
Francesca
FAVARO
Francesca Favaro è nata nel 1972 a Padova, città in cui vive e lavora. Si dedica, oltre che all’insegnamento, alla ricerca e alla critica letteraria, alla scrittura creativa in prosa e in versi. Ha pubblicato raccolte di poesie e di prose liriche: Luci (Cosenza, Pellegrini, 2011); Di anime e stelle (Lecce, Manni, 2016); Il destino di Ettore. Versi e prose liriche (Padova, Cleup, 2022), Cercando voci azzurre (Pisa, Giardini, 2023); Delle tue antiche ali, De tes anciennes ailes, Traduzione a cura di / Traduction française par Erica Gentili – SSML Istituto di Alti Studi Linguistici Carlo Bo, Collana “Altre Frontiere”, Guidonia (Roma), Aletti, 2025 (e-book). Nel 2011, con presentazione di Giancarlo Pontiggia, è apparso presso la rivista «Ali» il poemetto Sentieri di luce. Cinque sue Poesie inedite sono uscite nel 2024 presso la rivista «Testo e Senso» (28, pp. 373-376). Ha all’attivo tre raccolte di racconti; l’ultima, intitolata La lettrice (Termoli, Aristodemica, 2025), con patrocinio dell’Istituto italiano di cultura di New York, riunisce sette racconti accompagnati dalla versione in inglese di Licia Canton. Studiosa di letteratura italiana, ha pubblicato numerosi volumi e saggi su autori della nostra tradizione, dall’epoca di Dante sino agli anni Duemila. Collabora con varie riviste, accademiche e non accademiche, e ha fondato un Cahier de Recherche di critica letteraria, Studiosus (studiosus.hypotheses.org).
POESIE
da Cercando voci azzurre, Pisa, Giardini, 2023
Perdutamente
Perdutamente.
Così, Padre, Tu ami l’uomo, mi hanno detto.
L’hanno detto con voce pura:
assoluta,
la convinzione.
Da allora
inseguo dentro me il riverbero
di quelle sillabe, ma il cristallo
si fa mistero, nella vastità dello sgomento.
Perché non vedo più,
non so più scorgere e sentire
(forse, nemmeno più sperare)
come Tu possa amarci,
come Tu voglia amarci
noi,
perduti.
Dentro un non
Tutto quello che non hai detto
o pensato,
quello che non hai
concluso,
raggiunto,
lambito e,
forse,
neppure sognato;
tutto quello che non hai scoperto
né intuito e compreso,
quello che non hai visto
e non conosci;
tutto quello per cui
non hai
osato
né patito o pianto:
anche tutto questo,
sei.
Una vita intera
La vita intera consacrata
a uno scopo solo
a un gesto solo
perfetto.
Disporre nel vaso i fiori,
steli di un piccolo tempio
eretto alla grazia,
scrivere con inchiostro azzurro
e purificare le parole,
domarne la malinconia,
renderla quiete.
Una vita intera, così, non va sprecata.
Una vita intera, non basta.
Cercando voci azzurre
Vivo
cercando voci azzurre.
Sono voci
antiche di purezza
e d’innocenza nuove,
flautate e trasparenti eppure forti:
il loro timbro,
diamante leggero,
trattiene
persino le stelle
più caduche.
Vivo
cercando voci azzurre,
soavi
nonostante i colpi
che altre sillabe e altre melodie
hanno zittito.
Queste voci,
azzurre autenticamente,
sono rare…
… non sempre risuonano
(forse, quasi mai)
su labbra
umane.
L’acqua di Roma
(e svanisce)
A Roma, l’acqua si fa arte.
Ride,
mentre zampilla da scenografiche fontane:
è la perla barocca, qui, che racchiude l’acqua e poi la libera.
Il genio degli artisti modellò in marmoree icone
simboli fluviali e marittime visioni:
ed ecco gli dèi pagani
che si slanciano
arditi
dagli stupefacenti scogli su cui sono deposti.
Le fontane di Roma si chiamano l’un l’altra
a suggerire segreti condivisi;
alludono a una trama d’acqua nascosta,
ma comune:
da una stessa sorgente nasce il loro canto.
Questa fonte invisibile e remota
è la medesima cui si dissetava l’Urbe.
Sempre nuova e sempre uguale
l’acqua di Roma non conosce stagioni.
