Giulio Di Fonzo è nato nel 1956 a Roma, dove ha insegnato letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università di Tor Vergata prima della sua scomparsa nel 2022. Le sue raccolte di versi: I disegni della luce e della notte (Edizioni del Leone, 2003), Elegie (Edizioni del Leone, 2012), Poesie 1992-2018 (Edizioni Croce, 2018, postfazione di Roberto Mosena). Studioso della poesia di Sandro Penna, si è occupato anche della lirica del cinquecento, del fenomeno del petrarchismo italiano ed europeo e dell’opera di Giacomo Leopardi e Ugo Foscolo. Tra le sue pubblicazioni, le monografie: Sandro Penna. La luce e il silenzio (1981), La negazione e il rimpianto. La poesia leopardiana  dal “Bruto minore” alla “Ginestra” (1991), La rosa e l’inverno. La poesia di Albino Pierro (2008), Immagini di natura e ritualità classica. Studi sui “Sepolcri” e sulle “Grazie” del Foscolo (2008). Saggi su d’Annunzio, Ungaretti, Montale, Manganelli, Amelia Rosselli e altri contemporanei italiani.

giuliodifonzo1956@gmail.com

 

POESIE

*
Anche il gatto tra la ghiaia
al sole oggi splendeva.

Dolce creatura rinata
a primavera.

*
Solo i grilli ora cantano
in questa lenta solitudine.

Amate immagini sparite,
un vento silenzioso via vi sperde,
dalle onde luminose ai tristi canti.

*
Non v’è nulla che freni
il duro volteggiare del tuo cuore.

Mai vi fu selce alla radura
che in fili d’erba al giorno
abbia mai pianto.

*
Perché non svanire
a un soffio di zefiro e di rose
e là rifiorire,
in un universo mobile di foglie,
nel fulgore più verde
d’alti frastagli tremuli e sereni

e in quello smeraldo vivo,
come l’acquamarina ombrata dei miei occhi
riposare,
con le fiamme dei papaveri alle soglie.

A mia madre
Tu che nei chiari occhi rechi il cielo
e con dolore hai germinato nella terra,
riportarmi con l’anima agli inizi.

Tu che sciogli i grovigli delle stelle,
tu che liberi dall’aria ogni foschia.

*
Della luce rinata dai tuoi occhi
nulla sa il cielo e nulla la mia notte.

Sei l’aurora, il chiarore che cresce, l’oltrecielo.

Sei l’universo ardente dei miei giorni.

*
Un’aria di sabbia che tumula i visi,
un vento di cenere che strugge anche i massi…

Ti lapida il tempo, ti precipita
nel vuoto ribollente dei suoi passi.

*
Così leggero il mondo in una notte,
chiaro e svanente al soffio della luna,
che un respiro pian piano si ridesta…
grazia discesa in un’aria di cristallo
che ti guida e ti raccoglie in sonno,
in quel velo di luce, lentamente.

I chiari rami e le rosate cime,
il cielo puro e il lampo d’una nube…
ho il cuore sì confuso e lieto,
in  quest’attimo sospeso della vita,
che  il filo delle Parche pare immoto
e  volgersi la luce al mio pensiero…

Me ne riporta il tempo le sue ombre,
nubi migranti verso gli alti steli,
a  chiudere per sempre il giorno chiaro,
tra i perlati velari
al verde opaco dell’inverno.

*
Tumultua il mare azzurro in flutti bianchi,
la sua capigliatura è sempre in fiore.
Io attendo da quell’empito la grazia,
la viva tua rinascita da un’onda,
il cuore d’una luce rivelata.

Potenza silenziosa d’un’immagine,
unica vita, inconsolato amore.

*
Se in alto rifavillano le stelle
e la luna per me diffonde albore
io  fermo nel turchino la certezza
che  all’indomani rivedrò il mio amore.

E così splendido sarà il mattino,
che al primo sole rivedrò la luna.

Bianche ghirlande trascorrono sul mare,
candidi grappoli di spuma,
corolle di petali danzanti.
Il flusso inesauribile del mare
porta intrecci di perle, sbocci di trine,
volute limpide di  nubi,
che s’adagiano fluendo nella calma.

La sfera luminosa d’acque e cielo,
il diamante risonante e puro
d’una mattina tempestosa e chiara
dona momenti sì felici d’estasi e di requie,
ch’io trascendo il mondo delle luci
in una quiete attonita e sospesa
in un punto immobile e infinito.

*
Nel crollo d’una nube d’amaranto,
l’animazione vibratile e febbrile
d’uno stormo di passeri canoro…
L’inverno è spoglio, il fiume ghiaccio
e avana corre rapido alla foce,
ma c’è nel giorno quel canto d’amore,
spinta di vita, eccitamento d’ali,
tra cuore e cuore, fiamma e frastaglio
d’una cascata d’edere immortali.

Visione
Per la visione del tuo solstizio
io cancello il tempo
per la visione del tuo meriggio
getto via il giorno.

