La Poesia italiana del Novecento - The italian Poetry of the 20th century

Franca Alaimo


 

Franca Alaimo è nata nel 1947 a Palermo dove vive. Esordisce come poeta nel 1989 con Impossibile luna (Antigruppo siciliano). Seguono le raccolte: Lo specchio di Kore (1996, Tracce), Il giglio verticale (pref. M. G. Lenisa, 1997, Bastogi), Il luogo equidistante (1998, Laboratorio delle Arti), Il messaggero del fuoco (1999, Thule), Samâdhi (2000, Bastogi), Magnifici dispetti (pref. N. Bonifazi, 2001, Helicon), Giorni d’Aprile (2002, Thule), Lo splendore imperfetto (pref. F. Loi, 2005, Thule), Corpo musico (2007, Il Bisonte), Amori, Amore (2009, La lampada di Aladino-The Lamp Art Edition), 7 Poesie (2011, Il Bisonte),  Alejandra es aquí (2010, Editorialdeloimposible),  Sempre di te amorosa (2013, LietoColle), Come ninfee (con S. Strapazzini, 2015, Girovaghe dell’anima/4), l’antologia Fil rouge (2015, Ed. CFR), Sorsi (2015, e-book La Recherche). Con il romanzo breve L’uovo dell’incoronazione (Serarcangeli) esordisce nella narrativa. Ha tradotto le raccolte di Peter Russell: Le lunghe ombre della sera (Il foglio Letterario) e Vivere la morte (Paideia). È autrice di saggi sulla poesia di numerosi autori.

 

Email    franca.alaimo@tin.it

 

 

POESIE

 

Da Il giglio verticale

 

 

La parola celata

 

Parola che s’incurva nello strazio

Sapendo invalicabile lo spazio

Tra quello che sommuove la mia mente

E quel che l’altro ode eppur non sente.

Parola nuda che in diversa mente

S’ingravida di vesti e d’ornamenti

Rinserrando qual guscio il suo gheriglio.

Sol saettando al di là del muro

Sa la mia lingua trasmutarsi in giglio,

Suono spandendo così bianco e puro

Da annodarti a me qual madre al figlio.

 

 

 

 

 

Da Corpo Musico

 

Toys

 

Torna la lingua adolescente

Declinando rosa rosae rosae

Rosam, rosa, rosa

In suono rosaceo mentale

Come la ferita del cuore

Da suo primo dolore

Affatturato franto, morta

L’infanzia di sonante

Sillabare ronzante come

Alba rugiadante roseti tra

Fervide api. Quelle giornate

Tra giochi gioconde blabando

Filastrocche: vucca vucchedda

‘u pani a fedda a fedda.

O madre,  ‘a picciridda

Tra rose bianche dormiente

Come mai più non canta?

Ma la rosa di suono latino

Rosae rosarum rosis…

Piantata tra mezzo i ricordi

La bocca infiorava ed era

Pulcherrima morte: we have

Naught for death but toys.

Così persuade la fralezza

Dei giorni: rubinosa rosa

Aulentissima, poesia, in vita

Incupita fenestrata di sole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da Amori, Amore

 

Non so amarti

 

Disperata caldissima violenza

Del tuo amarmi così prossimo

Al lamento dolente dell’animale

Innamorato che fugge dal recinto

Come ferito a morte.

Ha una parvenza d’ardore

Anche la luce scivolata

Sul letto, il sole

Che tocca il guanciale.

E tu hai mele sulle gote,

La febbre sulla fronte,

Parli in modo vago e appassionato,

E sei così triste dentro.

Ed io vorrei innamorarmi di te,

Ma non posso: è questa la distanza

Che cresce tra i nostri corpi uniti.

 


 

 

Da Alejandra es aquí

 

 

I poeti

 

Perché, Alejandra, le  nostre anime sono sempre in tumulto?

Perché ci seduce nello stesso modo, lo splendore della luce

E il mistero dell’ombra? Io a volte penso che le piccole cose

D’ogni giorno siano molto più profonde di quanto si creda.

Stamattina, guardando una campanula viola, mi è accaduto

Di andare oltre il suo colore e trovarmi in un mare di luce

E ti sentivo ridere, Alejandra, di quel lieve riso di bimbi

Che sanno ancora di Paradiso, mentre nascondevi il viso

Sul mio petto come una piccola figlia. Quando sono tornata,

Con un passo d’angelo incredulo, ancora barcollante,

Nella mia stanza solitaria, ho guardato a lungo la tua foto,

Passando l’indice sui contorni del tuo viso, e ti ho chiamata.

