Adua Biagioli Spadi è nata nel 1972 a Pistoia, dove vive.  Sue raccolte di poesia sono: Come pensieri (2011), L’Alba dei Papaveri (La Vita Felice, 2015), Farfalle (poesia e arte, GaEle editore, 2017), Il tratto dell’estensione (La Vita Felice, 2018). È presente in numerose antologie: Ambrosia (EXPO’ 2015 Milano), Novecento e non più. Verso il Realismo Terminale (Fiera di Roma, LVF, 2016), Lettere&Lettere (Terra d’Ulivi, 2018), La malattia invettiva (Limina Mentis, 2018). Nel 2017 con l’adesione al Progetto culturale Parole di Pietra, una poesia tratta dalla prima raccolta poetica, viene scolpita su stele in pietra serena  e ubicata in Sambuca Pistoiese, ai fini della valorizzazione della cultura. 2018 Primo Premio Assoluto al Concorso Letterario Internazionale Ambiart, Milano, con l’inedito “A Paola”. Pittrice e Operatrice Culturale idea eventi letterari e collabora con siti web culturali.

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POESIE

da IL TRATTO DELL’ESTENSIONE

Cosa ne faranno le lune
di questo cuore in disuso dimmi,
dei tuoi occhi di foresta che il tempo mi concesse
colpe divise a schiera quasi fossero
biglie per gioco, ferite inferte, veleno per piante.
Ho chiesto alla rosa il senso del fragile,
il precoce spezzarsi della ghianda:
il silenzio trova sempre un posto per inserirsi,
scava sempre il niente e il tutto per estensione.

*
Strilla il campo al canto dell’usignolo
quando lascia impronte sulle terre fresche
annotta a Est la danza delle barche
quando lo stormo dei susini saluta le nostre ciglia
bianche sono l’aria le tue mani e il giglio di Ophelia
svela il sogno seducente delle perle,
è troppo blu lo scarto fra le dighe al vento
quando ci si lascia così senza una parola buona,
la città è perduta forse
ma non per chi si ama per sempre.

*
Sempre la fragilità si dirige sommessa alla deriva
nello slaccio d’abbandono del sentire,
è la lacrima a cogliere la perfetta stanza
della noncuranza,
incauto nascondiglio della goccia
il passaggio della scesa,
là dove l’arrestarsi precede il dardo, la caduta
l’affidarsi estremo, al disoriente abbraccio.

*
Ogni accadimento sottrae qualcosa
porta in un limbo
al faro rotto e ai frantumi delle foglie
la svirgolata viola sopra l’occhio perde i sensi,
i pensieri furono intarsi del non so più chi sono:
le onde fisse nella notte di Munch
l’urlo silenzioso in volto – nessun messaggio –
solo il linguaggio muto del cercare vita.

*
Ci vogliamo esatti
se siamo un connubio di ortiche
sfiorati negli angoli e punti
consapevoli del tedio
sulle mani nessuno ci coglie più.
Non siamo i fiori del gelsomino garbato
allungati per necessità ci rinnova l’acqua battesimale
eppure
siamo riflessi felici delle felci,
così fa il tempo con le nostre mancanze
offre ancora motivi per farci riconoscere.

da L’ALBA DEI PAPAVERI

Rosso
Mi affaccio nel rosso rubino
del rosso.
I battiti silenziosi tendono,
esplodono fuori
dal dentro,
dove lava lavora
incessante
nel sordo suono irrisolto
d’ irrequietezza che mi resiste.
Il rosso è un lago di porpora:
imprigiona con la materia
per liberarmi all’abbraccio dell’aria.
E parlo a lui quasi fosse un amore:
gli chiedo di non spegnersi
di non finire il caos del mistero;
gli chiedo di bruciarmi ancora e
ancora il volto
nelle fiamme del suo ardere.
Sì, il rosso è pietra che brilla nascosta
splende nell’organo di vita pulsante
non sa di un gelo che stermina
i fiori e li spezza.
Il rosso ha il gusto della passione
mirtillo e fragola intrisi,
può essere un sogno,
un danzante ondeggiare
di cui neppure ti accorgi.

L’assenza
Senti, come tutto quaggiù
si trasforma sotto la neve.
Il tetto spiovente è scivolo immacolato,
piegata di peso è la morbida frasca
pare onda appesa all’aria che gela.
L’azzurro bagliore mi sfugge
in opaca crosta di quercia
il fuori condensa perfino quella carezza.
Pure il mio restare in questo fermarsi
un istante biancheggia,
silenzio degli strumenti.
L’orizzonte è un altro e io
non arrivo mai.
Tutto sparisce
sotto la neve che copre,
tranne queste tue rose infuocate
che non so più guardare dentro,
nel profumo dell’assenza.

