La Poesia italiana del Novecento - The italian Poetry of the 20th century

Sara Fruner


 

Sara Fruner è nata a Riva del Garda (Trento) nel 1978. Si è laureata in Inglese e si specializza in traduzione letteraria. Ha lavorato come traduttore, consulente editoriale e revisore di classici per Giunti e per altri editori. Le sue raccolte di versi: “Lucciole”, “La chiave nel mazzo”, “Bitter Bites from Sugar Hills”. Sue poesie sono in riviste e antologie come “Graphie”, Poeti nelle Cinque Terre, Premio Panunzio. È autrice di racconti: “I buchi neri dei sogni infranti”, La terra sotto i piedi” e di due romanzi. Interessata alla letteratura postcoloniale di lingua inglese (Caraibi, Africa, Canada) ha tradotto autori quali Dionne Brand, Monique Truong, Sello Duiker, Raj Rao e Don McKay. Ha lavorato come coordinatrice editoriale in CREATE-NET, centro di ricerca internazionale in campo ICT; come insegnante presso l'Istituto Superiore Interpreti e Traduttori di Trento; in qualità di speaker a conferenze internazionali su traduzione e letteratura; e all'Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles. Dal 2016 vive a New York, dove scrive per La Voce di New York, giornale online bilingue con sede alle Nazioni Unite, presso il quale collabora anche in veste di Cultural Liaison & Public Relations. Ha ideato, nel 2009, Lets Movie, cine-club dotato di blog che associa la sua passione per la scrittura a quella per il cinema condiviso in sala. Scrive di cinema anche per Magazzino 26, magazine online di arte, fotografia, lifestyle, estetica, nella rubrica "Il Frullato - Il Lato della Fru".


 

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POESIE

da LUCCIOLE

 

Lucciole

E ancora il panico
gli incidenti quotidiani
una pentola che spacca una faccia
una bomba che cambia la vita

le mani del mondo
tentano un rammendo
china è la fisica
sul lavoro del secolo
velocità fratto tempo
l'aereo coltiva intrecci
di gambe e lingue
la grammatica ghiotta
degli amori distanti

crediamo sempre
che il futuro aiuti
e anche tetti

paraspigoli
sciarpe di lana
le cure stroncate
dalla prevenzione

sopra uno specchio
che sfrego tremante
un verso sfuggente
siamo lucciole
in palmo alla notte

 

 

L'istante

 

succede nell'alba albicocca

o poco dopo l'una di notte
le membra in cerca di letti

succede dove non pensi

quando non parli
e la luce spira nera
nell'angolo dei no

 

può essere l'idea di un amore

il verdetto di una lotta

il germe di un bimbo

o il caso che dal nulla

disegna un destino

 

su quel punto

di bianco celeste

di forza carnale

schiude la vita

la vecchia valigia

e ritirato lo scettro
e l'indice dritto
dio si rannicchia
ai piedi dell'uomo

 

 

Il pettirosso

guardo attraverso il vetro

delle ali di una mosca

ringrazio la penna verde
che traccia piccole mappe

sulle foglie dei pioppi

ascolto una ciglia annaspare
nel mare di uno sguardo

l'arsenico in grammi
cui l'invidia ricorre
per oscurare la fiamma
dell'umano sentire

dentro puoi essere

manicomi deserti

cantieri non finiti

spiagge piene di nulla

o fucili senza la caccia

 

ma alle due e trentotto
un pettirosso corteggia

due tetti e un terrazzo

è il modo che ha il cielo
di sanguinare bellezza

 

 

Horror pleni

 

il falco e un occhio guercio

uno stivale in lacca

sopra un piede monco

 

l’humour nero di una calza

che funerea spunta

dalla bocca di un cassetto

 

il sudore del caos

assediato dall’ordine

l’orco bianco delle idee

 

lo spazio stilla ricordi

il buffone ride incurante

accucciati invochiamo le stelle

 

 

Cervo nero

 

ti svegli un mattino

la certezza assoluta

di un giorno vergine da

iniziare alle gioie non del

sesso ma di te stesso

la carezza del caffè

le planimetrie del sé

e del caso tracciate

fitte sui marciapiedi

 

ma una piega strana

s’infila tra le ore

un cervo nero scruta

la neve e ghigna

 

uffici e anticamere

pulsano febbre e gente

un morbo condanna

alla cecità vicoli e viali

i ponti gridano di dolore

da sponda a sponda

la cipolla ti trascina

in gironi infernali

 

torni a letto la sera

chiudi occhi e pugni

in attesa che il sogno

macelli il boia del giorno

 

 

Ancora

un cielo arancio
spremuto negli occhi
le masse umane
frugavano il tempo
l'emicrania urbana
che ammalava il mondo

sogni minacciati
da mani chimiche
i semafori strabici
fissavano biechi
le volontà meccaniche
di cocopro e quadri

la bestemmia di una bimba
il ghigno fiero del padre
balene assalite
da un mare di cancri

dentro gli angoli rotti
del secolo violato
ospitare l'aria in petto
e fare magie
ancora

 

