Mario
SPECCHIO

Mario Specchio è nato nel 1946 a Siena ed è scomparso a Montepulciano nel 2012. Nel 1974 ha esordito in poesia con la raccolta A piene mani, a cui hanno fatto seguito Nostalgia di Ulisse (Passigli, 1999) e Da un mondo all’altro (Passigli, 2007). È autore anche del romanzo Morte di un medico (Sellerio, 2004). Dal 1999, insegnava Lingua e letteratura tedesca e Traduzione letteraria all’Università di Siena. La grande amicizia con Mario Luzi ha contribuito alla sua formazione e di lui ha curato una biografia intitolata Colloquio. Germanista, si è occupato particolarmente di Goethe, di Rilke, di Hesse e di Paul Celan, a cui ha dedicato un’importante monografia, L’incantesimo dell’assurdo.

http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Specchio

POESIE

Di notte

È nella notte il canto delle Parche

quando chi dorme sembra già assopito

per sempre e i fuochi fatui ai cimiteri
prolungano il respiro di quel sonno.
Verrai di notte, mi sfiorerai leggera
nella tua voce ancora una poesia
avrà forma di vento
e sarà il vuoto colmo degli spazi
sarà la solitudine del mare
e le greggi che lasciano al mattino
il caldo della stalla, o grida roche
di fiori all’avanzare dell’incendio.
Ad ogni notte ti fai più vicina
ed io sento il frusciare del tuo manto,
preparo per te vasi di frutta,
lascia aperto un libro, brucio incenso.

Volevo leggerti poesie d’amore
Volevo leggerti poesie d’amore

volevo sciogliere in una carezza
la solitudine dei tuoi occhi.
Mi parlasti del tempo passato
ti parlavo del tempo futuro
e ad ogni passo più lieve il tuo corpo
si confondeva nelle parole.
Ora di te mi resta l’eco
di un fermaglio caduto nell’erba
e nel vento di primavera
lo splendore delle tue ciglia.

Sarò di nuovo forte
Sarò di nuovo forte
tra un momento, lo sai,
non c’è dolore
che il cuore non riesca a sopportare.
Sarò forte come mi volevi
quando mi guardavi di lontano
ed io ti sostenevo con lo sguardo.
Saprò di nuovo accogliere la vita
e sconfiggere il male con il gesto
che replica l’addio
senza voltarmi.
Ma questa sera lascia che il mio pianto
ti inondi
come da bambini
ci si abbandona al petto della madre.
Perchè di fronte ad una donna
è sempre un bimbo
che si finge uomo.

Lo so
Lo so, lo so che il tuo dolore, il mio
salverà il mondo
per questo sei venuto
sulla terra
ed è per questo che un angelo squarciò
il silenzio di Nazareth
una volta.
So tutto Figlio, l’ho saputo sempre
la tua vita
era un disegno inciso nel mio grembo.
Eppure qualcosa c’è che non afferro
in questa trama
c’è qualcosa
che non trova riscatto. Tu perdonami.
E non mi libero dal sangue che inseguiva
i nostri passi sulle vie d’Egitto.
Ma perché solo il sangue salva il sangue,
dimmi
Figlio
perché?

Ci stupirà
Ci stupirà forse la morte
quando
si farà più vicina ed una voce
porterà l’eco delle tue parole,
ci stupirà con la carezza lieve
che dissolve l’ultimo segreto
e rende i corpi alla misura estrema
liberi dall’insulto
e dall’inganno.
Dove saranno gli occhi di velluto
che celavano il tempo dell’attesa,
le promesse le lacrime il sorriso
tutto perduto
tutto abolito
come non fosse stato?

Congedo
per il nostro amico Antonio Tabucchi e per Antonio Melis
Non torneranno più le tue parole
non tornerà il tuo viso né la voce
la lama e il doppio taglio della mente
non tornerà la sera né il mattino
Campo de’ Fiori e fiamme lungo il Tago
e le cicogne ai tetti di Alentejo.
Sei stato. Ti ricorda chi ti ha amato
ti tiene stretto al nonnulla che poteva
cambiare il mondo
lasciarlo sempre uguale.
Giorni dell’Escoriale
vino bianco
nelle notti che ardevano di sete
come il cane di Goya
il cane giallo
che implorava una ciotola e un sorriso
glielo portai da parte tua
gli dissi
te lo manda un amico che conosce
il tuo strazio di sabbia
te lo manda
un fratello di quello che ti inflisse
il martirio del sole
e dell’eterno.
E il lungosenna e il bouquinista ignaro
di venderti con un libro di Pessoa
la mappa del tuo segno
il gioco del rovescio del destino
Lisbona antica, Lisbona del tuo cuore
di hidalgo, di tzigano, di nostromo
sempre pronto al viaggio
pronto sempre
all’ultimo come fosse il primo,
Lisbona antica trovata sulla Senna.
Non torneranno più le tue parole
non tornerà il tuo viso né la voce
la voce di Tristano
il tuo sgomento
il nostro
un sogno raccontato da chi sogna
noi testimoni senza volto e nome
restiamo
noi restiamo ancora un poco
ancora un poco…

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