Adriana Bertoncin è nata nel 1951 a Mestre e vive a Maerne di Martellago (Venezia). Ha pubblicato le raccolte Tra basaltiche onde (Supernova, 2003), Riserbo di radice (Supernova, 2010). Sue poesie sono presenti in numerose antologie, tra cui: Alberi – Dieci anni di poesia (Comune di Venezia, 2011), Tra velme e barene: la voce della poesia (Supernova, 2013), Antologia del Gruppo Poesia Comunità di Mestre (Rupe Mutevole, 2014), Santi e poeti (Granviale, 2015), Coi giorni mi volgo e mi confondo – Omaggio ad Andrea Zanzotto (Granviale, 2016).

adrianabertoncin@gmail.com

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POESIE

INEDITI

Punta Aderci
Abruzzo, 2014
Dove la lingua biliosa
del mare addolcendosi s’insinua
tra labbra di sabbia
e il vento passando non lascia
che dune pelviche d’arbusti
ed esoscheletri muti
allo sciacquio di giornata,
un grandangolo aperto
è il cielo,
sull’ala del silenzio
che si prolunga ad oltranza,
che neppure il tempo dell’uomo,
contorta radice, sconfinando dissacra.

Diomedee
Coi sogni sradicati
dentro gli occhi, vanno
su barconi sghembi
visi d’ebano e d’ulivo
incontro ai marosi del destino.
Vanno, stipati respiri,
tra albe livide
e notti di cordoglio,
da falle d’umanità vomitati
fino ai nostri scogli.
Arrivano in questo occidente
metà liscio e metà appuntito,
con voci stridenti
come ruggine nel vento,
come le diomedee
quando piangono
la morte del loro re
in un tramonto liso.

Mare di mura
Non è la realtà a svegliarci
ma ciò che preme sotto
il battito cigliato d’ogni desiderio.
Lo sa l’impeto del sogno
che a nugoli si leva
vagando tra i vani della notte,
deserti del silenzio.
Anche tu che ogni giorno
torni ad obliterare la vita,
a sgomitare per essere qualcuno
che più non t’assomiglia,
potresti, sgusciando
dall’angolo nascosto,
essere te stesso
sul bordo della strada
o con l’abito dismesso;
e andare oltre il filare
della prospettiva,
mare di mura
che all’alba si delinea.

Silenzio alto
Si andava,
con la foga degli anni
e la brezza del mare
stretta nel pugno,
sulla collina di luce stesa,
anime al vento, bianche di tovaglia.
Si andava,
tra i campi arati del tramonto,
nel casolare deserto
a rinfocolare la fiamma
che a fasci ci legava.
In rotte file siamo tornati
come insetti in una luce d’ambra,
mentre da un’altra collina
ci guardavano discreti
lumi e croci
nel silenzio alto dei cipressi.

Ritrovarsi
Partire l’indomani
dei giorni in cui nulla succede,
dove il senso sta
tra il sole e l’imbrunire,
la cena e un letto sfatto.
D’un tratto levarsi sulle ore
dicendo: “la vita va più in là
di dove il pensiero corre”
e ritrovarsi fra le crestate onde
con lo spirito alto nel suo fulgore,
in quel candore che scende
sulle case sparse nei pendii,
sugli aghi dei respiri in fuga;
per ritornare, come il fumigare
lento dei camini,
ad afferrare della luce il canto,
nel buio del passato giorno
che non muore.

Contratte stelle
Ancora l’orgoglio
tra la luna e il cielo,
tra la ragione e l’umiltà devota:
non siamo nessuno senza l’amore
che sciolga il sottile strato
tra l’una e l’altra cosa.
Eppure arranchi
sullo specchio incantato,
come se fosse il lago dei sogni,
sul giorno pavido della bugia riflessa
dove la lacrima versata
sembra la solitudine di Dio
nella sera dei primordi.
Mentre una voce da sempre mi dice:
“disarma il vento del rancore
ed apri il passo alla pazienza
che, lungo il sentiero accidentato,
è un’eco che risuona e si propaga!”
Ma la pazienza non è il mio forte,
così ho fatto dell’orto la mia casa,
di cera le rive dei trascorsi
e ulivi i miei pensieri, contratte stelle
nella notte della Pasqua.

da TRA BASALTICHE ONDE

Questi venti che soffiano
ciechi
scopriranno i fianchi
levigati,
scarnite ossa luccicanti;
i nervi sciolti spargeranno
grida
sull’arsura delle sorti
che legano le sorti.
In pagine già scritte scivoleranno
i nostri semi, inchiostri stinti,
cartelli divelti tra le spighe.
I bei papaveri strappati
hanno breve agonia;
così che questa terra
di tutti e di nessuno,
prospera di petali avvizziti,
croci di sterpi
andrà segnando
su scalcinati muri.

