Ermanno Krumm è nato a Golasecca, in provincia di Varese, nel 1942, vissuto a Milano è scomparso a Como nel 2005. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Novecento (Einaudi, 1992), Felicità (Einaudi, 1998), Animali e uomini (Einaudi, 2003) Respiro (Mondadori, 2005). Ha inoltre curato, con Monique Charvet, Tel Quel, un’avanguardia per il materialismo (1974) e, con Tiziano Rossi, La poesia italiana del Novecento (1995). È stato critico d’ arte per il quotidiano il “Corriere della Sera”.

https://it.wikipedia.org/wiki/Ermanno_Krumm

POESIE

Punteggiatura animale
In poesia non ci sono punti
ma bui corpi che guardano
dal fondo della storia, dalle grotte
di Lascaux : è la punteggiatura
delle macchie, il salto dei bisonti,
il barrito degli elefanti di una volta
il grido di gente che ha sin troppo piacere
in gola, troppi occhi, troppe mani
in mezzo al giardino, in fondo al pozzo.

Così siamo il percorso perfetto
A tratti congiunti vanno i fari delle auto,
i due punti uniti che non sono mai stati
né i suoi né i miei genitori,
come due ragazzi, a braccetto:
io, pesce preso per sfinimento, cane
col campanello alla coda, lei, lampada,
piano di lavoro, mensola, morbido letto
e azzurro dell’alba, col cielo dentro.

*
Pare che l’occhio non abbia
neppure cominciato a deporre
per piccoli sbalzi la sua materia umida
e che nessuna delle migliaia d’api
sia venuta a ronzare attorno alle campanule
del rosmarino, prendendo, deponendo
il dolce succo, e nessuna delle sue ombre
sia scesa folta in mezzo alle siepi, orlando
linee, sbalzando forme piene di voci
nel loro appello natura.

Come due soavi uccelli
Ricordando un affresco del Pinturicchio
nella libreria Piccolomini

Da qualche parte l’alba imporpora
un ramo, due uccelli si rincorrono
e il vento a un lupo arruffa il pelo.
La guardo, nell’ombra lei riposa.
Non so se è questo l’assoluto
dell’amore, ma penso che anche noi
come i due soavi uccelli
sopra l’unico cipresso alzato sul mare
potremmo, indenni, superare la distanza.

*
Bianchi e neri uccelli lamentano
una preistoria in questo pomeriggio
senza gente in giro
e lei leggera come un insetto d’acqua
mai ferma muove un piede,
un sandalo, le unghie dipinte,
finché se ne va sbracciando
in acqua, se ne va architettando
trionfi e svetta ormai e promette
di crescere ancora come questa luce
come la luna di pieno giorno
sopra la collina.

Dormiveglia
Credevo che tutta la casa dormisse,
ero lì nel dormiveglia
col sogno di lei lunga distesa,
nuda forse per un déjeuner sur l’herbe.
Volevo solo fare in tempo a stendermi
ma non andavo né avanti né indietro,
la mente non lasciava che fosse
un pensiero impossibile a svegliarla.

*
Un uccello sfiora l’acqua con un grido
e non c’è più che un vuoto di sassi,
deserti e resine in gran confusione
che a guardarli straziano,
niente di più che vuoti d’aria,
senza mente, senza giudizio,
e un albero che nel buio,
di là dal balcone, si dibatte:
una resa, per noi, un segnale
di rientro veloce.

*
Poi si sta in piccole camere
minuscole stanze d’hotel
nel centro di città di provincia
con mobili anni quaranta
e comodini in ombra dalla sua parte,
in luce, dalla mia, luce riflessa,
come di notte la luna che riceve il sole
dall’altra parte del mondo.

*
Saluto appena d’un cenno
una sconosciuta col tuo passo saltellante
ma non è vero, nessuna cammina
come te, tu sbuchi da un angolo
come saltassi fuori da una vasca,
una spalla o un braccio in avanti
marci tranquilla e non mi scorgi ancora,
oscilli non elegante ma felice,
inarrestabile e vicina ormai tanto
che mi porti, con un saluto,
dentro il tuo magico saltello.

Non ci penso
Non penso, a tentoni ti slaccio
il vecchio, duro cinturino,
cronometro di un’intimità contata
in minuti. – Mettiti comoda,
senti l’eterno tic-tac del presente,
non c’è altro. Ci sei tu
e questo tuo volto pieno, in luce,
che mi veleggia incontro veloce:
– Benvenuto, il rompighiaccio,
la chiglia che spezza il dorso degli armadi,
il contrappeso leggero.

*
Dormi e prendo le tue parti,
prepari il latte e arrivo
se dici – E’ pronto,
e se alla scritta “Proprietà privata”
ti fermi, ti faccio passare lo stesso
anche se non serve – passa e ripassa
dopotutto coi miei coetanei
siamo comunque al punto di partenza,
o almeno lo sono io – mentre tu,
come fossi di un’altra generazione,
prendi il mio squilibrio in una tua
misura e me ne passi una nuova.

Safari Park
Davanti a una chiesa antica
Anche questo è Roma o Bisanzio:
il rampicante qui che non ha appoggio
ma carne, polpa e pelle vegetale
di cui è scritto – e credo si possa dirlo
anche di animali e piante –
che neppure un capello andrà perduto.

*
E poi sott’acqua i pesci
appollaiati sui tetti i gabbiani
e in mezzo una poco umana folla,
specie in estinzione, deserti e oscurità
ma fossero anche le ultime luci
spegnile: al buio, è più chiaro il desiderio,
se è desiderio questa miserabile
fioritura da portare in salvo,
questo giro della mente senza pensiero,
quest’improvvisi ritorni
che come cetacei gloriosi riemergono.

*
Possa la voce della mente arrestarsi
e col suo cappellino d’aria millenaria
inchiodarsi il pianeta:
ammiro nel movimento,
le cose ferme come l’opera scrosciante
del mare, onde e onde
nello stesso punto, immobili.

Non è neppure coì deserto il deserto
Una nube dietro l’altra
carica il mondo di una oscura felicità,
milioni d’anni nello stesso deserto e specie
animali che s’incrociano, prosperano
e spariscono in un’infinitesima via lattea.

Nel buio si rivelano le cose
Ci vuole la notte perchè cessi
questa luce che divide metà
nascondendo, metà rivelando;
ci vuole la notte perché nel buio
che la nasconde si faccia strada
la visione frontale di nave
che sta in mezzo al porto
e nel buio si rivelino le cose.

Reginella
Finchè sollevando gli occhi
ho chiuso con l’idea
che qualcosa possa essere rimasto
in chi ci ha visto:
la signora della vecchia
friggitoria, il ciclista più caro d’Italia.
Neanche le fotografie servono.
Lo so, non resta proprio nulla
di ciò ch’eravamo uno per l’altra,
solo talvolta qualcosa torna,
ma anonimo, e lo strano effetto del vento
sul pioppo che faceva autunno
proprio dentro l’estate.

*
I gerani del supermarket pendono
rossi fino alla nausea, fa male
questo sole che reclamizza
una perfezione tutta fiori,
avvolta in un fuoco feroce
fa male questa pellicola di luce
che entra sottopelle
e si mangia tutto.