Giancarlo
CAMPEDELLI
Giancarlo Campedelli (pseudonimo Rudy De Cadaval) è nato a Verona nel 1933 ed è scomparso nel 2021 ad Altipiani di Arcinazzo, in provincia di Roma. Nel 1959 ha pubblicato la sua prima raccolta Cocktail di poesie, con cui vinse il Premio D’Amico, rimanendo però sconosciuto fino al 1964, anno in cui venne scoperto da Giuseppe Ungaretti. Le sue opere sono registrate e catalogate presso il MIBAC e la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma: Kocktail di poesie (Zanetti Editore, 1959), Calvario della mia vita (Il Cavalluccio Editore, 1962), L’ultimo chiarore della sera (Nuova Accademia, 1965), Stagione delle malinconie (Editrice dei Quattro, 1966), 23 Liriques contemporaines (Edition Librairie 73, 1968), L’ultime clarte du soir (traduzione di Solange De Bressieux, Grassin Editeur, 1976), Schiavo 1933 (Forum Editrice, 1979), Et apres… (traduzione e prefazione di Solange De Bressieux, Barre-Dayez, 1981), Poesie d’amore (Severgnini Editore, 1983), Colloquio con la pietra (Guanda Editore, 1985), L’albero del silenzio (Edizioni del Leone, 1988), Viaggio nello specchio della vita (ILTE, 1994), Il muro del tempo (Edizioni Lineacultura, 1998), Muro di Pietra (Libroitaliano Edizioni, 2000), Omaggio a Rudy De Cadaval (International Poetry, 2003), Mi assolvo da solo (Gabrieli Editore, 2004), L’ultimo uomo (ILTE, 2004), Selected Poems (traduzione di O. Manduai Bembi, LLC, 2010), La falsa porta (opera postuma, Edigrafema Editrice, 2022). Della sua opera si sono interessati, oltre ad Ungaretti, Quasimodo, Montale e i maggiori critici italiani. Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese e in varie lingue, diffuse e pubblicate in molte parti del mondo dall’International Poets Academy e sul World Poetry Almanac.
https://it.wikipedia.org/wiki/Rudy_De_Cadaval
http://rudydecadaval.com/
https://it.wikiquote.org/wiki/Rudy_De_Cadaval
https://premioletterariorudydecadaval.it/
POESIE
da L’ULTIMO CHIARORE DELLA SERA
L’ULTIMO CHIARORE DELLA SERA
Come una chiazza di sangue abbandonato
l’orizzonte è rosso
nell’ultimo chiarore della sera.
Eppure ancora nascono le stelle,
ma nell’aere un odore di morte stagna.
Anche gli alati guardiani, forse uccidono
e gli innocenti piangono,
forse sono i morti dell’aspro e ferrigno scontro
che vogliono sorridere,
ma le madri non alzano la testa
per guardare il cielo
e la rinuncia al canto
è delicata comprensione all’ombre
per non farle svanire.
Non ricordate le bianche croci
sparse sul suolo terreo
che riempirono l’Europa?
Tutti quei morti l’avevano sul volto.
Ricordate la candela
che si bruciò nell’agonizzante attesa
e il silenzio greve di quegli occhi materni!
Sì, forse la fiamma dà luce anche di giorno,
Forse anche i ciechi sanno che nel mare
le onde si fanno bianche.
Ma come si può credere che il male
abbia seme nel cuore?
L’amico che disse vigliacco
lo gridava per gioco,
l’uomo che uccise
ebbe strette le mani
e la guerra voluta da quei pazzi
si disfece nel sangue.
Perché dunque vagliare quest’inferno?
No, non si chiede ai morti di tornare
ma di restare dove sono,
è soltanto un rimorso perduto
che non sappiamo afferrare.
E si piangono i vivi,
e i vivi piangono i morti
e scompare la gioia di una casa
per un soldato che non è tornato.
Ma perché si rompe la pietra
che non sa fare i fiori,
perché cadono sempre le foglie secche
quando dentro il cielo
è tanto ingombro di nuvole
e perché tutti gli uomini muoiono
se credono tanto alla vita?
Non siamo stati fatti per morire
quando non siamo morti!
Signore, proteggi la formica
che il sole ha abbandonato sopra il ciglio
di profondi precipizi,
solleva la rondine ch’è caduta…
Io t’ho ucciso ogni giorno
e abbandonami quaggiù,
ma questi sono figli tuoi, o Cristo,
che hanno perduto forza ed innocenza
e credono che l’alba li risvegli.
Se vuoi posso donarti le mie mani,
sono così avide d’amore.
Di tutto l’autunno, una foglia,
di tante parole, un lamento,
del fuoco gettato, ora freddo,
è questo che rimane
a chi ha saputo aspettare
senza chiedere niente.