*

Nel vento cigolano
i cardini del tempo,
tappeti raschiati
dall’andirivieni.
Si consumano
nelle quiete albe,
i sogni
che scandiscono la vita.
Domani
si vuoteranno le mani,
ad altri passeremo il testimone,
sgravati.
Ora, non è ancora l’ora:
la veglia del cammino
è ancora lunga.
Troveremo la forza
per raccontare e raccontarci
che l’ineluttabile
era lì ad aspettarci?

da RISERBO DI RADICE

Di te tutto conosco
Di te tutto conosco
sull’onda parca d’ogni riflesso,
dove ora mi sembri un pesce,
ora una lenta tartaruga;
stanco di seguire la frotta,
in sagoma rispunti,
carapace d’amore
sotto l’influsso della luna.
Amore, che del tuo mare
racchiuso porti
l’ambiguità nel fondo
e incagliata l’ora,
l’evoluzione da tempo attesa
non è che una pinna
per sfuggire alla paura,
un guscio covato
dentro la sabbia della notte;
ma mai un’ala che dirotti il vento,
solo dovere che offusca
l’abbacinare del grembo
e silenzio vuoto, silenzio esteso.

Dalle un osso
Dalle un osso
per scavare questa sua terra,
dalle una tibia
per scavare questa sera
d’aspro respiro.
La buca aspetta,
la luna si getta
dentro l’oscura materia;
di larve brulica il sogno,
il riso ha un suono lontano,
vestito frusciante di un’alba
in cammino verso il mattino ciarliero,
spalancata finestra sui giorni
che mordono il freno.
Dalle un osso lumino
per lenire il dolore del buio,
il letto è freddo, le misere spoglie
giacciono nello sprofondo;
brucia queste ossa di cera
spargile al vento,
spargi l’ora slabbrata,
lascia che si compia il momento,
lungo i binari divelti del tempo.
Preghiera? Richiesta?
Forse non a tutti è concessa,
laddove l’impatto violento,
specchio di perdono sospeso
e vagiti di fame,
cristalli buttati sul ciglio,
rifrangono il mistero del dopo.

TRADUZIONI

So I’ll tread
So I’ll tread grey uphill alleys
where the Northern Sea spirals up
beating its winds,
hanging each ray
to swinging shadows of branches.
Dimlit Liège
redbrick homes and
the Mose waving its fluid
flag as a call  – all of this lie
beyond eyes which like marbles
I shake to let the snow of memory
fall down, and veil it all.
My sister, the moment you flash up there
– lilies laughing in your gaze
and a borderless light in your hair
like the midnight sun
flowing through my mind
and chasing shadows –
all my far-out love
goes back to that city
and to your loved doorstep.

Age
Narrow spaces where
sadness I could touch
in my mind,
all those shadows behind lost eyes
under a barren, black and white sky.
Stuck in my jackets
my hands – wishing to brush
against crooked backs –
could listen to the backwater murmuring
– the underground soliloquy.
Underneath cities and directions
voices – still alive
running up gutters, plunging into seas
– fishes of a sort,
their gills among black seaweeds
populating the ocean deep.

Mankind
And man gets rid of
frayed pages, while
shell-empty words and arguments
trail as all hell breaks loose.
Tongues dropping
Like wobbling teeth
and divided allegiances
leading feelings astray.
Poisonous streams
we wish we survived
on our own, while
others drown.
A wall of debris rises out of the blue
And on its top, as on a broken glass
There glimpses a reflection of the self.
Dark moons are drawing lots
picking cards of soiled beliefs.
Out of the deck there falls
an image of God.

A steel-like moon
A steel-like moon
finally sets
holding time trajectories
I’ll only get a glimpse of,
flooding the seabottoms in my room
where time expands
beyond measure.
In fishfarms I’ll breed the moon
As if it were a hook
to the ripped mouth of a fish
while in daylight I feed it
worms,
I’ll feed it
writhing dreams
until mellow-voiced
it will quickly move
and delusively hook
my present and my past.

The kiss
Swallows change their flights
leaving dump seasons
for hot and joyous harbours.
But I get stuck
A dumb clock-hand
A wing where the sun sets.
Things, dreams, and beliefs move
All the slopes in life fall apart,
While the wind storms
And my mouth – an aged crack –
holds its tongue.
One kiss – tousling parrot feathers
while pigeons coo and
the earth shakes.
I won’t be waiting for your hesitation
your hurried steps
if I dream of Tristan’s betraying kiss
before night falls.
(Translated by Cinzia Mozzato)