Non smette di elargire
la sua vivace trasparenza, in cui tutto si rifrange.
E se noi, che talvolta sogniamo un altro tempo e un altro luogo,
fossimo simili a quest’acqua?
Se fossimo rimasti, anche noi,
quelli di ieri? Quelli di sempre?
Ma forse somigliamo piuttosto alla rugiada.
Basta un raggio, tenue, di sole.
E svanisce.
da Il destino di Ettore. Versi e prose liriche, Padova, Cleup, 2022
Metamorfosi
(o dell’identità)
nomen omen
Dafne
non si tramuta in alloro
per sfuggire
al desiderio di Apollo.
Ben prima di quell’inseguimento,
Δάφνη
era
l’alloro.
Non si affronta alcuna fuga
se non per restare.
E ogni strategia di lontananza
conferma,
determina,
un destino.
Il destino di Ettore
Siedi alla scrivania. È ingombra, disordinata.
Pensi.
Non ascolti
la primavera che s’effonde, oltre la finestra, in trilli ed in sussurri.
I libri aperti, lì di fronte a te,
ti ricordano il tuo amore strenuo, vissuto sino in fondo,
sino a divenire sangue, nelle vene.
Eppure ora giacciono, come abbandonati.
(Sai però che li riprenderai – presto – in mano).
Respiri.
Questo respiro,
è forse la tua anima?
Sfumati l’ideale e i ricordi, sopravvive.
Sbiadito il mondo umano in cui credevi, sopravvive.
Infranta la fiducia, sopravvive:
cerca di dissetarsi a un’invisibile sorgente.
E tu lo sai,
mentre pensi
e nemmeno ascolti
la primavera che s’effonde
in canti e nuvole leggere,
che non può non sopravvivere:
è il destino di Ettore
nato sotto la stella del sacrificio e del dovere
ferito
sotto le mura di Ilio
per amore di chi non lo amava abbastanza
sublime e fragile, in mezzo al sudore e alla polvere,
in una rinuncia a se stessi che a se stessi
è fedeltà.
INEDITI
Gratitudine:
al tiglio
Ed ecco che maggio si congeda
– stupito, quasi, del proprio dileguare –
in esausta morbidezza
di rose
ormai sfiorite.
Sul languido sentore che ne resta
piove fragile
la polvere
dei tigli in fiore:
un oro
sottile quanto intenso,
prezioso nel profumo,
generoso nel donarsi.
Tutto giugno
è in quel profumo,
ogni giugno
che io ricordi d’oro,
e mentre a mia volta mi stupisco
delle tante primavere attraversate
mi consola la memoria
di rievocarle,
di contarle
sui minutissimi granelli
di questa verde clessidra…
e nemmeno più m’importa,
in tale computo del tempo,
che sia anche la mia vita,
a fluire via.
Vastità
L’orma leggera
impressa sulla sabbia
da un camminatore mattutino
(sognatore sconosciuto,
a me vicino,
a me fratello)
si trasfigura adesso
di liquida luce
grazie all’onda
che la colma.
Tornato nudo,
il solco lieve
tratterrà il riflesso
di quello scintillio:
una pura favilla, acquea.
Ma anche l’onda che quell’orma ha carezzato,
rifluendo, qualcosa
porterà con sé,
da donare al mare:
forse l’inizio o la conferma di una storia,
la traccia di un percorso che perdura:
il passaggio
di chi guarda
dalla terra al mare,
sognando
vastità.
Baciarti il cuore
Vorrei baciarti il cuore
con le labbra rugiadose del mattino
– e sono
foglie e rami fruscianti,
nuvole trepide
nel vento rosa dell’aurora –
vorrei soffiarvi
lo schiudersi
di una musica speranza,
della mia gioia:
è un altro oggi,
e siamo insieme.
Resta soltanto suo
Le ricchezze del mare, in realtà,
non gli appartengono.
Del cielo
sono le gemme – stelle e luna –
riflesse nelle acque quiete;
e sempre del cielo sono
le velature immense delle nuvole,
il roseo maquillage
delle albe e dei tramonti.
Dalla terra
derivano i rami sottili dei coralli,
il flessuoso fiorire degli anemoni,
la danza lunga delle alghe.
