Fabrizio Bianchi è nato nel 1946 nel ravennate, è vissuto a Milano, dove è scomparso nel 2019. È stato assistente di critica d’arte all’Università Statale di Milano, e ha lavorato per un mensile culturale come incaricato per le recensioni d’arte e responsabile della pagina settimanale dedicata al mondo giovanile di un quotidiano nazionale. Ha vinto il premio giornalistico Viareggio e numerosi premi letterari. Ha lavorato a lungo nel campo della pubblicità. Ha scritto in coppia con Daniela Monreale il libro Corpo a Corpo, edito da LietoColle, e ha fatto parte della redazione della rivista bolognese “Le Voci della Luna”, di cui è stato per quindici anni direttore responsabile e direttore editoriale per le omonime edizioni di poesia, oggi Dot.com Press.

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POESIE

Afasìa
Nel dormiveglia di una spiaggia
[rumori indistinti in sottofondo
voci, richiami, tonfi d’onda suoni lontani]

cerco disperatamente
senso e scopo

osservando a occhi socchiusi minuscoli [invisibili] animali trasparenti
in corsa sghimbescia senza senso
sotto il tremendo sole micidiale
di immensi interminabili deserti di sabbie bianchissime

Dagli inferi di questa triste vita
mangiando una pizza ai peperoni
in uno sperduto paesino di Calabria
devastato, senza storia un insignificante garbuglio di cemento
il rifiuto. Un soprassalto fisico d’insopportazione.
Dopo tanto tempo. Di fronte ai miei figli stupiti.
In compagnia di un padre assente.
distante anni luce e sconfinate solitudini
dalla loro affamata allegria di vacanze.

Cupio dissolvi.

[e non ho nemmeno la forza di scriverlo in chiaro.]

Bad boy
Mi piacciono le coccinelle.
perché sono bambinesche, tonde
un fumetto vivente
Anche per i colori vivaci [rosse o gialle] e i pois così netti, neri, disegnati a china
E ti salgono volentieri sul dito
sulla mano. E sono resistenti.
Non si schiacciano subito. Sembrano di plastica.
Dio le ha fatte resistenti
per i bambini. Anche quelli /cattivi
/sadici
/cresciuti.
[Come me.]

Demoni sulla città
[Milano, fabbrica del duomo]

nude bianche natiche marmoree
nel terso gelo del vento
stagliate [in imbarazzante vicinanza] sull’azzurro cyan 100%
dell’impietoso cielo di Marzo.
[volano i fogli e le misure dal cantiere
sulla sacra piazza del re] statue morte immobili
di una scorticata bellezza.
orizzontali sulla piattaforma di restauro
[sporche nere ferite nei costati] violate con accanimento tecnologico
[smerigliate, molate, attaccate con l’acido] il cavo del parafulmine nascosto
ficcato su per il corpo /muscoloso
/contratto
branding e fiamma ossidrica
inserimenti di metalli nelle carni
[ormai] anonimi eroi
del bene e del male
santi discinti guerrieri e
orride mutanti metà mostri [ volanti
striscianti] frutto di immondi incesti demoniaci
bestialità
sadiche pratiche [medievali] di sesso
& uso estremo del corpo
[spellato, tagliato, bollito torturato] martirizzato nelle fiamme
trafitto e azzannato
[volti /bianchissimi contratti nell’orrore] /esangui

e su tutto
nere pestifere cancrene di smog:
il fiato maligno della città.

