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LE POESIE DI RAFFAELE CROVI

LE POESIE DI RAFFAELE CROVI

Raffaele Crovi ha cominciato a scrivere (sonetti) a undici anni, nel 1945, per spirito di emulazione. In prima media il suo compagno di banco componeva poesie ammirate dagli insegnanti, come centravanti mostrava grandi doti di goleador ed era corteggiatissimo dalle coetanee. Come competere con lui? Meno agile e meno affascinante, Crovi decise di gareggiare sul terreno della scrittura, ed è forse per questo che non crede all’ispirazione. Da allora si è esercitato in poemetti, reportage, cronache paesane, elzeviri, microstorie, recensioni, racconti, saggi, romanzi, poesie, sceneggiature e drammi: e il fatto di aver sperimentato diversi linguaggi e diverse strutture rappresentative lo ha progressivamente convinto che la letteratura è esperienza insieme di immaginazione e tecniche espressive, di fantasia e autocritica culturale. Cauto di fronte alla naturalezza e all’innocenza, Raffaele Crovi ha molta fiducia nell’essenzialità e nella semplicità: a proposito della sua scrittura in versi e in prosa la critica ha parlato di “stile lapidario”. Ha pubblicato sette libri di poesie, La casa dell’infanzia (1956), L’inverno (1959), Fariseo e publicano (1968), Elogio del disertore (173), Genesi (1974), L’utopia del Natale (1982), La vita sopravvissuta (Einaudi, 2007); le poesie di questi libri utilizzano elementi autobiografici e nell’insieme compongono un racconto di vita personale e familiare; ma l’io e il tu vi si confondono per configurare un’identità esemplare; le raccolte di poesie formano un breviario di vita quotidiana che medita sull'”ambiguità individuale”. I romanzi di Crovi mettono in scena, invece, vicende di “alienazione sociale”: Carnevale a Milano (1959) racconta di un gruppo di giovani spaesati nell’incipiente benessere milanese degli anni Cinquanta; Il franco tiratore (1968) descrive le strategie immorali di un gruppo di politici che smaniano per il potere; La corsa del topo (1970) studia la dissipazione etica ed economica della società dei consumi attraverso la storia della crisi di una famiglia di industriali; Il mondo nudo (1975) immagina l’apocalisse provocata (in proiezione futura) dalla violenza tecnologico-militare; Ladro di ferragosto (1984) rappresenta la nevrosi di un intellettuale prigioniero del narcisismo della solitudine. Le poesie di Raffaele Crovi, elegie di una civiltà contadina scomparsa, descrivono l’eden di una “condizione naturale” corrotta-trasformata dagli eventi sociali, dalla Storia; mentre i suoi romanzi descrivono gli inferni di una civiltà urbana alla ricerca di una “rigenerazione naturale”. Scrittore che rappresenta il regredire e il progredire della civiltà attraverso un mosaico policromo di vizi e virtù individuali e sociali, Crovi è stato definito un «moralista senza moralismi», che indaga per parabole sul se e il perché l’uomo contemporaneo possa ancora dirsi cristiano. Esplicitamente emblematici della ricerca di Crovi sono la fiaba antropologica Fuori del paradiso (1982), storia di Adamo ed Eva che lasciano l’Eden per sperimentare la creatività, e il racconto-breviario La convivenza (1985), minibiografia immaginaria del nuovo Adamo della civiltà postatomica.»

Autodizionario degli scrittori italiani

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