Irno Scarani è nato a Milano nel 1937 e vive a Pozzale di Cadore, nel paese originario della madre, in provincia di Belluno. Ha pubblicato le raccolte di versi: Occhio di presagio (Rebellato, 1975), Frammenti del viaggio (Amadeus, 1999), L’oscuro germoglio della notte (Stango Editore, 2003), Voce nascente voce morente (Edizione del Giano, 2008), La cadenza dell’amore (Libro Italiano World, 2009), Un quotidiano esistere (Edizioni del Leone, 2012), Cronache di luce e sangue (Edizione del Giano, 2013), Tra luce e dolore (Tiziano, 2017), Sulle ali della notte sovrana (Edizione del Giano, 2019). Ha pubblicato anche un libro di aforismi e pensieri: Le parole corrono sul fiume umano (Edizione del Giano, 2014). È anche pittore.

 

POESIE


Il bianco silenzio della neve.

Sui campi lampeggiano brillii.
I monti lucenti
trafiggono il cielo imperlato di chiarori.

La neve lieve e frusciante
è un lenzuolo di algide piume
che s’adagia sul sonno dei morti.

Un fragoroso sbattere d’ali
scuote i rami del susino
e una pioggia di polvere bianca
sfarfalla nel vento leggero.

La neve scende sovrana e infinita.

Oltre la finestra
Oltre la finestra
tutto s’infuoca
nella visione abissale.
Sguardi vuoti e anime tortuose
attendono passi di luce.
È il mio modo naturale
e un po’ dolente
di scrutare l’immensità.

Qua e là si ramifica
il suono del tempo
e oscure voci arcane
solcano l’orma pietrosa
che infossa gli addii.
Si dirama il filo rosso del mondo,
lo spirito diviene scintilla
e il risveglio del cuore
è un brusio d’ali gemmate.

Alzano muri d’ombra.
I chiavistelli piombati
serrano paure
e ossute solitudini
ingrembano le stanze.
Una rete metallica
disegna assurdi confini.

L’uomo esiliato dalle ombre
vaga tra sogni e misteri
scrutando l’insondabile infinito
e la sua anima assediata
dagli spettri
attende segnali di luce
sulla muta soglia.
(1998)

Cammino
Da quanti anni
cammino ignaro e denudato
dai fulmini del tempo
che mi sorprende sulla soglia
ormai fioca e alata di ombre
con i sensi segreti
ancora vivi e l’oscuro tormento
nei giorni vuoti e insensati
o tra voci inique e vane.
Smemorando tutto
a tratti sorgo dal nulla
o da un sogno mortale
e risveglio sopiti albori
nell’anima stanca
qua e là scagliando ancora
qualche verde freccia.
Questo fragile risveglio
nel fiammeggiante mistero
della vita è un piccolo
balzo di tigre che
s’inabissa all’indomani.

Eppure sempre cammino
ignaro e lucidamente assorto
nella ridente maschera del tempo
che mi sorprende ineffabile
con inganni e umane promesse
nelle mie piccole brame
ancora vive e oscuramente assetate.

Come tutto va dileguandosi
e non si hanno più latitudini
e solari impeti
per fiondare l’aria
con ali di fuoco.
(1999)

Cieli altissimi piangono
Cieli altissimi piangono.
L’umanità è sorda
ai lamenti della natura.
Si sventrano luoghi intoccabili.
Si cementifica armonia e bellezza.
Si espropriano identità umane.

Volti naufragati e preganti
s’ingemmano nelle selve lucenti.
Il dolore germoglia sulla terra
ferita dalle menti divoranti.
Ascoltiamo il gemito della
purezza che s’invetta
nella notte stellare.
Invochiamo sul vorace abisso
e sulla porta luttuosa
l’occhio che fulmina e benedice.
Deponiamo lo scettro
nei nidi del sole
e l’umile passo
sarà una zolla feconda.

I testimoni
hanno una sacrale veggenza
e mantelli di luce
avvolgono i sigilli nuziali.

Sulla terra
i viandanti sanno
cosa c’è oltre l’ultima porta
e la penna dell’oblio
scrive i nostri nomi
sul fruscio della cenere.
(2000)

Salita al rifugio
Scavata
e limpida di fuoco
è la mia parola
tra questi azzurri abissi
e rocciosi silenzi.
M’ingrembo d’infinito
specchiandomi
nell’umana voce del vento
e l’anima solitaria
un po’ spaurita
vaga nel tempo fuggente.
Una misteriosa quiete
ricolma di luce il mio cuore
naufragato nella dolorosa
immensità.