Fast sex
[Ciò che tutti vorrebbero fare in metropolitana]

Non c’è in tutto questo treno
[giallo groviglio di corpi della linea 3] una sola donna che mi scoperei
[mentre mi divora la nostalgia di te
e di tutti i tuoi buchi sensibili
della tua pelle
di ogni sua macchiolina o lentiggine
delle tue labbra socchiuse] una donna sufficientemente /bella
/a te simile
da provare a levarle [anche solo mentalmente] i vestiti
avvicinandomi in silenzio
sbottonando e aprendole piano il cappotto
[guardandola fisso negli occhi /sorpresi
/sconosciuti] abbassando lentamente la zip del golfino
sfilando dalla gonna [a fatica] la maglietta
risalendo con le dita, la mano verso il reggiseno.
Toccando. Poi spostando la carezza sulla schiena,
alla ricerca di qualcosa da sganciare. E finalmente
sollevare tutto, forzando una tardiva protezione di mani
a baciarle il seno. I capezzoli. Bagnarli /eretti con la lingua.
/induriti
mentre le abbasso la gonna e i collant
e cerco famelico il suo sesso bagnato scostando gli slip
e la penetro /in piedi  [tra le imprevedibili scosse del metrò] /in equilibrio
sicuramente tra gli applausi ammirati degli altri viaggiatori
[urla e fischi di incoraggiamento, una standing ovation
sincera e liberatoria, richieste di bis].

E invece,
arrivo frustrato a Porto di Mare
per incontrarti [mentre stai partendo] per un fugace abbraccio
un bacio furtivo sulla guancia
nel buio
e nel buio subito scompari
[lasciandomi un desiderio ardente di te
che divampa e mi brucia dentro i calzoni congelati/stecchiti] triste e inappagato pendolare dell’anima
[maledettamente solo] in mezzo a tutta questa gente silenziosa che corre
tra fischi e stridori di gelide stazioni /invernali
/secondarie.

Giardinetti
1
Ai giardini cerco di scrivere
ma mi reclami /all’altalena
/allo scivolo
piangi per un’improvvisa caduta
[le ginocchia strisciate
da polvere nera e sieroso sangue appiccicoso] devo farti fare pipì tergerti
le righe terrose delle lacrime
[mentre non so perché /vivo
/vivi
in /orrenda caduta verso il nulla] /rapidissima

Fare finta di niente.

2
sono come questo pennuto
insaziabile
coatto alla ballerina buffissima
danza tronfia impettita zampettante
[con ritmici affondi del collo] tubante intorno alla femmina/e
di turno. Una o l’altra.
(con saltino veloce sveltino) frullo d’ali hophop
poi quattro becchettate a granini invisibili
di cibo o a sminuzzare sbriciolare strappare
schiacciati pezzi di focacce merendine cialde da gelato
poi da capo. Giravoltando su se stesso.
Derviscio infoiato dallo sguardo tondo e rosso.

Piccione.

colto a scrutare giovani carni
di mammine primaverili leggere pocovestite
trasparenti
tutto intento
a strapparmi da dentro
tumori ed escrescenze [callosità,
deviate deviazioni] ipertrofie
rigonfi bubboni.

 Gli anni non fanno dei sapienti.
Fanno solo dei vecchi.