Delizie proibite

Raccolgo i frutti

cresciuti la notte

ne ricamo il cuscino

e chiedo perdono

non dovresti
visitare quei posti

saccheggiare la terra

con barbara lussuria

non dovresti
portarli indietro

donarli al mondo

come niente fosse

un gesto di classe

è per zittire

questa voce carceriera

che riempio dispense

di nera confettura

stamane
ho lasciato un cesto
davanti all'alba

sorta alla tua porta

sperando ti conceda

un peccato di gola

 

 

Il buonoanulla

 

non distinguo un'equazione 

da un bracciale egiziano

stronco ipotesi e maggiorana

pesci rossi e conversazioni

ignoro l'etimo di Hamas

le cime lepontine

l'algoritmo che sostiene

ogni buona bouillabesse

 

quello che so 

lo dico con segni

di una civiltà sotterranea

presente e mai estinta

insolita e sfuggente


so che un incrocio di scie 
il mirino che tracciano in cielo

fanno del mondo un cecchino

a caccia di predoni e dei

so che ospedali e postriboli
brulicano amori e microbi

mentre carceri e uffici

preghiere e promesse

origami in davanzale

e cappi di lenzuola

 

c'è sempre qualcosa
anche solo una cipolla
due sogni spiegazzati
nella tracolla

del buonoanulla

 

 

da LA CHIAVE NEL MAZZO

 

Tu

 

tu

briciola di cielo

che cadi bisbetica

su questo tavolo

tra gola e chili

d’ignari commensali

 

non ti ho cercato

ti ho solo voluto

ma senza immaginare

le chimiche barbarie

ordite e poi compiute

dal bello dell’amore

 

 

La donna

 

un giorno

la bellezza disse no

alle fredde lusinghe del marmo

alle lacrime di gioia dei colori

infilò una spina dorsale

dieci ottime dita

per biscotti e tastiere

poemi e ceffoni

calzò un paio di piedi

non sempre intonati

la voce si schiarì

per dar carne al verbo

e la donna fu

 

 

 

da BITTER BITES FROM SUGAR HILLS

 

Embers

 

the distance

a smile rides

to bring solace

on a broken face

 

the time taken

by a nod on a pact

by a head shaken

afore the frown of a fight

 

the patience of trains

their lilts of to and fro

love and its syrup

when a yes fools a no

 

consider them all

these fiery embers

as your foot lingers

on the brink of null

 

 

Subway Semantics

 

the leak of beer

the lake it feeds

the feet close-by

the face beside

 

in rush hours

arms and legs

flood with elegies

stairways and trains

having no ideas

of all the pages

they leave behind

in the bustling cloud

 

the lingos on air

the careless looks

the horny hand

the broken film

 

subway semantics

overturns aesthetics

sounding like music

but chanting no ethics

 

 

Solo Dancer

 

graffiti gargoyles

greet you guys

in the cave of beauty

the den of decay

 

molded carpets

failed quartets

bodega bags

carrying cargos

of personal mess

 

you are a solo dancer

shouts the madman

on the KFC corner

 

you must dance solo

in this city in the world

don’t wait for the nod

for the green go go

 

no one will save you

no plastic no botox

no shrink no pill

mind the madman

his rotten bill

 

 

Lady Longing

 

a lace of longing

on a cake of steel

is the gift

you

just-landed

get back

if laying your hand

on her neck

 

you tiptoe-dance

miles and miles

from Grand Central

to City Hall

you

unsatisfied lover

who does not dare

to enter a mall

for the fear of missing

one sigh no one look

from your mistress

wiggling around you

 

your finger ends up

tracking runs

on her tights

holes under armpits

her morning breath

can cook epics

of chili and rye

cold hair and deep fry

at dark you can get

a gold piss pool

as a good-night kiss

 

success can be too sweet

and mine your smile

so you are off and hunt

for the spotless mouth

of broken souls

 

an there you walk

the carpet of splinters

seeded from South Ferry

all the way up

to Pelham Parkway

 

you can’t collect every bit

of shattered dreams

can’t bring home

the unspeakable face

the death of a look

the dismay on a pace

 

you walk side by side

your beauty and bully

the city is no liar

the city is no joker

she just does the favor

to turn her eyes away

pretending not to see

the time she wastes

by playing around

with her silly devotee

 

 

Harlem Loop

 

Cotton-candy hair

on sugar-cane heads

their non-stop bop

on a fairy-tale rap

this is what you meet

on 125th Street

 

overflowing trolleys

of good and bad

three-pointed sticks

along limping gaits

chasing pavements

or just searching

 

you may think

a golden smile

is a figure of speech

here is the claim

of millennial fops

playing with teeth

instead of frocks

 

desire is the air

you breathe

on 125th street

white girls’ mania

digging rasta hairdos

black men’s daydream

of zeroing family weirdos

 

history here

is fresh and stale

you feel its gaze

blank and still

its rugged nail

getting paired

the morgue of its mouth

sealed as death

on the day of birth

 

 

The Remedy

 

to make Coney Island

drop its sad smile

I would set up a bonfire

collect paper petals

paint them with poetry

—Dante, Neruda,

Dylan of course—

sprinkle them down

the skimpy fabric

of its clown pants

and have dimples

button its cheeks

 

to make your tears

swim back to sea

and have your chest

be washed again

with rays of light

days of delight

I would bring your body

your pangs and distress

afore the restored cheer

on Coney Island’s shore