Immenso scrigno di provvisorietà,
il mare ben poco trattiene, nel suo moto;
spesso abbandona a riva
(forse, distratto e noncurante? forse, per noi?),
macerie di lucentezze antiche,
conghiglie tortili e lacrime di madreperla: dolore, un tempo,
di una Sirena innamorata invano.
Sembra non possedere nulla, il mare.
Ma il canto,
il canto delle onde,
resta soltanto suo.
TRADUZIONI
Âme
Âme
qui bouges à ras de terre
(pareillement t’écrasent
la lumière et le noir),
âme triste et éteinte,
flétrie,
âme oublieuse
de tes anciennes ailes…
sois patiente.
Tu ne sais pas encore,
tu ne l’as pas compris encore,
mais ce sont
les blessures et les bleus
qui t’abattent
ce
que dans l’avenir
te feras voler.
Particules, ondes et nous
Tu essayes de m’expliquer
les principes
de la physique quantique.
Deux minutes,
et déjà
je m’embrouille.
Je me balade avec la pensée et j’imagine…
j’imagine
les deux particules (ou vagues) qui,
après s’être effleurées,
elles portent imprimé pour toujours
le signe
de leur appartenance.
Ça, je le comprends.
Je pense à nous.
La main et le sablier
Une main
depuis toujours
retourne le sablier.
Les petits grains
s’écoulent, s’enfuient,
et ils sont
des moments et des pensées,
des résolutions et des jours;
ils sont
des siècles et des millénaires ;
des naissances et des morts,
des réveils et des destructions
des mondes et dans les mondes.
La main
depuis toujours
retourne
le sablier
Et tu peux seulement savoir
qu’elle n’est
jamais
la tienne.
L’aurore…venue de nous
(Pensées de constellations)
Tracer
des fils invisibles
pour unir les étoiles en dessins,
donner un sens
à ces dessins,
en faire des figures, des signes,
des fables du passé et des rêves de l’avenir:
tout cela
a été
découvrir
un alphabet de la pensée.
Mais enseignâmes-nous aux étoiles
à nous parler,
en leur donnant – lumineuse – une voix de symboles,
ou plutôt
essayâmes-nous d’en déchiffrer
le message,
étranger à nous?
Des innombrables constellations
brillent dans des cieux
niés à nos yeux.
Si nous pouvions
filer
des nouvelles, brillantes intrigues
qui unissent les étoiles,
si nous pouvions
créer
des nouvelles histoires,
figures, signes,
des fables d’un autre passé, des rêves pour un autre avenir,
peut-être nous découvririons aussi
un alphabet de la pensée
ancien mais différent,
jeune et sage,
et nous nous sentirions
des créateurs ressuscités
de mythes et d’espérances.
Car les étoiles n’attendent rien,
dans le noir qui les accueille,
sauf l’aurore…
… venue de nous.
Ça fait mal
Cette persistance de la lumière,
tandis que l’âme est dans le noir…
Ça fait mal.
J’aspire
à la compassion
du coucher du soleil.
Pour un sonnet
La page blanche m’observe. Presque,
elle me défie.
Elle expose et offre sa blancheur,
l’ordre de ses lignes,
à l’encre dont les signes
transforment l’ombre, seulement l’ombre,
de fantaisies et pensées.
Elle mériterait mieux, je pense, que mes phrases.
Elle mériterait l’audacieuse et dense grâce
du sonnet,
le tour des endécasyllabes – quatorze –
dont le complexe achèvement
ductile satisfait
toute sorte de chant.
Si je savais,
si je pouvais,
je donnerais au silence de mes feuilles
– tendu et urgent –
une
des voix du sonnet.
Je le voudrais semblable
au dessin d’une dentelle,
à l’or de l’automne,
à une aile en liberté ;
je le ferais résonner
d’une note probablement unique,
mais claire et absolue :
une goutte, de source.
Et je voudrais, à travers le temps et au long d’anciennes voies,
qu’il continue d’allumer
pour l’avenir
une mélodie de vie
à l’apparence faible, mais irréductible.
Un jour, peut-être, je saurais l’écrire.
Si je saurais vivre.
da Delle tue antiche ali – De tes anciennes ailes, Traduzione a cura di / Traduction française par Erica Gentili SSML Istituto di Alti Studi Linguistici Carlo, Collana “Altre Frontiere”, Guidonia (Roma) Aletti editore, 2025 (e-book).