La piscina di Siloe
In quei tempi…
giravo con una strana macchina
[una bella Lancia spyder di Bertone] color rosa mutanda
(dopo il Maggiolone cabriolet bianco con capote nera
e prima della BMW 520 automatica, della Daimler Sovereign, delle Volvo turbo)
vivevo
nel miniappartamento monacale costosissimo
di un residence freddo e moderno alla periferia nord dietro Niguarda
[lo stesso dove viveva Walter Chiari] tutto grigio e bianco
disegnato da Achille Castiglioni con luci soffuse
di lampade Atollo ed Eclisse ai comodini
e le sospensioni Prinz Brau sui tavoli riunione
e degli oblò e una piscina azzurra
e un vago senso d’acquario
svegliando immancabilmente
il buffo, ossequioso, servile portiere di notte
col parrucchino nero di traverso, sollevato finto
alle tre, alle quattro, alle cinque del mattino
di ritorno da nebbiose scorribande rapinose di donne in brianza
o notti di duro lavoro invasato eccitante
per le Grandi Presentazioni di Progetti Irrevocabili
[Le Ville di Carnate, l’acqua Rhazunser, i soft drinks Meeting] tutte fallimentari invenzioni estemporanee senza senso
di improbabili committenti senza fondi
destinate a una morte precoce
accelerata da una [buona] pubblicità assassina
amplificatrice dei difetti strutturali del prodotto
“prima lo provi, prima lo scarti”
quanti fallimenti! che scia di malaugurati accidenti con rappresentanti, fornitori e mezzi…
Ma i lavori nascevano inesauribili come inaspettati funghi colorati
buoni [o più spesso velenosi] ma da raccogliere eccitati comunque
una sfida giornaliera con una inossidabile sconfinata presunzione…
Oh, la gioventù pulsante
il sangue ràpido e veloce
al cervello e al sesso! Vincenti e immensamente ricchi in autostima.
Macchine veloci, potenti moto, le donne
l’assatanato sesso inesauribile
miscelato al lavoro, lo studio, prendere casa, creare società, affittare sedi
leasing di attrezzature, arredamenti d’ufficio, assoldare ragazzotti
o segretarie-schianto per far uscire di testa i clienti
da scopare -possibilmente- a turno [da bravi soci al 33%] [prima di licenziarle in tronco con qualsiasi scusa al termine del periodo di prova] sigari sempre più grossi e costosi. Frigobar forniti.
Cappottoni e sciarpe di cachemire. Decorativi cappelli.
Conti aperti ai bar e ai ristoranti più trendy della zona.
E nottate di documenti da stendere strategie di marketing
strategie creative, bozzetti e storyboard. L’agenda fitta di riunioni
gruppi di lavoro, esotici collaboratori dai più insoliti paesi del mondo
troupe di giovani registi emergenti [dai nasi già affilati e necrotici] case di produzione infarcite di coca polvere bianca dappertutto sul set
o in backstage. Modelle. Jingles pompati. Tutto un flash di nuove idee vincenti mai viste.

Dieci anni di rigonfio ipertrofico vuoto nulla insensato.

Mister Zhou
[SUSHI & SASHIMI] Dopo l’OutOff
[e un freddo, distaccato, sbrigativo De Angelis] colmiamo l’insoddisfazione sui Navigli
[io e una Yoko dalla devota leggerezza
-davvero quasi insostenibile-
come le sue fragili e continue risatine
insondabili orientali, teneri moti d’imbarazzo] ed eccomi [io che ho sempre odiato
il pesce e il crudo] alle prese con [sublimi] bocconcini
crudi e bianchissimi di squisiti pesci impronunciabili
[ed urti di reale disgusto] involtini di delicato tonno rosso
e -per fortuna- un /semplice tempura vegetale.
/saporito

Poeti esangui
tutti concentrati in privati [noiosi] malesseri
[in genere insegnanti: lettere o filosofia] minime, /insipide esistenze che cercano riscatto nello scrivere
/malcotte
sublimando in preziosissime raffinate forme
/piccole ansie prese per universali angosce
/intime
incapaci di vivere davvero la vita
di amarne i reali odori & sapori
e il denso sangue nero che la irrora

E sporchiamola, dunque questa poesia
con tutte le scorie e la melma del reale
ingoiando, fino in fondo lo schifo di un mondo che ti stupra,
ti violenta, ti tortura a morte, oggetto senza dignità
corpo stracciato sotto il sudario del foglio
lenzuolo bianco che deve testimoniarne lo strazio
[vera sindone laica E sacra]:
come nel polittico di Vespignani
gli stracci sporchi, gli occhiali schiacciati
la camicia incrostata di sangue e di fango
la tavoletta di legno insanguinata [con capelli] raccapriccianti reperti
[sulle tele, di una scandalosa bellezza] dell’omicidio Pasolini.

