Eugenio Rebecchi è nato a Roma nel 1947, vive a Monte Castello in provincia di Perugia. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Mimesi del gerundio (Ibiskos, 1991), Il ciclamino donna (Blu di Prussia, 1993), È vietato contare il numero dei baci (Blu di Prussia, 2005), Domus Aurea (Blu di Prussia, 2011). Sono degli anni ottanta l’attività di performer e la realizzazione di opere di poesia visiva che sono state esposte in varie mostre in Italia e Francia. Ha ideato e dato vita al “Premio Rabelais”, un concorso di poesia che ha per tema il vino, giunto alla diciassettesima edizione. Nel 1992 ha fondato, a Piacenza, la casa editrice Blu di Prussia, una realtà editoriale rivolta in particolare alla poesia.

eugenio.rebecchi@gmail.com

bludiprussiaeditrice@libero.it

POESIE

Alogena
Lumeggiare su percorso d’ogiva
dove l’aria è confine.
Malinconia d’uno sguardo
in marrone.
Adombrare quel raggio di luce
che crea un’evidenza.
C’è una faccia cerchiata di rosso
nella foto di gruppo.

Madre natura matrigna
Il mandorlo fiorito alla campagna
parla di primavera.
Solitario sale un canto contadino;
la lingua dura del dialetto antico
arriva come stanco rumore indecifrato.
Solenne è la fatica ed il sudore
non è modo di dire, un paradosso,
ha gocce grandi, salate come il mare.
Agreste scorpacciata di colori,
profumata passione radicata
nel profondo grembo della terra
che è madre e matrigna al tempo stesso.
A sera tutto tace per rispetto;
l’uomo e la natura stanno assieme ad osservare
il capriccioso andare della luna.

Gatti, stelle e vino rosso
Accorgermi di te
limite è il tempo.
Ossessione di mani
ricorrente.
Curiose le dita.
Schegge di stelle
su scampoli di notte
e l’esercizio di masticar parole
sorridendo ai gatti.
Correre ad inseguire una teoria
il vento in faccia;
una sorella nuda
nell’album delle foto:
la posa è provocante
lei non è più bambina.
Aspetto il fiume
nuoto l’acqua
m’appendo ad asciugare.
E bevo vino rosso
nel bicchiere di vetro bianco
grossolano;
tu, alle mie spalle,
osservi il desiderio che ho
di perdermi per sempre.
Non sorridi più.

Chi raccoglierà i limoni d’oro?
Appoggiato al silenzio
crisalide in attesa
farfalla di sopraggiunta solitudine
procedere uno
(solo).
Musica radiofonica
partitura due
(chitarra e flauto).
Effetto buio
per una speranza
numerata tre
(cadute la prima e la seconda).
Cifre d’amore confuso
i ricordi scappano
e l’oggi
ha la faccia del quattro
(i cavalieri dell’apocalisse).
I numeri in fila a rimarcare
tempi, scansioni, ritmi
un andare vago, sonoro
tra stelle d’orsa media.
Mucchio di stracci
è amore nel ricordo.
Scarabeo verde ai limiti d’attuale
disegna col ronzìo
invisibile aureola.
Nuvole s’assestano, graziose,
su una distesa azzurra.
Senza rumore
così
tacendo ancora
riparare
oltre
il mistero
che ci ha fatto
vivi.
Accanto
c’è una giostra
che gira
rincorrendo
se stessa
inutilmente.
Resine profumate:
vedo i re magi,
un bambinello nudo, infreddolito
ed una donna dallo sguardo fiero.
Poi un uomo, né giovane, né vecchio
un clown moderno
con la faccia antica
e intanto il circo prende la sua forma.
Alzati, se puoi, vattene via,
saluta in fretta, per favore, vai.
E si fa notte, all’improvviso
ai margini del sogno;
ammicca una puttana.
Lei non t’aspetta più
è andata via.
Allora è tempo di tornare a casa
in compagnia dell’ombra propria
perché soli si muore.
Chi raccoglierà i limoni d’oro?

Colazione in rosa
Piccole storie di luce
momento diurno
splendido.
———————(fase rossa)

Episodio nel buio
notturni avvenimenti
opachi.
———————(punti blu)

Pomeriggio silenzioso
lucido di pioggia aspettando
il sole.
———————(selezione del grigio)

Curiosi
inviteremo l’alba a colazione
———————(sfumato in rosa)

Regia lunare
Ribollono emozioni
quando una luna appesantita
dai troppi sguardi
alza e abbassa
maree.

Il sole in bicicletta
Metter le ruote al sole
e farlo scivolare
lungo muri di cielo
colorati di blu.

Frammentazione in giallo
S’è ricompattato il colore di calendula
durante il tramonto, aranciato trionfo.
E il nero d’ossidiana riporta
al vulcanico tossire
dal centro della terra.
Così vestita (chemisier arancione)
muovevi dalle stanze dei ricordi
a passi certi incontro a quella luce.
Giallo/arancio d’un fiore
tra le quinte del sole ad occidente
quando il vulcano erutta la sua bava.
Come il tuo abito molto trasparente
su cui indovinavo i segni d’eros.
E gialla è l’aureola del santo
che il madonnaro ha disegnato per strada
graffito da pavimento, segno effimero, gesso.
Vietato calpestare le aiuole
dice il cartello che fa da sentinella al giardinetto.
Un cane sparge urina
analfabeta.

La favola del lupo
Ho gridato
nella notte
come lupo
lontano
dal branco.
Lungo
è stato
il tempo
dell’attesa.
Poi
tu.
E il lupo
ha sorriso.

*
Pavimento padano,
la nebbia per scherzo,
ruote di bicicletta,
girotondo di pedali,
le mani nelle tasche.
Plenilunio d’autore
per cercare ritagli
di memoria giallognola.
Un’abitudine può essere triste,
ma è di compagnia.
Violini come gatti
e nella notte
un gufo cieco
direttore d’orchestra.
Concerto di gradini
per smisurate scale
ipotesi
d’un sogno all’infnito.
Agonia della mani
coma d’occhi
sembrano i tetti
scalinate impreviste
verso il cielo.
Le piccole gemme
hanno lasciato alle foglie
il dominio dei rami.
Splende, nel verde,
la mimesi stagionale.
Si rincorrono
colori
senza schiamazzi.

Virtuale quasi duemila
Privato dell’antica geometria
l’orizzonte immalinconisce
lungo il suo limite estremo;
gli spazi, oggi, sono virtuali.

Un’illanguidita luna osserva dall’alto
la sua riproduzione sullo schermo del computer;
le assomiglia, ma non le sembra gemella
e si lascia andare, calante, nel buio universale.

Anche il mare s’accorge di subire mutazione;
s’ingrossa, s’infuria, alza le onde,
fa appello a tutta la sua forza
e flagella la costa come per inghiottir la terra.

Che fa il poeta?