Felicità sia concessa
a chi spia
nella tenebra fonda una luce.

Una luce
Col primo pèsco  della primavera
m’incanto ancora in pensieri di  felicità.

C’è nel grigio del mattino
una luce che tende a liberarsi,
come una speranza alata
dal fondo ombrato d’un destino.

Caducità
La luce del giorno a primavera,
il verde chiaro, il fiore sullo stelo
e il canto degli uccelli a schiera
sostengono per un attimo quel peso
profondo e scuro come pietra…
Ma il tempo rapido trascorre
la luce del giorno è solo sera
e tu rimani col ricordo
d’un fiore tanto lieve, d’un canto
svanito, d’una luce perduta
in un disfatto cielo.

Mattino
Vorrei tanto bisbigliare con la gioia
stamattina, illuminarmi di vita
come un tempo, essere un ramo di ciliegio
al vento d’una primavera senza tempo.

Veder splendere il mare
che da lungi è qui giunto
azzurro e tranquillo a tremolare,
voltarsi indietro e rivedere
cime verdissime di boschi,
abbracciare fresche brezze
e sentieri popolati di prodigio…
E un fin’amore infine ingioiellare!

La luna di Angers
Regale e sola,
incontrastata e alta
la luna di Angers lungo la Loira
splendeva in un cerchio insostenibile.
Irraggiava onnipotente le vie e il castello,
come in sogno pian piano
la vedevo ingrandire, avviluppare
tutta la terra, sostenere
la mia stanchezza,
avvolgere la notte in un’albedine infinita.
Vita redenta da un’eterea grazia
in un velario luminoso e alto.

Dono
Alzati e vestiti di luce!
Camminerò con te per vie fiorite.
L’intero mondo ho perduto
ma questa luce che vorrei donarti
regni celeste sulla tua eterna estate!

Se t’avvicini
Un filo d’acqua guizza
come fuoco,
se il sole l’accende dalla vetta.
Se t’avvicini
volano via farfalle dal mio petto,
fosche faville dal tizzo del dolore
ed io le seguirò in alto mare
per gettare al fondo
questa lunga stanchezza
d’essere triste.

Orizzonte
Fine acqua furtiva
fra i tuoi ariosi capelli
acqua benedicente la tua felicità,
ma tu non alzi da me
questa lastra rovente,
né slacci il ferro che mi serra
inerte, né scuoti via la notte
là dove sempre freme un orizzonte
ardente, la linea sottile della vita.

Un prodigio
In un’altra aria serena
forse ritornerai,
spente le lievi fiaccole che nutro,
nell’alta notte senza compagnia.
E sarai nel plenilunio splendido
l’aurora,
la scia di porpora che supera il chiarore,
il prodigio del tempo che non muore.

La tua bellezza
Una luna arrancava
gelida e pura, rotonda
come la tua dolcezza irraggiungibile,
ed io per disperazione annegavo
in un amplesso tortuoso e miserevole,
tutte le vene aperte
su un povero letto di cenere,
le ore e gli anni come petali giù,
da una rosa che sfiori nel nulla…
La luna rapiva la tua bellezza
in una notte brulla e indecifrabile.

Castigo
Strade deserte della carità
strade umiliate dalla solitudine,
ombre che passano o s’annebbiano
nel loro chiuso bozzolo di pena
o di felicità, ed io dove andare
quando la luce splende o la tenebra
cala, e un’oscura ansia m’invade…
Foglie stanche si staccano dai rami
si sciolgono lente in pozze d’acquamorta
e la tua immagine severa
mi degrada in un ingiusto castigo
sull’orizzonte opaco d’ogni strada.

Invocazione
Vivi con me il mattino felice,
la luce fulgida il vento leggero
e questo verde rotondo maturante
mondo, ferma il sole che s’incrina
giorno per giorno.
Sciogli l’ansia che sale
in alte trecce d’angoscia
tra i rampicanti scarlatti…
nulla, nulla di rapido o lento
solo il sostare dell’ora
nel mezzogiorno assolato,
che tu afferri per portarlo lontano
nella luce ignota delle stelle infinite.

Un raggio
Sei un raggio lucente
vento che spira e diamante.
Danzi, tremi, t’involi
un brillare veloce nel vento
ma ti cerco, palpo scaglie
sul muro sbiadito.
Le mani turbate toccano briciole
un fiato di luce, poi un’alba di sguardo.

I miei anni
Dov’è l’estate altissima del sole?
Le nubi stanno come ghiacciati marmi.
Il tempo azzanna la vita e il desiderio
d’amarti una condanna.
Dov’è la vita libera e felice
la corta manna per abbeverarti?
Le case del sole son distrutte
e l’isola annega nell’affanno.
S’abbuia la luce dei miei anni
sulle schegge delle torri senza nome.

Risveglio
Radioso mattino. Diffuse
di luce acque cullate.

E del mare placato la grande quiete.