Sacrificio al dio serpente
Ed ecco: siamo all’elevazione. E ti proclamo beata
[di fronte a Dio e agli uomini] e vorrei avere 3 peni, e 2 bocche a ventosa
e più lingue [nei posti giusti] migliaia di sensori e tentacoli
su un corpo da enorme pitone
per possederti tutta
contemporaneamente
e avvinghiarti poi fino a toglierti il respiro
e ingoiarti poco a poco nella bocca slogata
smisurata
gli occhi sbarrati in uno sforzo disumano
il corpo deformato che segue la tua sagoma:
una pelle che scivola, con lentezza, sulla tua
fino ad avere, perfettamente, la tua forma
[così amata] Divento te, dentro.
Pigramente piangendo,
[dal piacere] per settimane.
Finalmente sazio.
Sfamato.

Showdown
vecchie poetesse [brutte o sciancate] o ancor più vecchie traduttrici.
Terribili rosse con la faccia /legnosa da cavalla
/irlandese
bianca e infiammata

come sconvolte e eccitate [quasi ubriache] di poesia
[io un sobrio, astemio mormone, al confronto: un triste shaker
che vive tra le sue /povere cose dalla monacale esiguità] /minime

Dio, non farmi diventare un vecchio poeta

gonfio dei suoi miseri ricordi
dei premi collezionati in una vita di concorsi
[giurie amiche e acerrimi avversari] parlatore instancabile
presenza /inevitabile in massacranti tavolate
/invadente
con aneddoti, pungenti note, retroscena
declamazioni improvvise, attestazioni di primati
citazioni dotte, con compiaciuti sorrisi sdentati
gli occhi lacrimosi D’inverno il naso che cola
mentre legge o declama. Una tendenza ad assopirsi
agli interventi altrui
[presto: un divano, un letto, un prato, un giaciglio] mentre ingoio di nascosto Fisherman’s Friend
per tenermi sveglio
non sbadigliare irrefrenabilmente
[come un /esagerato ippopotamo] /assonnato
alle mortali letture di poesia
di giovani autori concentrati
sulle loro seghe attorno a uno scrittoio
un temperino, il cappello del nonno.
[piangerci tutta la vita: ecco
un perfetto lavoro di falegnameria]

Invece. Progettatore di disastri
[la cattiva sorte arrotolata al polso
come un braccialetto sfortunato] brucio ancora /spietatamente
/disperatamente
[come una] lucertola
strappato a pezzi
E ricresciuto in altre parti
[code, zampe, bifide lingue] ancora vivo

e [profondamente] desidero
i desideri rabbiosi di un feroce adolescente

L’unica cosa che non mi è più concessa:
essere morto conseguentemente da giovane
[scellerato white punk on dope]

per eccesso di vita

Stardust
I vecchi poeti
recitano tutti una poesiola sui gatti
[e anche sui moscerini e sulle mele] e c’è anche quello più famoso
[già mummificato] che legge impappinandosi
direttamente dalla bara.

[gli tengono il microfono davanti alla bocca
come lo specchietto del medico
che deve constatare se ancora c’è flatus] Dio, fammi morire prima
[visto che il demone della poesia
presumibilmente
non mi abbandonerà fino alla fine].

L’unica cosa viva in questo castello
pieno di polverosi reperti [e intendimenti] è fuori dalle finestre   a sesto acuto:
il verde rigoglioso degli alberi
agitato furiosamente dal vento.

Videogiochi
1
Ti lancio [con nipponiche urla di violenza] globi di fuoco e scariche di mortale energia
e [roteando per aria] devastanti calci in pieno volto.
Ma non muori. E ti rialzi e ti rialzi
colpendomi con tremende martellate di Thor.

Giaccio immobile tra schizzi del [mio] sangue dappertutto.
You lost. Try again.
[Mentre osservo compiaciuto la mia orribile morte in replay].

2
Stanco di perdere, trasformo la mia Audi in carrarmato da corsa
e mi lancio contromano sparando bordate annientatrici

Schiaccio honda, volvo, peugeot, ford. Distruggo renault.
Ma mi è impedito [da uno stupido software moralista] il massacro lo splendido splatter finale:
piombare sugli spalti annientare spiaccicare distruggere
tutta quella stupida gente [pronta ad applaudire i miei avversari].

