20 POESIE DI NATALE dei maggiori poeti italiani contemporanei
Buffoni, Carpi, Caproni, Cavalli, D’Incà, Fruner, Giani, Guidacci, Merini, Minore, Montale, Nigi, Quasimodo, Raboni, Ruffilli, Saba, Scotto, Spaziani, Ungaretti, Zanzotto.
Mancava solo che per compiacermi
Mancava solo che per compiacermi
Ti alzassi a fare colazione
E poi tornassi a letto a finire di morire
La mattina del 27 di dicembre.
Respiro lungo da sonno imbronciato,
Gentilezze da figlio a casa per Natale
“Ti preparo il tè”, e la convinzione
Di avere udito un grugnito di assenso.
Invece il coma ti aveva già saldato
Il respiro ai sensi: “Il tè si fredda”
Mentre guardavo le mail…
“Brava! Sei stata brava!”,
Te lo dissi subito, tenendoti la mano
Appena smettesti con quel soffio leggero.
Tu che di lodi ne avevi ricevute
Sempre poche. “Beh, almeno i figli
Li ho fatti intelligenti!”, dicevi alle sue spalle
Dopo l’ennesima tirata sulla tua
Superficialità.
Magari incapaci di distinguere
Chi sogna da chi è in coma.
Neve e ghiaccio
Neve e ghiaccio stanotte per la strada,
che stia avvenendo
qualcosa di strano?
Se fosse incominciata un’ora fa
una nuova era glaciale?
Forse lo sa
quella bianca falce di luna –
quel monile caduto dagli spazi.
Una fiammella su ogni tavolino,
sala piena
sotto l’abete d’oro.
Mangiare e bere
e parlare e ascoltare, spalla a spalla,
tutti felici
al sicuro dal tempo per stasera,
noti ignoti
aggrappati
alla grata rovente della felicità.
Attesa
S’avvicina il Natale,
Gesù, portami via.
La tua è la più bella bugia
che possa allettare un mortale.
Neonato
Le fontanelle del neonato
non dividono solo
parti del cranio,
da lì zampillano
eloquenza e distrazione
lacune, suture
un destino e quell’altro
l’eterno essere in fasce,
daccapo, ancora,
creatura che non c’era
e luce intera.
Il problema
il problema non è se
ma quando dare fuoco alle polveri
col coraggio nelle mani
far sprigionare scintille di nuovi fuochi
rovesciare i banchi del mercato
fare come Gesù nel tempio
Il coraggio di vivere non si compra
si fiuta come il tabacco
che è il destino bruciato
di un’ultima sigaretta
Resterò seduta ad aspettare Carnevale
che passi ad accendermi
un nuovo carro dei desideri
Tra pino e pane l’amore
di gennaio
impegnati a vedere
gli arti del pino
che in pace riposano
sul letto corrotto
di un centro riciclo
dopo giorni buffoni
e notti sgualdrine
il biglietto
che sottopelle
ti ho cucito
con l’ago dell’amore
è un chiaro appello
a manomettere il motore
che da millenni tritura
minuti e momenti
di sogni e di stelle
per impastare pane
di quotidiano insapore
di quel pianto verde
di quei violati rami
nel cuore di dicembre
conserva i profumi
con le mie scritte cicatrici
inventa un rosario
ogni punto un grano
un’avemaria di baci
Natività
Tormentava le dune un vento gelido
nel deserto notturno, la madre,
giovanissima, col volto bruno,
stremata dal duro viaggio
ed arsa dalla sete, tremante
nella tunica e nel pesante velo,
entrò in travaglio ed il suo piccolo
nacque, l’ebbe tra le braccia
e il mondo non fu più lo stesso.
Gesù era rinato in povertà assoluta
nel precario barcone di migranti,
che barcollava sulle agitate dune
d’acqua da cresta a cresta.
Nato di povertà e d’abbondanza
Nato di povertà e d’abbondanza,
Amore, tu fanciullo scalzo
e ignudo, che ci vuoi spogli
come te ci distacchi
da ogni nostro possesso ed orgoglio,
ci rendi trasparenti e sottili
come le limpide acque in cui ci lavi
o il fuoco in cui ci raffini –
e solo allora sveli le tue ricchezze abbaglianti,
ci vesti di sapienza e di gioia,
ci ricolmi di beni inestimabili:
perché il superbo e l’avaro
inciampano ad ogni passo nei propri limiti,
ma un cuore umile e puro
non sarà turbato dall’infinito.
Un magico bambino
Oh, generoso Natale di sempre!
Un mitico bambino
che viene qui nel mondo
e allarga le braccia
per il nostro dolore.
Non crescere, bambino,
generoso poeta
che un giorno tutti chiameranno Gesù.
Per ora sei soltanto
un magico bambino
che ride della vita
e non sa mentire.
Trittico di Natale
1)
Che le parole possano ancora abitare
nel tenue lume di perla e turchese.
Ma per essere colpevoli di ciò che facciamo
dobbiamo essere colpevoli di ciò che siamo?
Come piccole bolle appena soffiate,
viviamo in spazi evanescenti.
Non sappiamo che aver tempo
significa non aver tempo per tutto?
2)
Ogni candela è una stella.
In cima l’angelo di Wenders
precipita credendo di volare
Nello stesso prato
il bue cerca l’erba
il cane vuole la lepre,
la cicogna fiuta il ramarro.
Siamo le carte
di un castello perfetto,
ognuna è un crollo,
il cedimento.
Una debolezza
si appoggia ad altre,
il corto respiro entra
nel soffio universale
3)
La cometa ha la forma
del bianco che resta sulla carta,
non di queste lettere di calendula
che pianto come chiodi
E le dieci candele d’una stella
illuminano il foro senza fondo
della grotta mai colmato
da ciò che solo è iridescenza.