Sostando
sul pietroso ciglio
medito sulle vane e oscure cose
che intarlano la vita.
Il falco ruota
nel cielo cristallino
dispiegando le ali
tra un lieve suono di vento
e il sordo ronzio degli insetti.

Mi sorprende un arcano stupore
in questa sacra beltà
che odora di muschio.
Divampa il mio spirito
ebbro di luce e solitudine
e tutte le cose rigermogliano
nel mio solare cammino
umilmente scrutando
il divino spazio
e l’insondabile meta.
(2000)

Vado scrutando
Vado scrutando
visioni inselvate nel buio
e dissemino la ferita umana
di urlanti cani invisibili
per l’errore del mondo
che lapida sui troni fulgenti
le stagioni della beltà.

Vado scrivendo
una lingua chiara e impetuosa
con aspre solitudini,
alfabeti diluvianti e germogli stellari
per l’errore del mondo
che seppellisce in algidi pensieri
l’impeto fulminante
e l’estasi della lingua.

Errando in solitaria luce
m’ingrembo d’ineffabili misteri
e la possente voce
mi avvolge nei flutti della notte.

Vado disseminando
una sottile rabbia e dolorose invettive
per l’errore del mondo
che dirama vellutati morbi
e mascherati dominii.

Ricolmo il vuoto blaterante
specchiandomi nelle mitiche coscienze
per l’errore del mondo
che scardina i dialoghi dell’anima
e frantuma parole
stellate di verità.
(2000)

Il bianco silenzio della neve
Il bianco silenzio della neve
mantella la mia solitudine.
Sui campi lampeggiano brillii.
I monti lucenti
trafiggono il cielo imperlato di chiarori.
Nel giardino silenzioso
il piccolo cane nero s’infagotta
con giocosi balzi.
La neve lieve e frusciante
è un lenzuolo di algide piume
che s’adagia sul sonno dei morti
e fa gridare i bambini
che s’avventano nel gioco ridente.
Sulle abetaie fiabesche
aleggiano densi bagliori e sparuti voli.
Il gatto maculato trapunta
di orme arabescate il viottolo.
Un fragoroso sbattere d’ali
scuote i rami del susino
e una pioggia di polvere bianca
sfarfalla nel vento leggero.
Maria in pigiama fuma sul terrazzino
brontolando alle avversità
che sforacchiano la vita.
Il corvo muto e sfuggente
è una piccola macchia nera
sulla torretta della chiesa.
La neve scende sovrana e infinita.
Ritorna la quiete profonda,
fumano i camini, rintoccano le tre,
il cuore naufraga nell’oscura malinconia
e tutto s’ingremba
nel fuggitivo scorrere del tempo.
(2001)

Inseminato
Sale la luce dall’oscurità
come io salgo dai flutti della notte
alla purissima voce.
Un fuoco arcano
accende la maestà del silenzio.
La mia visione s’invola
come un angelo spinato
tra i serpeggianti terrori
sulla terra danzata dagli spettri.
I rintocchi dell’orologio
scuotono le ombre umane
cariche di presagi.

Nella natura barbarica e pura
mi specchio come un viandante
nella fulgida sacralità
d’un viaggio umile e misterioso
al di là dei deliranti tumulti
interrogando il fuoco nuziale
delle cose insondabili.

Inseminando
nello spirito nascente
dove i cuori germogliano
nella verde forza
e il messaggero conduce
alle soglie sfuggenti
cerco il volo celeste
e il folgorante lampo
d’una possente verità.

Nella dimora dei beati
il sudario luttuoso
è un grembo stellare consacrato.
(2003)

Immensità
Seguendo nell’umile sapienza
la rotta del pensiero
entro nella luce infinita
che germoglia la nascita delle cose
e tutta l’oscurità abissale
s’inonda nel seme azzurro.
Ascolto tra fulgenti abetaie
il vento lieve che palpita
come la mia voce mortale
e il fuggente silenzio
m’infiamma d’infinito.
Non c’è oro che brilli più del sole.
In quale divina luce
scoprirò l’essere che sono?
Come questa terra rocciosa
mi specchio nei vasti spazi
e lievemente gemendo
per le cose murate
dall’insondabile destino
scruto i segni dell’anima sfuggente.
Sondando dolorose stagioni
e l’immensità interiore
naufragherò nella materia oscura.
E sorpreso da verdi bagliori
navigo nella solenne quiete
dove splende la sacrale umiltà
d’ogni cosa vivente
che mi conduce altrove.
Ogni attimo umano
che vivo nell’oscuro infinito
ha il lampo fuggente d’una stella
ed io non sono
che la viva stagione
d’un quotidiano errare.
(2013)