3
Smettila di saltare, Lara. Scalare muri.
Correre e nuotare. Sparare senza tregua.

Toglierti il reggiseno. [ci sarà un trucco per farlo] Appartiamoci in un angolo del giardino. Dentro la siepe a labirinto.
Fammi provare. Toccarti. Giochiamo col tuo corpo. Ti prego.
O violentami tu. Sono pronto.
E [dopo averlo fatto] fammi pure saltare via il cervello.

Dirty dancing
Avevo quasi sedicianni quell’estate
a Viareggio abbronzato e profumato
con tutti i muscoli a posto scolpiti e definiti
ed una fame assatanata di [mai provato] sesso.
Al Dancing Nettuno, la sera
ballando instancabile
skate, twist e hully gully
con brufolute bellezze quindicenni da spiaggia
sulla lama
tra [totali] incondizionati cedimenti e ombrose ritrosìe
compagne della mia età con le stesse voglie e frustrazioni
[e imbarazzanti, immancabili vampe di rossore] tenere ragazzine con la mamma al seguito
all’ora dei lenti
carezzavo di nascosto scivolose sete sintetiche
peccaminose camicette velate
con giovani seni imbottiti gonfi e eretti
schiene cedevoli
[incuranti di lievi inciampi e indecisioni] addomi incollati ma pronti a distaccarsi
[con uno scatto automatico] alla fine del pezzo
e l’incanto svaniva lì ingessati d’insoddisfazione
e l’eccitazione si spegneva [immancabilmente] ogni volta.
Ma una sera proprio alla fine dell’estate
[una sera di saluti e tristi addii
con le partenze già fissate al giorno dopo] non so quale insopprimibile esplosione di ormoni mi prese e di slancio
invitai [per disperata sfida masochista] un’amica di mia sorella del gruppo dei più grandi
una delle più insidiate conturbanti bellezze della spiaggia
e dopo i primi impacciati movimenti
prendemmo proprio un bel ritmo
e sicuramente diedi il meglio di me come ballerino
scivolando sicuro, danzando, scorrendo via veloci senza intoppi
carne contro carne
la mia coscia destra in mezzo alle sue cosce
un fiato caldo e sensuale ad ansimarmi nell’orecchio
colli e guance che si giravano attorno giraffescamente
nell’afrore [quasi animale] del profumo e dei capelli
un suo seno palpitante [il sinistro] sotto la mia ascella
la mia destra con le dita all’attaccatura delle natiche
(incerta se scendere scivolando nel solco
o abbrancare decisa nel buio il tondo pieno della carne)
e qualcosa di furioso enorme congestionato turgido paonazzo
a strisciare premere risalire pulsare
proprio alla giusta altezza nell’avvallamento del suo inguine
avrei potuto contare [mentalmente] ogni suo pelo
sotto le mutandine leggere che immaginavo sicuramente nere trasparenti
[e non la solita virginale maglina a costine da ragazza perbene] e poi, proprio all’ultimo, la musica finì. Ma ai lati della pista [nel buio] non cessava l’abbraccio. Stavo venendo. Con un soffocato gemito.
E lei non si scostò. Ma acconsentiva allo sfogo
con un malizioso [indimenticabile] sorriso. Nella correità più piena.

Quando tornai dal bagno, era rientrata al tavolo
tra le sue adulte compagne che ridevano
con bicchieri da cocktail e sigarette accese
[non di me, vi prego, non di me!] E corsi via in spiaggia verso il mare nerissimo
a gettarmi ansimante su una sdraio con gli occhi serrati a prolungare il sogno
[sotto il cielo stellato] e un sorriso d’estasi indelebile.
Lo stesso che mi ritrovo anche adesso ogni tanto
quando in sogno mi ergo ancora beato al pensiero di quel ballo
e non ci sarà freddo letto da single [o pagliericcio di galera] che potrà spegnermi quel sorriso e questo dolce incanto dei sensi.
Mio sogno bagnato per sempre. Finché morte non ci separi.