Amelia Rosselli è nata a Parigi nel 1930, esule dapprima in Svizzera e quindi negli Stati Uniti si è trasferita poi a Roma, dove è morta suicida nel 1996. Le sue raccolte di poesie: Variazioni belliche (Garzanti, 1964), Serie Ospedaliera (Il Saggiatore, 1967), Impromptu (Garzanti, 1981), Appunti sparsi e persi (Aelia Laelia, 1983), Antologia poetica (Garzanti, 1987), Sleep. Poesie in inglese (Garzanti, 1992), L’opera poetica (Mondadori, 2012). Molti dei suoi racconti in prosa furono pubblicati nel 1968, con il titolo Diario ottuso.

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POESIE

da VARIAZIONI BELLICHE

*
Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora
tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo
è vero se è vero che tua cammini ancora, tutto il
mondo è vedovo se tu non muori! Tutto il mondo
è mio se è vero che tu non sei vivo ma solo
una lanterna per i miei occhi obliqui. Cieca rimasi
dalla tua nascita e l’importanza del nuovo giorno
non è che notte per la tua distanza. Cieca sono
chè tu cammini ancora! cieca sono che tu cammini
e il mondo è vedovo e il mondo è cieco se tu cammini
ancora aggrappato ai miei occhi celestiali.

*
L’automa che disfaceva le giornate era la pallida
ombra che temeva e pregava e sosteneva di non esser
degna; il cielo rompeva il suo isolamento e tutto
cadeva nel panforte del nulla. Ma io esplodevo
fuori della scabra pelle tenace e croccante ma
io rompevo fuori della luna della noia. E ne
seguiva una tenace invettiva a tutti i tramvieri
del mondo; non calate così presto le vostre trombe
d’orgoglio!

da DOCUMENTO

*
I fiori vengono in dono e poi si dilatano
una sorveglianza acuta li silenzia
non stancarsi mai dei doni.

Il mondo è un dente strappato
non chiedetemi perché
io oggi abbia tanti anni
la pioggia è sterile.

Puntando ai semi distrutti
eri l’unione appassita che cercavo
rubare il cuore d’un altro per poi servirsene.

La speranza è un danno forse definitivo
le monete risuonano crude nel marmo
della mano.

Convincevo il mostro ad appartarsi
nelle stanze pulite d’un albergo immaginario
v’erano nei boschi piccole vipere imbalsamate.

Mi truccai a prete della poesia
ma ero morta alla vita
le viscere che si perdono
in un tafferuglio
ne muori spazzato via dalla scienza.

Il mondo è sottile e piano:
pochi elefanti vi girano, ottusi.

*
C’è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.

C’è come un rosso nell’albero, ma è
l’arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch’essi pesano.

Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d’un destino
di uomini separati per obliquo rumore.

*
L’immaginazione torturata si tormentava
gli idilli nascevano e si tramutavano
in fantascientifico dubbio o nausea
e l’amore era un gioco di scacchi.
Il fantasma che regnava nella casa vuota
il fiero dedicarsi ai combattimenti
tutto prendeva una piega imprevista
se il dolor di capo ricominciava.
È nel voler dar fiducia e nel dover
toglierla, il perpetuo scacco della
regina: non ha fiducia, né può darla
mentre i lustrascarpe s’industriano.
Gli alberi assassini s’accovacciano,
foglie libere e deliberate hanno conti
aperti col vento; e l’ira della regina
si tramuta in angoscia col vento!
Il vento stesso si tramuta in libidine
col vento!

da SERIE OSPEDALIERA

*
Di sollievo in sollievo, le strisce bianche le carte bianche
un sollievo, di passaggio in passaggio una bicicletta nuova
con la candeggina che spruzza il cimitero.

Di sollievo in sollievo on la giacca bianca che sporge marroncino
sull’abisso, credenza tatuaggi e telefoni in fila, mentre
aspettando l’onorevole Rivulini mi sbottonavo. Di casa in casa

telegrafo, una bicicletta in più per favore se potete in qualche
modo spingere. Di sollievo in sollievo spingete la mia bicicletta
gialla, il mio fumare transitivi. Di sollievo in sollievo tutte

le carte sparse per terra o sul tavolo, lisce per credere
che il futuro m’aspetta.

Che m’aspetti il futuro! Che m’aspetti che m’aspetti il futuro
biblico nella sua grandezza, una sorte contorta non l’ho trovata
facendo il giro delle macellerie

*
Ti vendo i miei fornelli, poi li sgraffi
e ti siedi impreparato sulla scrivania
se ti vendo il leggiero giogo della
mia inferma mente, meno roba ho, più
contenta sono. Disfatta dalla pioggia
e dai dolori incommensurabile mestruazione
senilità che s’avvicina, petrolifera
immaginazione.

da TUTTE LE POESIE

*
a Pier Paolo Pasolini
E posso trasfigurarti,
passarti ad un altro
sino a quell’altare
della Patria che tu chiamasti puro…

E v’è danza e gioia e vino
stasera: – per chi non pranza
nelle stanze abbuiate
del Vaticano.

Faticavo: ancora impegnata
ad imparare a vivere, senonché
tu tutto tremolante, t’avvicinavi
ad indicarmi altra via.

Le tende sono tirate, il viola
dell’occhio è tondo, non è
triste, ma siccome pregavi
io chiusi la porta.

Non è entrata la cameriera;
è svenuta: rinvenendoti morto
s’assopì pallida.

S’assopì pazza, e sconvolta
nelle membra, radunata a sé
gli estremi.

Preferii dirlo ad altra infanzia
che non questo dondolarsi
su arsenali di parole!

Ma il resto tace: non odo suono
alcuno che non sia pace
mentre sul foglio trema la matita.

E arrossisco anch’io, di tanta esposizione
d’un nudo cadavere tramortito.

*
Perdonatemi perdonatemi perdonatemi
vi amo, vi avrei amato, vi amo
ho per voi l’amore più sorpreso
più sorpreso che si possa immaginare.

Vi amo vi venero e vi riverisco
vi ricerco in tutte le pinete
vi ritrovo in ogni cantuccio
ed è vostra le vita che ho perso.

Perdendola vi ho compreso perdendola
vi ho sorpresi perdendola vi
ritrovo! L’altro lato della pineta
era così buio! solitario! rovinoso!

Essere come voi non è così facile;
sembra ma non lo è sembra
cosa tanto facile essere con voi ma
cosa tanto facile non è.

Vi amo vi amo vi amo
sono caduta nella rete del male
ho le mani sporcate d’inchiostro
per amarvi nel male.

Cristo non ebbe così facile disegno
nella mente tesa al disinganno
Cristo ebbe con sé la spada e la guaina
io non ebbi alcuna sorpresa.

Candore non v’è nei vostri occhi
benevolenza era tanto rara
scambiando pugni col mio maestro
ma v’avrei trovati.

Vi amo? Vi amerei? Tante cose
nel cielo e nel prato ricordano
amore che fugge, che scappa
dietro le case.

Dietro ogni facciata vedere quel
che mai avrei voluto sapere; dietro
ogni facciata vedere
quel che oggi non v’è.