Donatella Bisutti è nata nel 1948 a Milano, dove vive. E’ giornalista professionista. Ha collaborato in particolare alla collana I grandi di tutti i tempi (Mondadori) con volumi su Hoghart Dickens e De Foe e ha tenuto per otto anni una rubrica di poesia sulla rivista Millelibri (Giorgio Mondadori editore). Nel 1984 ha vinto il Premio Montale per l’inedito con il volume Inganno Ottico (Società di poesia Guanda,1985). Nel 1990 è stata presidente della Association Européenne pour la Diffusion de la Poésie a Bruxelles. Di poesia ha poi pubblicato Penetrali (Boetti & C, 1989), Violenza (Dialogolibri, 1999), La notte nel suo chiuso sangue (ed. bilingue, Editions Unes, 2000), La vibrazione delle cose (ed. bilingue, SIAL, 2002), Piccolo bestiario fantastico (viennepierre edizioni, 2002), Colui che viene (Interlinea, 2005, con prefazione di Mario Luzi), Rosa alchemica (Crocetti, 2012). E’ in via di pubblicazione a New York l’antologia bilingue The Game tradotta da Emanuel di Pasquale e Adeodato Piazza Nicolai (Gradiva Publications, New York). La sua guida alla poesia per i ragazzi L’Albero delle parole, è stata costantemente ripubblicata e ampliata dal 1979 e attualmente edita nella collana Feltrinelli Kids (2002). Il saggio La Poesia salva la vita pubblicato nei Saggi Mondadori nel 1992 è negli Oscar Mondadori dal 1998. Nel 1997 ha pubblicato presso Bompiani il romanzo Voglio avere gli occhi azzurri. Fra le traduzioni il volume La memoria e la mano di Edmond Jabès (Mondatori, 1992), La caduta dei tempi di Bernard Noel (Guanda, 1997) e Estratti del corpo di Bernard Noel (Mondatori, 2001). Il suo testo poetico L’Amor Rosa è stato rappresentato come balletto al Festival di Asti con musica del compositore Marlaena Kessick. Ha curato per Scheiwiller l’edizione postuma delle poesie di Fernanda Romagnoli, dal titolo Il Tredicesimo invitato e altre poesie (2003). E’ nel comitato di redazione della rivista Poesia di Crocetti per cui cura la rubrica Poesia Italiana nel Mondo, nella redazione delle riviste Smerilliana e Electron Libre (Rabat, Marocco), tiene una rubrica di attualità civile, Il vaso di Pandora, sulla rivista Odissea e una rubrica di interviste La cultura e il mondo di oggi sulla rivista di Renato Zero Icaro. Collabora a diversi giornali e riviste, tra cui l’Avvenire, Letture e Studi Cattolici, Fonopoli, Leggendaria, La Clessidra, Semicerchio. Dirige la rivista Poesia e Spiritualità. E’ membro dell’Associazione Culturale Les Fioretti a Saorge in Francia. Tiene corsi di scrittura creativa per adulti, corsi di aggiornamento per insegnanti anche a livello universitario e laboratori di poesia per le scuole. Ha ideato e dirige la collana di poesia autografata A mano libera per le edizioni Archivi del ‘900 in cui sono apparsi finora testi di Luzi, Spaziani e Adonis. E’ tra i soci fondatori di Milanocosa.

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POESIE

da INGANNO OTTICO

Vivendo
Contro il vetro
il disegno di un respiro
– prima e dopo, invisibile.

Paura
Non della morte, ma
della metamorfosi
– accettare di privarsi di sé
come acqua che si lasci versare
e prende forma da ciò che la contiene
e corre via – e l’assorbe la terra
ed è e non è più – senza pena, forse
eppure non va persa.
Lenta, arrischiata
ogni cosa matura
per un attimo
di colma beatitudine
poi trabocca
come l’acqua di un vaso
fugge la pienezza.

Canzone d’amore cannibale
So che ti ritroverò
non potrai sfuggirmi
mia è l’immaginazione
catturato come un insetto e trafitto
immobilizzato spaventato rassegnato
comunque sarai

farò di te quello che non vorrai
con calma mi appresterò a divorarti
l’amore non lascia niente sul piatto
neanche le chele.
Ti avrò mangiato e succhiato
svuotato
– non vorrei tuttavia che tu soffrissi
vorrei che godessi anche tu
della felicità immensa
dì essere cibo.

Conoscenza
La conoscenza avviene per semplificazione Non è un aggiungere, ma un togliere, fino alla
perfetta trasparenza. Lasciare depositare in fondo al vaso i detriti, il pulviscolo inutile che
si è mescolato all’acqua trasportando il vaso da una parte all’altra della stanza. Anche
vivere non è aggiungere tempo al tempo accumulato, ma sottrarre l’eccedenza del tempo
fino alla perfetta consumazione Anche in questo caso il pulviscolo inutile viene depositato
in un vaso.

da PENETRALI

Natura morta
Fuori nevica.
Una brocca
sul tavolo ha rosse trasparenze.
Sbucci piano la mela.
Ti tenta l’avventura
di quella buccia lucida
che avvolge
la luce della stanza.
Ogni oggetto
ha una sua consistenza inutile,
così rassicurante,
Il piatto dì lucida ceramica
se l’inclini
riflette un cielo nitido
di calce bianca.