E si riposi il viandante
venuto da molto lontano
e si calpesti il dolore
che toglie il cammino ai fanciulli
e si ripetano i sogni
per farci tornare innocenti,
abbiamo perduto la voce
nei canti crudeli dei morti
e ci resta soltanto il desiderio
della canzone dei vivi.
La pietà ci colmò di silenzio
nel paradiso devastato
e fabbrichiamo castelli senza pietre
per non velare un angolo di cielo
dove siamo trafitti.
Almeno qualcuno vedrà
che siamo stati venduti
al coraggio dei forti.
Ma quale volto lasceremo ai figli,
se tutti siamo vuoti d’allegria,
forse, rubando ai pagliacci
potremmo ancora sorridere.
Eppure a tarda sera
rimane una lancia prolungata e rossa
che trafigge l’orizzonte.
Questo è il tuo sguardo, o Cristo,
ma anch’esso è rosso di sangue.
da STAGIONE DELLE MALINCONIE
STAGIONE DELLE MALINCONIE
Stagione delle malinconie
silenzioso precipitare dei giorni
breve apparizione di foglie
e in queste pietre scavate
infiniti richiami.
Tu delicata ragazza bionda
fatta di ingenui movimenti,
di rara bellezza
cammini su queste pietre
dove cammina vecchiezza,
dove ancora c’è dato sostare.
Negli indimenticati santuari
di scolpite storie
di scolpiti rimorsi
di scolpiti dolori
io t’incontro figlia del mondo
sui sepolcri senza immagine
sui desideri senz’ombra
e vaghi
come io vago sotto queste colonne
in queste chiese buie, spente,
cercando felicità scritte
e una certezza di fede.
T’incontro ragazza bionda
simile a mille altre, curiosa
in queste piazze romane, primaverili.
Ricerchi nei ciottoli
su, lungo gli affreschi, i mosaici
le iscrizioni di gloria
richiami di passato
sospiri di passato
stagioni di malinconie.
Diversamente io non cerco, guardo
ciottoli, sepolcri, pietre, iscrizioni
avendo solo un domani,
poco o niente dietro di me.
da SCHIAVO 1933
SCHIAVO 1933
Schiavo 1933
di media importanza
fra gli imperatori schiavi
e i servi schiavi di questa città
sto fra gli eccellentissimi e gli egregi
ma il titolo non ha più molta importanza
dominano le funzioni
nuovi barbari ci premono ai confini.
Tutto preso dal lavoro
spendo spesso molti anni
per dire una parola autentica,
appartengo a vecchie scuole metafisiche
passate in disuso
non mi hanno giovato molto
per questo tipo di civiltà.
Mi abbandono al sonno,
un mucchio di riviste sul tavolo
mi aiuta mostrando per contrasto
gli orrori del mondo.
C’è chi sta peggio
il ragazzo indiano caduto per fame
una pezza di panno dietro il capo
e i segni dell’intelligenza ormai dilatati
oltre il corpo inutilmente.
La baionetta appoggiata
sul petto nudo del ragazzo di Viet-Cong
vista di scorcio
dalla parte del fante carnefice
ti dà l’ansimo dell’implorazione intatto.
Volto pagina
l’anca nuda rilevata
impiantata solidamente alla staffa
galoppo sulla spiaggia di Acapulco
tutto uguale alla vista
galoppo, galoppo, Acapulco, Acapulco
tutto uguale alla vista
Galoppo, galoppo, Acapulco, Acapulco.
Mi abbandono al sonno
le luci che passano sul soffitto dolcemente
lo stridio dei freni del filobus
dall’alto amichevole e consueto
e poi ritrovare i sogni dell’equinozio
movimentati e strani
e i sogni del solstizio
riconoscibili e saldi.
A volte fischietto un motivo già lontano nel tempo
“Mulligan Quartet” se ricordo
Piffi…piffi… piffi, piffi ppiù
Piffi… piffi, piffi, piffi ppiù.
Che vuoi di più da queste stanze vuote
e rido o piango pianamente a un ricordo.
Non chiedo di meglio che di ridere.
Addio per sempre Cassio addio per sempre
se stasera saremo ancora insieme
allora ne rideremo.
Sogno sempre più spesso una notizia
che l’indomani leggerò sul giornale:
un’azione fatta da altri.
da L’ALBERO DEL SILENZIO
DALLA MIA PAROLA EREDE CRESCERÀ L’ALBERO DEL SILENZIO
Non cerco me nella poesia
mi nascondo in fondo
Non cammino nella metafora
come nel cappello decorato di piume
Invito al tavolo gli amici
e i nemici ancora più fedeli.
