Giuseppe Fedeli è nato a Macerata nel 1963 e vive a Servigliano (Fermo). Esercita la professione di Avvocato, unitamente alle funzioni di Giudice Onorario presso l’Ufficio di Fermo. Ha pubblicato il prosimetro: Inachevéin un’incompiutezza (2017); le raccolte in prosapoesia: I falò e la luna. Novelle e altro (2013), Sciarade. Fatti di cronaca rivisitati (2014). Altri testi poetici sono apparsi sulle riviste Cultura e libri, l’Appennino Camerte, La Voce delle Marche. Ha inoltre pubblicato il romanzo/diario: Guarda nell’abisso-Lettere ad Alessio, bellissimo bambino senza parole (2012) e il saggio: Pagine irrelate – Sprazzi di pensiero (2021). Ha ottenuto significativi riconoscimenti per i suoi testi.

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POESIE

da KATHARSYS

L’invidia
Basta uno scarto elegante
e improvvisamente
torni al vizio di non vedere,
di essere una fra le tante.

Tenero Eurialo
Sciolti i lacci della ragione
duttile ti plasmo tra le mie dita,
tenero Eurialo, chiara sorgente
vita che viva in te s’infinita,
tu che sorridi e non chiedi niente,
tu che del mio cuore sei il pigmalione.

Madre
…mi chiedo se rintraccerò mai l’orme
dell’odorato colle di ginestre,
e della voce tua, che di lontano
mi chiamava. Alle finestre
rivedo i passi sulla via, le forme
che di tra l’erba traccia ancora il vento:
nel sogno, nel ricordo ancora sento
che tu, madre, non sei passata invano

 Solitudo soror
Di là d’ogni distanza
la corteggi solo quando
è sola nella stanza.

Poco a poco indugiando
nella sua vera sembianza
ti specchi di rimando.

Oltre
Tu, mio virgulto, maiperduta oltranza,
sei tu presenza della tua distanza.

Su ali dischiuse al lento
guado, le tue parole
bianche portava il vento,
foglie stupite al sole.

A oscure porte sostiamo,
illusi che sia più forte
ciò che da sempre bramiamo,
e a più propizia sorte
ci persuadiamo, convinti
di sfuggire alla morte:
a un sogno avvinti
resistendo restiamo.

Tu, mio virgulto, maiperduta oltranza,
sei tu presenza della tua distanza.

 Il poeta
Da sempre tenta la meta,
di nero le pagine vena
intinte nella pena
d’essere poeta.

Desiderium
Gela l’inesausta brama
il lento morire della passione.
Da tempo è tempo di bonaccia:
ma lo governa l’istinto o la ragione?

“Il fato lo governano gli dèi
mille facce rispecchia la solitudine
sfiorisce il desiderio l’abitudine
i giorni che passano, né tuoi, né miei”.

Pala a prora
Il tuo riserbo
è un divieto
tra le ciglia
l’indecifrabile segreto,
lo scarto
fra verità e percezione
quel punto che non tiene
su cui si ingegna il sarto.

Errore fatale
pensarsi all’altro uguale.

Nel vento
In un verde
mai così azzurro
fra vigne e polloni
e splendenti mari
un vento ci sfiora,
la rondine al cielo guarda
il cuculo non tarda
e scandisce l’ora.

Morte, oblia
la tua abitudine.

L’odore del pane
Ascolta,
ai primi indizi di luce
intorno vedrai i vènti,
l’aria avrà l’odore del pane,
la terra
il sapore del vino.
Così ci affacciamo, lenti
a un altro giorno
altrimenti lontano
mai così vicino.

Il tardo novizio
Recluso, dalla mia cella fisso
la vertigine dell’abisso.
L’antica, inestirpabile brama
dalla sua più luminosa stella mi chiama.

Dis-incanto
Rimedio letale
il disincanto
sbaraglia ogni male.

Estraneo al gioco delle apparenze
coltiverai le tue piccole gioie
immune da false certezze.

Dipinti d’un tragico belletto
vedrai gli attori sfilare
in un misero balletto.

A-mors
Quando ci afferrerà la morte
si chiuderanno
o si apriranno nuove porte?…
davanti al gelo
cadrà
o si alzerà il velo?…
sappiamo solo
ciò che non sappiamo:
l’alto volo
in cui da sempre ci bramiamo.