Nel silenzio
Nel silenzio che mi sta dentro,
in quello sospeso dell’aria ferma
dimorano i sogni
come punti di arrivo mai toccati.
Lì c’è il palazzo dei venti.
Traspirano memorie
che si inseguono come fanciulle
e fantasmi muti e nascosti escono,
per ascoltare dei vuoti
le voci attorcigliate.
Lo spazio dell’ombra
è uno stretto squarcio
in cui tutto converge,
si colma di originaria linfa.
Si fa perfetto anche il passato
traboccante
degli errori mal taciuti.

Parole antiche
Il silenzio frantuma
sgretolando come la carta
pure le mani di carne.
Pioggia riverberina lo infrange diritta,
indisturbata piomba al ricordo
della mia Ispica a mare.
La penna graffia parole antiche,
nel blu ramoso di un cobalto
scolorite, di questo giorno
a memoria raccolto nei pugni.
Parole antiche,
il sapore dell’oro che rinverdisce
nell’agro d’inchiostro bagnato.

Speranza
La speranza è un destino
inseguito nell’innocenza,
forse mi cerca come il domani
moltiplicazione di ansie irrisolte
delle mie incertezze di carta.
è spina di rosa che graffia
unica via diritta al fondo.
Punto giallo al centro del nero.

L’alba dei papaveri
Idee per ogni luna
quelle del mio giardino,
sparpagliate più che mai
brulicanti di pause, di vita,
divise da odorosi spartiti.
Dico loro che questa è l’altra alba
rapita dalle accese memorie
allo scandaglio di me quasi sposa,
quasi dall’amore intimidita.
è un accendersi di seta e tulipani
dal cielo assopito su fiori avvinghiati.
è l’alba di papaveri rossi.

Rouge
Je me penche en le rouge rubis
du rouge. Les rhitmes silencieux
poussent , ils explosent dehors
de l’interieur, où la lave travaille
en le sourd son irrèsolu  d’agitation
que me rèsiste . Le rouge est un lac
en violet: il emprisonne avec la
matiére pour me livrer à l’ètreite de l’air ;
je lui parle comme si c’ètait  un amour:
je lui demande de ne pas  s’éteigner,
de ne pas finir le chaos du mystère ;
je lui demande de me brûler encore
et encore le visage dans les flammes de sa brûlure.
Oui, le rouge est pierre que brille cachèe,
Elle rayonne en orgue de vie qui bat,
Elle ne sait pas du gel
Qui extermine les fleurs et les rompt.

L’absence
E’coute, comme tout ici se trasforme
sous la neige. Le toit en pente est
immaculè, pliè du pois la fourgère
douce semble vague d’air accollètée
qui gele. La lueur blue m’èchappe en
croûte de chêne
le dehors condense même celle
caresse.
Même mon séjour dans cet arret
Une vue instantée  blanchit,
le silence des istruments.
L’horizzon est un autre
et  je n’arrive jamais. Tout disparaît
sous la neige couvrante,
sauf vos roses enflammèes
que je ne regarde pas dedans,
dans le parfum de l’absence.

Dans le silence
Dans le silence en moi, dans cela
souspendu de l’air stabile vivent les
rêves comme points d’arrivée
jamais touchés.
Il y a le palais du vent .
Exsudent des souvenirs qui pursuivent
comme petites filles et des fantômes
muets et cachès sortent ,
pour écouter les vides , les voix tordues.
L’espace de l’ombre est un ètroit gash où tout converge,
il est rempli de sève native.
Il est parfait le passé débordant de fautes,
Mal gardés secrets.

Anciens mots
Le silence brise en ruinant
le papier même les mains de
chair. La pluie avec la
rèverbèrtion le fonce de droite,
pas  perturbès plonge dans le
souvenir de mon Ispicà à la mer.
La plume griffe anciens
mots, dans le bleu de  cobalt décolorés,
de cet jour en mémoire  recuellis dans les poings.
Anciens mots,
le goût de l’or qui ravive
dans le lac d’encre fraîche.

L’espoir
L’espoir est un sort poursuivi en
innocence peut –être me cherche
comme le demain multiplications
des angoisses pas résolues des
mes incertitudes de papier.
C’est épine de rose qui griffe uniquement
la voie toute droite vers bas .
La tâche jaune au centre du noir.
(traduzione francese di Maria Cinquepalmi)