POETI STRANIERI: ALEXANDER NAWROCKI TRADOTTO DA PAOLO RUFFILLI
Aleksander Nawrocki è nato nel 1940 a Bartniki, vicino a Przasnysz, in Polonia. Poeta, narratore, saggista, traduttore, editore. Vive a Varsavia. Ha debuttato nel 1965 nell’allora settimanale letterario Kultura, e in Pax nel 1966 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie intitolata “Rusty Fruits”. Nella sua poesia i canoni secondo cui realtà e cultura si intrecciano sono quelli di oggi, della nostra contemporaneità, e si legano prevalentemente alla contraddizione drammatica della vita nella coscienza frantumata delle nostre individualità, in presenza di continue e marcate sottolineature ironiche, con dettato incalzante e con soluzioni espressive preferenzialmente aperte, a materializzare lo iato profondo tra consistenza materiale (o materialistica) della realtà e alfabeto categoriale della conoscenza. (La notizia biobibliografica continua in coda alle poesie)
Check-in Amleto
Ragazzo mio, qui niente finisce,
e niente mai comincia.
Durano gli stessi omicidi,
la stessa letteratura, la medesima fede –
le armi che i più deboli hanno.
Sappiamo bene cosa fare.
Cambiamo idea
da noi stessi convinti –
con i più ridicoli argomenti
soggettivi – con saggia tolleranza
e la speranza di qualche riforma delle tasse.
In caso di scrupoli, si può di nuovo interpretare
la storia greca della democrazia
o quella del diritto romano.
– Ragazzo mio – nessuno protegge ormai
il suo onore con la spada.
Ci sono i diplomatici per questo,
pronti a convincere chi usa la ragione.
Ecco perché a ragione
sei stato messo nell’inferno.
Il nuovo paradiso non prenderà mai
un metafisico pazzo come te,
che insegue un’etica fuori dal tempo.
Le circostanze trasformano anche i santi:
– Devi stare con la gente – predicavano
Pietro e Paolo
Ci piaci, ma come favola
da libro di letture,
anche noi giocavamo a fare spade di legno,
per vendicarci.
Tombe e fama?!
Gli omaggi di sangue sono ormai solo patetici
da cattivo teatro. Non recitiamo più la tragedia.
Del tuo dramma possiamo
fare e mettere in scena
una farsa di sicuro successo.
Vattene allora
là dove il tuo regno
brilla ancora come fosse
una bellissima stella.
Le cose
Le cose sono oneste e invano
qualche arrogante rompe loro le schiene.
Le cose stanno in silenzio
piene di dignità. Rimangono se stesse
giorno e notte.
Nessuno sa come
ma una luce di benvenuto
cade su una sedia piena di polvere,
o su un’icona pensierosa.
Di notte, dalle stelle riflettono
una luce, pura e dolce, della verità.
Chi dorme prova rimorso
ma nulla appartiene mai a nessuno: la corona
non è più quella del re,
la spada del carnefice
piange per i giustiziati, il fucile
vorrebbe essere inchiodato al muro
dalla paura dei soldati di trincea…
(Il loro unico ordine è il silenzio – denso di nomi
di porcellana sulle etichette accanto).
Ma, implacabile,
arriva sempre l’alba
e la gente finisce che si sveglia. Ecco allora
che le cose incominciano a piangere.
Ti trasformerò in stelle…
Vi conoscete tra di voi? Mia sorella – morte.
Dove l’hai incontrata? Nel nono sogno,
sotto un arcobaleno rotto, su una strada sterrata,
aveva gli occhi da gufo e due ganci come mani.
Stava mangiando con Dio, nella stessa ciotola,
deponendo una bocca di leone sul letto di un torrente.
Ha fatto molta strada, è arrivata, ancora calda.
“Ti trasformerò in stelle”, dice.
Abbozzo sull’amore
Amore – un uccello bianco solitario in cielo.
L’acqua vuole prenderselo nel cerchio delle braccia.
Amore – un uomo che in mezzo a un fiume di parole
ne approfondisce una sola… Il mare aperto
è il tempo dell’amore. Su una lettiera d’oro
si solleva su dal fango fino alla stella più elevata.
E quando poi guarisce volando via nell’aria,
i suoi occhi sono come monete fuori corso.
In un grande incendio
Moriamo, prima ancora che si cominci mai a capire.
Le vedove ci perdono, perla dopo perla,
gli amici ci mettono da parte, come mattoni inutili.
Non vogliamo uccidere. Ci piace
il mare e i viaggi,
il rumore dei proiettili sui teschi dei nemici,
le cosce delle donne, le canzoni dei cugini al matrimonio
e la dignità dell’uomo – schiaffeggiata nell’infanzia.
La musica sempre ci commuove,
piangere ci allontana dalla vita,
le stelle preannunciano speranza.
– “Vieni, mia amata,
sveglia in me il desiderio di cantare e bere “,
canta il mendicante, guardando il sole che risplende.
Una ragazza gli lancia
un mazzolino di fiori e scoppia a ridere.
Dannati o belli, criminali e preti,
tutto ancora nel profumo dei selvaggi venti,
nei desideri più diversi
e nella bianca paura delle grotte,
siamo nomadi delle grandi steppe,
vicino a un vasto incendio.
E della sofferenza?
Non è lei a prenderci per mano, è lei
che noi lasciamo entrare nei giardini che abbiamo
noi stessi ridotti alla rovina,
a portarci cesti in dono colmi di frutta.
(Traduzione dall’inglese di Paolo Ruffilli)
Aleksander Nawrocki, laureato in filologia ed etnografia presso l’università di Varsavia, è autore di sedici libri di poesia, di due libri di racconti, di romanzi e di saggi. È curatore ed editore di un’opera monumentale in tre volumi “Poesia polacca – Antologia del millennio”, contenente le opere di 275 poeti polacchi. Editore e caporedattore del mensile Poezja Dnia, è organizzatore dei World Poetry Days sotto l’egida dell’UNESCO e del Ministero della Cultura. È stato per molti anni coorganizzatore dell’Autunno della Poesia di Varsavia. Ha pubblicato oltre venti volumi di traduzioni dalla letteratura ungherese, rumena, bulgara, russa e finlandese. Nel 2004, ha ricevuto la statuetta del premio Przasnysz Koryfeusz.