Bambina mia
Vorrei che al tuo passare
gli alberi sciogliessero le chiome
e le acque del fiume
ti accarezzassero.
Così simile a me
ti vedo ascoltare
la voce del mare
dondolarti fra le stelle…

Fanciulla
mai si potrà colmare
l’abisso in cui, mano nella mano
inesorabili franiamo:
ma ciò che, sangue da sangue,
per una assurda colpa ci punisce
nella stessa misura
eternamente ci unisce.

Fiat Lux!
E la Parola divenne Luce,
luce oltre ogni confine,
Oltre d’un oltre che conduce
Dove è sempre e mai fine

Solo nella stanza
Solo nella stanza
lente
battono le ore.

Il sonno di pietra
a vaga somiglianza
il tempo sigilla.

Fanciulli
Di là dai vetri
il mondo ci chiamava
con danze impercettibili
di futuri pensieri;
così persi nei sogni
guardavamo al domani
dal suo presente ieri.

Felicidad
Infingarda maliosa
si fa cercare altrove
concubina infedele distratta
anela alla disfatta.
La trovi non sai dove
ammiccante boriosa.
Ma quando l’agguanti infida
avvolta nel sudario
sapendo di perder la sfida
lei strappa sconfitta il velario.

Bambini
Nel cielo arso
coriandoli volano via
dove non c’è odio,
e lasciano una bianca scia.

da AD ALESSIO

Ha le stimmate della sofferenza
questa mia tenace invincibile passione
sono e sarò per sempre il tuo pigmalione
e di te non potrò mai fare senza.

Ogni tuo dolce agguato
è l’aspro bacio
della tua giovane vita
che porta impressa in me ogni ferita.

Dai fondi penetrali
vigilo il tuo sonno
tracciandone la meta.

Espugnata la prigione,
d’ogni mia illusione
sciolgo il legaccio.

Nel muto abbraccio
il dove e il quando
della tua distanza.

***
Dell’invisibile ho visto
addipanarsi i lumi,
in quei balenìi
da lontano
il silenzio chiama:
altro dal tuo
che ne intesse la trama.

***
Mi trema tra le mani questa notte
che una trama di luci lontane
in te palpita.

D’ombre sfiori i petali
nelle chiare pupille
una ad una le foglie inanelli.

Leggero muovi alla danza,
nell’inesausto andare
annulli ogni distanza

da L’ETERNO

L‘amplesso
Imago corrusca
strisciante eterna solitudo
a bianche ali
sferri il colpo.

Tenace s’attorce
al fusto nodoso,
sinuoso s’insinua
a guisa del male.

Un taglio reciso
spezza l’oscuro amplesso
goccia dal tronco
un sangue rubino
il ramo a terra schianta.

All’imperio della luce
da un ritrovato cielo
fugge il nubiloso velo.

Ad Imaginem Tuam
Rovi di pruno s’aggrovigliano
a bocci di rose,
in me Tu palpiti,
a dismisura slarghi
il cielo.

Inferi
Trascini il masso
guardando il cupo dell’abisso,
un tempo che schianta le membra
ma tu, Sisifo, duri nell’assurdo.
La pena non conosce amnistia.
Già vivo di vita, vedi ora il sasso
inesorabilmente rotolare a valle
e non c’è dio a sbarrarne il passo.

Transitus
Alla Infinitudine
s’inarca l’onda
ove il grido sprofonda.

Paradeisos
Come il cielo sprigiona una luce
le nuvole ne impauriscono,
traversato il guado di Iabbok
l’angelo mi dà il commiato
di fango e carne
si azzera lo iato.

da AL MIO ANGELO (ALI)

Poi…
Avvolto dalla luce, mi troverai
dove la cutrettola volare non osa,
in mille altri splendenti sorrisi:
gli orologi del tempo sbaragliati,
tra i petali della Rosa
amplesso si faranno le distanze.

Tu
” Mi regalerai il sogno più bello
tra le lacrime, oltre il Cancello”

Accimano i colori
quando il crepuscolo
s’inarca di voli.
Sei Tu il Colore
che squaderna l’iride,
la sera
che si posa sulle colline,
sei la Notte
presaga di luce…

***
Al silenzioso invito
puntuale salirò al tuo Convito:
ma ancor di più m’asseta
la vigilante attesa.

Exit(us)
Tra le catastrofi
di questo inferno
indifferente
scorre l’Eterno.