Anniversario dei morti
Tu che con braccia severe
mi allontanavi
e mi atterrivi con storie di fantasmi
ora t’affacci timida da sopra il muro
per timore di essere scacciata.
Nevica
e i tuoi piedi freddi in una
vaga foschia lasciano impronte.
Inconsolata mi tendi
la mano, ché la speranza è anche dei morti.
Così madre bambina percorri i viali
tu che dominavi, incerta,
finalmente un sorriso
sulla chiusa falce delle labbra.
Ma nevica e la giornata
volge alla sua fine – nemmeno questa volta
apportando il perdono
o l’oblio.

Su un quadro di Nolde al Museo di Copenaghen
L’avvampare del rosso e dei giallo
con selvaggia delizia
l’Orco divora i suoi bambini
amando sé nella carne e nel sangue.
La bellezza è forse una
più intensa voracità
al centro della vita?
Intorno a lava incandescente
gli smorti colori della cenere.
Quando l’occhio
cessa di essere abbagliato
allora scopre le viole – dopo
soltanto dopo.
Schive e affollate –
una corona alla luce.
Cancellano l’aggressività delle corolle.
Silenziosamente trasformano la sconfitta in vittoria,
nude e luminose di buio.
Ora non vedi che queste. Le sole
a muoversi: il movimento
percorre il quadro. Non più una tela cosparsa di colore,
ma una pagina che si sfoglia.
Alcune sono aperte, altre si inclinano, altre ancora si chiudono al vento che le investe.
Sono l’ombra dei fiori luminosi, diversa dall’offerta della vita:
piuttosto, ciò che essa sottrae,
il velato splendore
i loro gambi, lacci.
Vivono una straordinaria animazione:
curiose, tumultuose, si muovono
in diverse direzioni
Fuggono quella pennellata grigia:
il turbine che sopravviene.
Soggette al vento, quindi
Capaci di servirsene,
di sottrarsi
alle insidie dei cervi e delle lepri.
Poi noti il loro centro giallo
un astro minuscolo nel buio:
la luce è il seme.
Solo alla fine scopri che le margherite
nella gloria apparente del loro rosso e giallo
arretrano.
Ammassate contro il vaso lanciano
grida di terrore e i petali sono braccia
levate a proteggere i volti
paonazzi di polline, teste
che saranno tagliate.
Ti accorgi che
anche le viole sono piegate e vinte,
si stanno reclinando nel vaso,
muoiono.

da COLUI CHE VIENE

La notte
lo ti amo ti amo gridi non sai a chi
ed esci nel buio a cercarti
in luoghi perduti di merci e di anime
dove ti circonda una siepe di uomini
e un’alta siepe di muri
e tu con quel grido senza vedere nulla
che mastichi e inghiotti fermo a un angolo dì strada
io ti amo a chi non sai balbetti
perché tu non sei e dici
sì a chiunque
allora sei prostituta e drogato, spacciatore e ladro
non per amore dell’uomo
ma per orrore dell’uomo
allora senti quell’antica voglia di uccidere
temendo di frugare nella tua stessa carne.

Il viandante
Come una vela sospinto sulla strada
finché viene il crepuscolo
e il vento cade come un’onda grigia.
Gli alberi hanno pelame dì animali
le loro cime velano le stelle
e il cuore del bosco si allontana dentro il bosco
da ogni suo punto si dipartono strade
eppure il centro è sempre nell’attesa
di un silenzio più fitto e più sospeso
dove non si è formata la parola.

da VIOLENZA

Anche nell’orrore
la rosa.
La rosa di sangue.

Pulizia
Uccidere da lontano
Senza toccare.
Evitare il contagio.
Lavarsi le mani
sporche di sangue.
Lavarsi le mani
nel sangue.

*

Gli angeli
con vesti di filo spinato
Gli angeli dalle lingue strappate.
Gli angeli senza grido.

*

Di ossa facciamo spade.
Armi.
Da un teschio uno scudo rotondo

INEDITI

Eros
Pauroso, che ti nascondi in grembo ad una vecchia
e preferisci i libri al libro inesauribile del corpo,
allo sfogliare gli strati della pelle
fino alla nudità paonazza di Eros, lo scorticato.
Avevo un cappello di pelo di lupo
E nei tuoi occhi la luce era un riso
Che non cessa di gorgogliare in gola.
Da allora molte volte mi è parso di vedere assai più chiaro
ma più spesso sono stata un cieco abbandonato
in uno spiazzo vuoto.

Hai portato via la mia vita
dimmi dove.
Non è con te – tu non l’avevi cara
non è con me – che non ho più palato né odorato.
Dimmi dove l’hai condotta, sola e nuda.
E ancora trema
per te, la condannata.

