Alberto Arbasino è nato a Voghera, Pavia, nel 1930. Di formazione giuridica, negli anni Sessanta ha aderito al Gruppo 63. Ha cominciato scrivendo poesie, che sono confluite in gran parte in Matinée: un concerto di poesia 1943-1983 (Garzanti, 1983). Altre due raccolte sono: Rap! (Feltrinelli, 2001) e Rap 2 (Feltrinelli, 2002). Si è dedicato prevalentemente alla narrativa, al resoconto di viaggio e alla saggistica. I suoi libri principali sono: Le piccole vacanze, 1957; Fratelli d’Italia, 1963 (riscritto nel 1976 e nel 1993); Certi romanzi, 1964; La maleducazione teatrale, 1966; Off-Off, 1968; Super Eliogabalo, 1969; Sessanta posizioni, 1971; La bella di Lodi, 1972; In questo stato, 1978; Un paese senza, 1980; Il meraviglioso anzi, 1985; La caduta dei tiranni, 1990; Parigi o cara, 1995; Lettere da Londra, 1997; Passeggiando tra i draghi addormentati, 1997; Paesaggi italiani con zombi, 1998; Le muse a Los Angeles, 2000; Marescialle e libertini, 2004; Dall’Ellade a Bisanzio, 2006; L’ingegnere in blu, 2008; La vita bassa, 2008; America amore, 2011; Pensieri selvaggi a Buenos Aires, 2012; Ritratti italiani, 2014; Ritratti e immagini, 2016. Collaboratore di quotidiani e periodici (Il Verri, Quindici, Corriere della Sera, La Repubblica), è stato anche critico teatrale e musicale.

https://it.wikipedia.org/wiki/Alberto_Arbasino#Opere

http://www.treccani.it/enciclopedia/alberto-arbasino/

POESIE

da MATINÉE

La vita di tutti i giorni
I
Basta, ormai è finita
e non voglio più gente in casa mia.
Quello che è stato è stato
– una gran birberia –
ma chi ha avuto ha avuto
e chi ha dato ha dato
dal Cardinale all’Innominato.

Cara la mia Lucia
non sarò più tanto snello
ma il cielo di Lombardia
è rimasto sempre quello.
Tu sai bene che non moraleggio,
però la poteva andare anche peggio:
in fondo, ce la caviamo con poco
anche se tu… sì, proprio tu
sembravi fare apposta a scherzare col fuoco…

Ma adesso il romanzo è finito,
e una volta scampati alla peste
com’è vero che almeno una cosa ho capito:
facciamo meglio – i capponi – a mangiarceli noi per le feste.

Va bene, va bene, Lucia,
te l’ho detto, è proprio finito.
E allora, cosa fai lì con le mani in mano?
Non hai mica – per caso – nostalgia?
Con tutto quello che abbiamo da fare…
Appena adesso, si cominciava a parlare…
… O ripensi magari a Milano?…

Io, francamente, non voglio pensarci mai più.
Se è per me, li perdono
tutti quanti, e ci faccio una croce su.
Proprio, da buon cristiano.
Ma è finito – hai capito? –  è finito!
Su, su,
prendi, l’anello ti dono,
senza tante parole.

Andiamo, su, hai sentito?
D’ora in poi ci si alza col sole
e si va a letto – al più tardi – alle dieci.
… Mica come in lazzaretto…

A proposito… sai che era saporito
quel giambonetto
e il tuo minestrone di ceci…

II.
Lucia… rimembri ancora
l’invasione… e non saper dove andare…
e la persecuzione… e sempre scappare…

Dormivi?… Ma io ci ho ripensato.
Forse era quel minestrone squisito,
ma io stanotte non ho proprio dormito.
Mi sono alzato,
ho bevuto – ma niente – non ci sono riuscito.
E tu dormivi – tu –
Ma appena mettevo la testa giù
Era come se mi sentissi – io! – sul viso
Ancora quell’orribile alito del Griso.

Eppure… vedi… sento che dimenticheremo…
Cosa vuoi… l’abitudine di ogni giorno…
Gli oggetti familiari tutti intorno…

da RAP 2

Signorilità
…Ma forse, nelle epoche molli
dilaganti, per la censura
non occorre un diktat sistematico
o un ukase specifico
di un Ministero della Cultura
come nei tempi duri
che seguono agli anni folli.
Bastano le autocensure e le cautele
di “veri signori” e “Missiroli in barile”
di ritorno e di turno. Con vignette
e guittate alle prue, per
tirare qua o là il “popolo bue”.