Mi è sembrato che mi dicessi: Ascoltami, cara! Le mie parole

Sono nate tutte dall’amore più grande e negato. Nessuno,

Se non il poeta, ama i poeti, il loro modo d’essere timidi

E spietati, la loro fiamma ardente sulla malvagità della vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

Da 7 poesie

 

Accumulo di luce

 

Occhi di tenere campanule

Avviluppate ai muri della casa

Che dipingono di vago rosa

Quando la luce si fa fiore nel fiore

Ed altra luce dal boccio luminoso

Sboccia e poi trasvola nell’aria,

Si accumula sulla faccia dei sassi

E lamiere e riluce la più umile cosa.

Si alza una lieve piuma perduta

Da qualche passerotto in volo

E nella luce traspaiono lo stelo

E le sottili barbe colorate.

Abbondano la grazia e la passione

In questo mondo che è tutto una miseria.

 

        

 

 

Da Sempre di te amorosa

 

 

O madre  bellissima  del parto

 

Mentre ti sfioro il ventre gonfio come una susina

Torna improvviso il tempo del giardino

Che s’infolta e aggroviglia d’erbe selvatiche:

Qui crescono i giri e i cardi spinosi,

Là cespi di borragine e i fiori gialli della cardella,

Fruttificano i noccioli sotto il cielo autunnale,

O madre bellissima del parto,

E le tue gambe sono ingioiellate di sudore

E i capelli biondissimi fanno sul cuscino

Quel movimento delle spighe al vento estivo,

Mentre il lenzuolo si consuma tra le dita

Ondeggiando al ritmo delle doglie.

Poi, nel guardare fuori, tra i gemiti,

Ti scivolano negli occhi  piccole foglie

E le nuvole fuggevoli dell’alba così fioca

Di novembre che il vento, per ninnarti,

Fa entrare dalle finestre tra sibili e fischi.

E infine ecco la tua intima rosa tutta dischiusa

Per dare alla vita un’altra freschissima vita.

Somigli ad una morbida giumenta sfinita dal dolore

Quando dai lombi mi doni alla luce,

Ancora scintillante e tiepida d’umori,

Con un grido alto che, adesso, balza fuori

Dai margini ingialliti della foto, come una gazza

Impaurita da uno sparo dal folto di un carrubo,

Ed io dalla tua bocca con la mia bocca lo raccolgo

In comunione d’anima e d’amore.

 

 

 

 

 

 

La rosa pallida del volto

 

Vicina  al tuo fiume ti adagiarono,

Con il viso rivolto alle acque scorrenti

Tra sassi scivolosi di muschio dove

La luce lanciava saette di rame e l’aria

Chiaroscurava tra il fresco del fogliame.

Là sotto tu sentisti le radici della cicoria

Attorcigliarsi ai piedi e i bulbi dei narcisi

Selvatici crescere tra le nocche delle dita

E poco a poco tutto il tuo corpo bianco

Aprì fessure per essere invaso dalla terra

E celebrare le nozze di umori e mucose

Fino a un  fermento fecondo

Di fiori bianchi e di agrumi dorati

Dove si posavano di giorno insetti ronzanti.

Finché gli ultimi quanti dell’anima

Trasvolando nei cieli ti accordarono

La leggerezza del nulla. Ma talvolta

Nelle notti d’agosto la luna che si colma

Mi porta la rosa pallida del tuo volto

Come una folgorante stupefazione dell’altrove.

 

 


Da Come Ninfee

 

Le trombe degli angeli

 

A volte ritorna, la piccina, con gli occhi luminosi

Come di chi ha pianto o smania per la febbre

Mostrandomi una tromba d’angelo più grande

Della sua mano, ma meno bianca, dicendo

“Senti come sa di vaniglia”, con la certezza

Che basta il suo profumo ad aprire le porte del paradiso

“Ma solo se restando ad occhi chiusi

Lo lasci entrare là dove l’estasi comincia”:

Lo so che lei è come se fosse morta

Lasciandomi erede di tutti i suoi ricordi.

Però ogni volta mi meraviglia la bellezza del fiore

E mi commuove l’orlo sinuoso della corolla come

Spuma che ricama il profilo dell’onda.

E tuttavia c’è una cosa che non le ho detto mai

Per non guastare la sua festa infantile:

Oh, la bella pianta, la datura suaveolens,

Che lei tanto ama, come le altre della sua specie,

Come tutte le cose inebrianti,

Serba in sé un veleno potente.

 

 

 

I-sola

 

Che viviamo, sì, che viviamo sole

In  un’isola sola con tanto mare

Attorno, e le Sirene blu che cantano,

Che cantano sopra gli scogli assolati

In mezzo all’onde. Le ascoltiamo

Notte e giorno quelle creature strane

Che sono un poco pesci e un poco donne,

Così salate, così lucenti d’acqua.

