RICORDO DI UMBERTO SEGATO
Fin dalle sue prime prove, la poesia di Umberto Segato (1932-2025) si è incentrata sulla fatalità dell’accadere storico che trova specchio nella fatalità dello scorrere del tempo. E il tempo è indifferente alla più profonda “passione” umana: il bisogno di immortalità. Nella vita dell’uomo c’è un trauma, subito rimosso, ed è quello della morte. La lotta dell’uomo contro la morte per l’immortalità è una lotta persa in partenza. Di qui la vita, il suo scorrere sentito come offesa, contraddizione, paradosso, sopportati con malinconico stoicismo. E di qui la poesia come invenzione dell’eterno. È una dimensione che caratterizza uno dei suoi primi libri, il misterioso e vibrante Viaggio a vista (1992). Poi il “malinconico stoicismo” di Segato lascia via via il campo a una risentita protesta, a una requisitoria che sottolinea e accentua la denuncia, a partire da Specchio in uno specchio riflesso (1999). La poesia riprende e sviluppa temi già affrontati: il sentimento del tempo, l’inattualità e l’estraneità dell’uomo a un mondo che è pur sempre opera sua, lo sradicamento dalla Storia. L’uomo moderno vive in bilico tra nostalgia e distacco: nostalgia per un’età più felice, che d’altra parte non si sa dove sia effettivamente collocata, e separazione dal mondo nel quale si ritrova a vivere. Le coordinate con cui l’uomo in passato navigava non sono comunque più valide, ci suggerisce Segato. In questo viaggio privo di direzione e senza nuove rotte che appaiano all’orizzonte, il naufragio è continuamente dietro l’angolo. Ma tra i confusi rumori del presente si può forse percepire una voce lontana, o per meglio dire remota e ancestrale, che viene dalle nostre origini. E, persa la strada, si cerca di ripartire da un luogo conosciuto, che per l’uomo occidentale sono le radici della sua cultura: il mito, l’antico patto con la natura dove regna Eros, forza oscura e primigenia. La carne, tramite di vita e di sopravvivenza, possiede il linguaggio forte che nessuna perdita di senso potrà mai cancellare, con cui l’uomo può cominciare a ricostruire un nuovo rapporto con se stesso, con il mondo, con l’Altro. Eros è “il dio da cui hanno sempre promanato Arte e Vita”. Alla sua eterna presenza, come a un messaggio di speranza, è ispirata, anche se in maniera problematica continuamente frammentata dalla presenza intermittente del dubbio, tutta la serie dei testi di Segato riferiti A un dio scomparso, ripresi e aggiornati fino agli anni più recenti, anticipati qua e là in rivista ma in gran parte rimasti inediti.