Piazze d’Italia
Ah, la buona società civile…
Ma quando i mostri “fanno vendere”,
bisognerà pure accondiscendere.
Signore, non siate severe.
Non tutti hanno buone maniere.
Ma poi, tanto, ritornano i “nostri”?

Sull’altana
Diceva un croissant a una banana,
in un dialogo quasi leopardiano:
“Ma come mai questi intellettuali,
a differenza dei manovali,
hanno un’aria così sinistra
anche quando sono di destra”.
La risposta fu: un’Ode alla Luna,
un Sonetto alla Mezzaluna,
e uno spaghetto all’Amatriciana.

Senno del ‘post’
Mannaggia, mannaggia.
Se – con la mia laurea in legge –
avessi fatto il pretore a Voghera,
sarei una celebrità, a quest’ora.
Globale e non globale.
Denuncerei e convocherei
Bush, Blair, Saddam Hussein, Chirac,
Sharon, Fidel Castro, Arafat,
certi argentini e cileni
(che so io), delle madri hawayane…
E lì, vi correi vedere,
alle cinque della pera,
non a Sanremo, ma a Voghera.

Privacy Fair
Buonanotte, Pier Paolo. Dunque
la tua immagine
pare diventata lugubre?
Ti rappresentano come una squallida
figuretta in giro per tutte
le immondizie e le merde e le discariche,
come se il luogo della fine tragica
ricoprisse di trash tutta la parabola.
E invece no. Non eri affatto macabro
né iettatorio, per niente
sinistro o saccente.
Eri spesso allegrissimo,
e (non solo per me) simpaticissimo.
E andavi a battere
anche in posti bellissimi
che (in caso di ‘evento’) sarebbero
stati, magari, ‘emblematici’
di tutta una vita, con morte e miracoli:
monumenti della romanità più classica,
siti degni del decadentismo del Pascoli!
(E se il ‘sinistro’ si fosse verificato,
all’Eur, o alla Mater Dei, o al Gemelli,
o dietro un ‘set’ tipo Poveri ma belli,
quale flashback avrebbe autorizzato?).

Byzanthium versus
Ricordi quando si andò a Patmos,
apposta, per ascoltare
a un giubileo plurisecolare
del celebre monastero
le musiche bizantine più autentiche?
E le Messe erano quasi identiche
alle funzioni pre-conciliari
della nostra infanzia più rustica…
E poi si acquistarono i compact
di “musica bizantina secolare”,
nelle versioni più filologiche,
in poco o nulla si distinguevano
dai ‘bouzoukia’ di Mikonos, in piroscafo…

Concerto da camera
I corpi-nomi di George Steiner: dietro
ogni testo (anche il più eletto),
sentire non tanto una luce
(eventualmente ‘sottovetro’),
ma il movimento e il suono di una voce.
L’oralità, non solo nel teatro
d’azione, di idee, o conversazione,
ma nell’insegnamento cattedratico,
nella performance critica
che (per Longhi) è ricerca analitica
messa a punto di “parole conte e acconce”
come equivalenti anche fonici
– trasferimenti verbali
Delle orditure formali… l’Ekfrasis! –
voltando le Idee (“lapidee,
metalliche, stalagmitiche…”)
in recitazione
d’eccelsa avanguardia, o intonsa tradizione…

Ode “alle zie”
“Ci salveranno le vecchie zie?”
(con le loro economie, ubbie, manie…).
Era il titolo-tormentone
di un sarcastico pamphlettone
di Leo Longanesi, nei peggiori
anni del nostro dopoguerra.
E quelle “zie” dei vecchi Strapaesi
rappresentavano i “valori”
della piccola Italia borghese
di ieri, il dignitoso paese
di Giolitti e Nitti,
Sonnino, Tittoni,
Cadorna, Salandra, Bonomi,
la provincia di Montanelli, e (non potendoci
permettere né una Madame Bovary,
né dei Bouvard o Pécuchet) magari
le casalinghe a Voghera e Novara.

Rap 2002
Per Natale e Capodanno e Befana,
secondo la tradizione cristiana
romana e pagana,
invece di tanti auguri e scongiuri
e regali globali o non globali
inutilmente costosi
e generalmente noiosi,
meglio cavarsela con mille scuse,
generose e senza spese,
né pretese: è la forma più sicura
per far sempre una bella figura.
Tanto più se non si hanno colpe
circa stragi, tangenti, scempi, golpe.
E chiedere perdono cosa ti costa,
se non hai mai fatto niente apposta?