Sono loro che c’infilano dentro le orecchie

Un liquore d’alghe, di stelle e di coralli:

Una fattura ci fanno, una magia bellissima,

Che fa delirare: oh mare, mare di parole

Azzurre e verdi che tutte ci colorano.

 

 

 

Da Fil rouge

 

Luna, mestrui, maree

 

Fu allora che mi disse vergognosa

La madre, guardandomi sottecchi,

Essere donna è un’antica colpa

Che si sconta con questo segreto ruscellare

Che si spande tra le sponde delle cosce,

Sangue di morte che monta e scema,

Come le maree e la faccia della femmina lunare.

Ma io mi portavo addosso con fierezza

Quel tiepido di cellule sfaldate

Come un uscire dal grembo di me stessa

A piccoli singulti umidi e rossi,

E quella giovane rosa che aspettava

Dentro gli aromi del suo orto concluso.

Mi piaceva perfino guardandomi allo specchio

Toccare il cerchio scuro delle occhiaie.

E poi mi fiutavo, sì, mi fiutavo,

Come una selvatica bestiola già ferita

Che finalmente sa qual è  l’odore

Che così tanto inebria il cacciatore.

 

 

 

 

 

Da Sorsi

 

Senza la rete dei simboli

Ogni cosa diventa

Isola senza approdo

*

Scuotendo la rugiada

Dai ramoscelli del nocciolo,

Il vento s’inargenta.

*

Caddi nel sonno

Mentre i grilli cantavano:

Mi risvegliano i passeri.

*

Una piuma che cade

Dimostra che la leggerezza

Ha orrore della terra.

 

 

 

TRADUZIONI

 

 

Swirl of dancing

 

A momentary swirl of dancing

Grace  set loose in air:

I sing

 

Rose parting open in morning

And already at sunset bending toward death:

I weep

 

Silvery face

Bitten by the anguishes of night:

I gaze

 

My arms east and west

Origin and dissolution

Limpid sky-blue and dusky purple.

My forehead to the north

Flung into spiraling torment.

 

My feet rest south

Pathway to the hearth of earth

Where time is sunken to the bottom of vastness.

 

(traduzione di Andrew Frisardi)

 

 

Y dónde tú

 

Y dónde tú

Donde el amor me escondes?

Bajo el rojo de la lengua,

en las cuerdas vocales

en las neuronas o en el mitico

espejo de Narciso?

O tal vez en las huellas digitales,

Dentro del flujo de la sangre,

en las visceras,

acaso en la musica de Bach?

Pero el amor me inunda,

me tiende come un arco,

me hiere, me sana,

el amor me dicta,

crece, me hace desvariar,

transforma el cenegal en agua clara.

 

(traduzione di Juana Rosa Pita)

 

 

Antes de leer

 

Antes de leer mi madre me enseñó las cantilenas

De su memoria infantil

Que juntaba peluca y acurruca en las rimas

Y a veces, si tenia el sueño difícil,

En voz baja para mí sola las repetía,

Pegada a la cabecera de la cama, la ventana de par en par

sobre  las  piedras  ennegrecidas de la pared del huerto,

cuando de noche cantaba el ruiseñor

Y yo trataba de entender  su idea de lo oscuro

Como un color atraversado por la música:

Un punto de vista absolutamente fantasioso,

Una manía de gracia en la desolatión.

Era tan encantador que de él solo fuese la voz:

Nota tras nota contra la angustia de no ver más nada.

Al día siguiente se apoyaba a la rama del albaricoque

Y entre las frondas el plumaje de su pecho era la certeza

De que cada noche el vacío de la muerte era tranportado

Hacia la vida en alas de una velada musical.

 

(traduzione di Juana Rosa Pita)

 

 

Schlucke

2

Mein Dank an den Mond

Dem Ursprung jeder Veränderlichkeit

Substanz des Lebens

8

Eine einzige Mohnblume

Bei den Maiven:

Wer hat einen Rubin verloren?

18

Während er den Samen

Gedankenlos ausstreut

Wird der Spatz zum Blumengärtner

34

Nur einen einzigen Vers schreiben

Der Antwort ist

Auf alle Fragen

36

Ein fallende Feder

Beweist, dass die Leichtigkeit

Sich vor der Erde entestzt.

54

Während ich durch den Garten wanderte

Verlor ich mich in

Seinem Pflanzenzauber

132

Der Wind rührte ihn und der Zweig

Klopfte an mein Fenster:

Alles sucht Trost.

149

Das rote Licht der Sonne

Erleuchtet die Rosen:

Welch Feuer im Garten!

 

(traduzione di Stefanie Golisch)