverose rose
sandali ali