L’albero dei cachi
Primo viaggiatore
L’albero dei cachi si sviluppa
contro il cielo dell’ultima stazione.
sulla nudità dei rami
la bassa traiettoria dei soli invernali.
Per loro l’albero ha rinunciato
alla sontuosa lucentezza delle foglie.
Si concentra nel miele del pensiero.

Secondo viaggiatore
Albero dì un eden spoglio, nel sogno ha ottenuto
di riportare l’inverno all’estate.
Nulla indica più chiaramente
che la vita non nasce dalla necessità
ma dal sovvertimento
e la bellezza è il frutto dell’immaginazione.

Se
Se un cavallo fosse solamente un cavallo
e non tutti i terrori che fremono nella sua coscia rotonda
o la tempesta che scuote la criniera
se non fosse l’occhio visionario e folle
che cela il segreto dell’acqua
o la coda imperiale nella sua forma arcuata
a sferzare lo schiavo
se esso non fosse un’oscura montagna
sotto di te
ma – come è – un animale timoroso e irruente
pronto a valersi di ogni astuzia
per essere libero e giocare
e tu sapessi amarlo con tenerezza
ma non seriamente –
quando si impenna sulla sabbia
gli assesterai un colpo deciso nei fianchi
spingendolo fra le onde.

Lo sguardo
Il gatto
apparve dal fondo dei giardino
leccò un po’ dalla ciotola
poi sedette immobile
lo sguardo diritto fisso
le sue pupille nelle mie pupille
senza ringraziare né chiedere
solo guardare.
Ed io fui intera nelle sue pupille
interamente dentro quello sguardo
senza giudizio senza attesa
quietamente fui.

Il libro
a Aldo Palazzeschi
Dal fondo del tempo si leva
la nera figura che addita
la colpa e misura la pena.
Qual’era la colpa?
Di essa si è persa memoria.
La nera figura non sa
solo il custode del libro lo sa
il libro col nero sigillo
nel libro sta scritto e il passato
non è mai cancellato.
Ah potessi quel libro sfogliare
lasciare
al suo posto
un bianco senza futuro.
Ah non fossi mai nata
io sono la non amata.

Voce
io senza voce
voce cieca
voce accecata
io senz’occhi
io muta e cieca
io afona
voce strozzata
voce che strozza
io parola
senza voce senz’occhi
io parola vibrante
a tastoni gemendo
voce impalata
gola
agnello impalato
io nuda
esco fuori
su tacchi
altissimi
corpo nudo
bellissimo
io
bellissima
sfido lo sterminio
parlo
di me parto
io danzo
e canto
il mondo mi vede.

Nascita
Tu uscita dal buio e dal dolore
verso la vita
e la tua lontana morte
verso un tuo non richiesto dolore
e sofferenza e rischio
e inevitabile pena
ma anche gioia e pienezza
nel maturare del frutto
appeso al ramo
nella perfetta sfera
carne affonderà i denti
golosa la vita.

Ballata della nascita e della morte
Separata da quel ventre
di umori e succhi
che fu la mia casa
e volendo dimenticare mi rifiuta
pezzetto di carne sanguinosa
piombo
nel precipizio oscuro della notte.
Ti capovolgi e ruoti
precipitando fra le stelle
perfori
la chiusa volta celeste
nel cunicolo del sangue e delle feci
pezzetto di carne sporca
ora puoi solo esplorare il buio
e
perderti.
La notte non ha appigli
non sai se precipiti o sali
e le tue dita battono sul vetro
quando dal nero abisso d’acqua
affiori a respirare.
Tu non sei nulla.
Proiettata fuori da quel corpo
che ora ad altri si dà
il tuo solo legame è con ciò
che odi.
Ed ora questo grande corpo morto davanti a me
ha lasciato l’ormeggio
allontanandosi immenso
quella parte di me che è morta.
——–Aprite questa bara
——–ancora non ho conosciuto il mondo.
——–Questo corpo che mi è stato caro
——–dovrà dunque disfarsi?

Per A ung San Suu Kyi prigioniera
Dalla chiusa corteccia germogliando
senza braccia né mani
senza gambe né piedi
tu parli o silenziosa
giorno per giorno
della morte
fai cibo.
Chi farà tacere il silenzio?
Chi fermerà ciò che non si muove?
Ti hanno rinchiusa,
non sapevano di farti seme.

Natività di Rennes.
Crisalide strettamente avvolta
Da fasce
Ancora tutta avvolta nel sogno del parto
Partorita dalla nuda
verticalità del rosso
che ancora tutta la sommerge
come chiaro sangue
il rosso
il rosso
il rosso.
Non sappiamo ancora.
Nel buio del grembo fosti intero
ed ora
in un buio papavero di luce
sei la crisalide.
Ancora non sappiamo.
Orizzontale
traspare
dentro il suo cuore rosso
tinge la chiara veste che nasconde il seno
rigida
vuota
che da un suo punto oscuro tesse
l’attesa della stoffa
l’attesa di quel rosso.