Morirò tutto ma dalla mia parola erede
crescerà l’albero del silenzio
E sopra la baraonda del mondo
sporgerà il ramo stupito.
da COLLOQUIO CON LA PIETRA
TI RIMARRÒ FEDELE
Quando dalle ali
voleranno via le piume,
dai capelli la neve fredda,
dalla bocca il calore del frutto
e gli occhi finiranno di ardere
nel bagliore della nuvola alla fronte.
Guardami.
Ti rimarrò fedele
come al sole
rimane fedele
la terra bruciata.
da VIAGGIO NELLO SPECCHIO DELLA VITA
LASCIO A TE I MIEI POEMI
Intraprenderò un viaggio e non porterò le mie matite.
Vado in cerca della risposta che non si trova nel canto
dell’usignolo, nel sorriso d’una donna, nel profumo della rosa.
Lascio a te i miei poemi. Rileggili, quando il silenzio
dell’universo ti possiede, quando tremi con incertezza.
Celebra il profumo della rosa, il sorriso d’una donna, il canto
dell’usignolo. Mai traccia il carattere che significa tristezza.
Qualche sera, quando guarderai la luna sopra un mandorlo
in fiore, volgi un pensiero al poeta la cui tristezza era sì
grande, ch’egli intraprese un viaggio verso la terra
da cui non si ritorna mai più.
da L’ULTIMO UOMO
L’ULTIMO UOMO
Egli evita il solenne ritmo del mare
basta una sola collina
per chi ha a disposizione il mondo intero.
Si unisce il silenzio verde bruno,
ispeziona le trappole, si perde
nel folto, tra grandi massi riappare.
Torri di guardia non innalza. Vive
come gli uccelli, bastanti a se stessi
saltellano e beccano. Potrebbe
stare alla macchia per una settimana;
mantiene l’abbrivio come loro
sull’ala librata del presente.
Ma a volte, allo svegliarsi, con il segno
d’una pietra sul fianco più pungente
del discorso dei sensi e della memoria
di mostruosa battaglia. Schiude allora
un canale in disuso all’irruzione
dell’odio, finché l’estremo uomo
sale l’estrema collina, senza avere
pensiero sentimento, come prima.
Preserva se stesso come natura
ma quale vissuta caricatura
della razza cui gli accade di sopravvivere.
È vestito di fango. Privo di movente.
Interamente rappresentativo.
da L’ULTIME CLARTE DU SOIR
SILENCE
Parfois j’ai besoin
du silence.
Poi écouter
la respiration de l’herbe
endormie.
Pour croire
à la vie de la mer.
Pour penser encore
danns la nuit
à la poésie.
Pour écouter
le silence des bois
après l’ouragan
et le battement du coeur
de la femme aimée.
LE CHALE DE LA NUIT
O nuit,
enveloppe-moi
dans ton châle noir
pour que je puisse revâr…
Chante-moi ta chanson
pour que je puisse entendre
les accords de la beauté,
de l’amour…
Pour que je puisse oublier la douleur
dans le silence.
Fais-moi émerger
de l’ombre la plus noire de ton châle,
radieux comme le ciel flamoyant de lune
pour une heure seule
contre l’obscurité.
LE POETE
D’un pas nonchalant
il prenaitla route
tortueuse
en s’ãrretant de temps en temps, ça et là…
Avant de reprendre le chemin
il s’est arreté pour cueillir la rosa rouge de la vie,
il l’a serré entre ses lèvres brulantes.
Puis se piquant les mains aux épines
il la laissée tomber.
Il reprend le chemin,
cherchant, cherchant toujour
un but au-delà
de l’horizon opaque
de ses reves.
Des cordes rythmiques jouaient sur la guitare
la musique qu’il avait dans le coeur.
Et puis, sans conclusion,
elles résonaient dans le néant,
perdues, dans un enchevetremant de paroles.
L’HUMANITE
J’erre
dans le noir.
Je t’ tonne
dans l’air.
Mes mains se tendent.
Décharnées
elles se déchirent.
Elles saisissent.
Elles fermente
le poing
sur une miette
d’humanité.
da ET APRÉS…
PLAGE PUBLIQUE
En un minute la plage
grouille,
elle se charge
de journaux et bandesdessinées,
papiers gras,
os de poulets
petits pains, bouteilles
boĩtes de biére, certaines de corbeilles
vides pour les déches,
-chaque objet qui ne sert pas
tasse le sable-
et les crachats catarrheux
les cigares, les matières inflammables
les taches des nègres, les silicens au dialecte
populaire et les vieilles
énormes me font penser
aux étonnants bũchers d’essence.
(traduzione di Solange De Bressieux)