Il tempo ha tanta vita
la vita ha poco tempo
non c’è vento benevolo
il marinaio non sa se partire.
Quando il cuore può parlare
non occorre prepararsi
interroga oh se interroga!
non arriva a comprendere.
Caffè a Rapallo
Natale nel tepidario
lustrante, truccato dai fumi
che svolgono tazze, velato
tremore di lumi oltre i chiusi
cristalli, profili di femmine
nel grigio, tra lampi di gemme
e screzi di sete…
Son giunte
a queste native tue spiagge,
le nuove Sirene! e qui manchi
Camillo, amico, tu storico
di cupidigie e di brividi.
S’ode grande frastuono nella via.
È passata di fuori
l’indicibile musica
delle trombe di lama
e dei piattini arguti dei fanciulli:
è passata la musica innocente.
Un mondo gnomo ne andava
con strèpere di muletti e di carriole,
tra un lagno di montoni
di cartapesta e un bagliore
di sciabole fasciate di stagnole.
Passarono i Generali
con le feluche di cartone
e impugnavano aste di torroni;
poi furono i gregari
con moccoli e lampioni,
e le tinnanti scatole
ch’ànno il suono più trito,
tenue rivo che incanta
l’animo dubitoso
(meraviglioso udivo).
L’orda passò col rumore
d’una zampante greggia
che il tuono recente impaura.
L’accolse la pastura
che per noi più non verdeggia.
Sua altezza la Vita
Finestra altissima la Vita
da sempre illuminata…
Se riuscirai ad aprirla
dopo tantissima fatica,
potrai vedere tutto il Mondo.
Potrai intuire la Verità del Cielo
Potrai capire chi è veramente l’Uomo
Potrai sentire perché sei al Mondo
Ti scenderà una lacrima
Ti abbraccerai felice…
Il presepe
Natale. Guardo il presepe scolpito
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure in legno ed ecco i vecchi
del villaggio e la stalla che risplende
e l’asinello di colore azzurro.
Venticinque dicembre
Niente sarà mai vero come è
vero questo venticinque dicembre
millenovecentonovantatré
con il suo tranquillo traffico d’ombre
per corsie e sale e camerate ingombre
di vuoto e il fiume di ricordi che
rompe gli argini in silenzio. È in novembre,
lo so, vuoi che non lo sappia? per te
che si semina il dolore, il più forte,
il più contro la vita – ma se viene
solo ora al suo compimento di morte
e di lì a un’altra nascita conviene
far festa qui, bruciare qui le scorte
di incenso e febbre al turno delle pene.
Rinascita
L’origine segreta, la fessura,
la pura scaturigine, la fonte,
di un proiettarsi al meglio,
un ponte di rimbalzo al positivo.
In ciò che, all’apparenza stante,
creduto sul punto di cessare
vivo rifiorisce per durare.
È geiser, soffione boracifero,
spumante. Per ritornare in equilibrio
dopo il getto. La vita che non giace:
l’effetto e il movimento della pace.
Il mio Natale
Io scrivo nella mia dolce stanzetta,
d’una candela al tenue chiarore,
ed una forza indomita d’amore
muove la stanca mano che si affretta.
Come debole e dolce il suon dell’ore!
Forse il bene invocato oggi m’aspetta.
Una serenità quasi perfetta
calma i battiti ardenti del mio cuore.
Notte fredda e stellata di Natale,
sai tu dirmi la fonte onde zampilla
improvvisa la mia speranza buona?
È forse il sogno di Gesù che brilla
nell’anima dolente ed immortale
del giovane che ama, che perdona?
Via Pola-Via Biagini
Il nonno ha vinto il pacco-dono
alla lotteria del Bar Sport
per Natale
Settantotto e ottantanove
l’ambo augurale
mai più uscito dopo
Se ne va fiero per la casa
mostrando quel trofeo di cibarie
Forse i datteri gli ricordano Tunisi
I fichi secchi la Sardegna
Le noci Sorrento, Napoli…
Verso la Messa di Mezzanotte
Natale è un flauto d’alba, un fervore di radici
che in nome tuo sprigionano acuti di ultrasuono.
Anche le stelle ascoltano, gli azzurrognoli soli
in eterno ubriachi di pura solitudine.
Perché questo Tu sei, piccolo Dio che nasci
e muori e poi rinasci sul cielo delle foglie:
una voce che smuove e turba anche il cristallo,
il mare, il sasso, il nulla inconsapevole.
Invisibile aria: Tu impregni ciò che vive
e solo vive se di te si impregna.
Tu sei d’ogni radice l’alto mistero in musica
che innerva il tralcio-lazzaro e lo spinge a fiorire.
Natale
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Dintorni natalizi
Natale, bambino o ragnetto o pennino
che fa radure limpide dovunque
e scompare e scomparendo appare
come candore e blu
delle pieghe montane
in soprassalti e lentezze
in fini turbamenti e più
Bambino e vuoto e campanelle e tivù
nel paesetto. Alle cinque della sera
la colonnina del meteo della farmacia
scende verso lo zero, in agonia.
Ma galleggia sul buio
con sue ciprie di specchi.
Natale mordicchia gli orecchi
glissa ad affilare altre radure.
Lascia le luminarie
a darsi arie
sulla piazza abbandonata
col suo presepio di agenzie bancarie.
Natali così lontani
da bloccarci occhi e mani
come dentro fatate inesistenze
dateci ancora di succhiare
degli infantili geli le inobliate essenze.